Quando ho ricevuto la cartella con i brani e la presentazione del gruppo ho subito pensato ad uno scherzo del nostro eroico caporedattore: ecco, mi ha rifilato un altro gruppo di rock psichedelico che millanta stile unico e raffinate soluzioni da scoprire ascolto dopo ascolto, con colti rimandi a scene musicali vintage, mentre si sparano assoli fradici di fuzz acido, alla fiera dell’autoindulgenza. E poi sono pure di Milano! Saranno di certo dei maestri dello storytelling creativo…
Così, bello gonfio di pregiudizi, pigio “play” scetticamente, pronto ad annoiarmi per tre quarti d’ora. Beh, la volete sapere una cosa? i Ghostwound ce l’hanno davvero, un suono unico! O, per lo meno, io non ho riferimenti culturali necessari e sufficienti per identificare l’eventuale nicchia di genere a cui appartengono. Qui siamo davanti ad una psichedelia conquistata e costruita centimetro per centimetro, non uno di quei viaggi col pilota automatico in cui ti inserisci sui binari di una pentatonica, spinto dal regolare stantuffare di una batteria ciondolona a farti le canne sul trenino dei fricchettoni: qui ci sono i ritmi dispari, le orchestrazioni raffinate, le architetture complesse, gustose lasagnette millefoglie farcite di sintetizzatori kraut rock, chitarre dai riverberi vintage, voci eteree e una tensione ritmica costante. Ecco, è soprattutto questo l’elemento che contraddistingue l’approccio musicale dei Ghostwound: un’attenzione alla pulsazione dinamica, perennemente in tiro, in moto, una polenta che va mescolata di continuo, ma con mestoli leggeri ed agili. Questo rende l’ascolto sempre interessante, vivo, dialogante. Ovviamente non c’è bisogno che vi dica che la registrazione del disco rispetta e rispecchia questa organicità e naturalezza di approccio, con suoni veri e presenti, ricchi di dinamica e profondità: un’ampia ed elegante wunderkammer in cui trovano collocazione tante piccole curiosità, automi, specchi, denti di licantropo, spirali, incensi, libri di preghiere e non, ricordi mediorientali, sestanti, fondi di caffè…
Il disco si apre con “Funky Robot”, dove quello che potrebbe sembrare un incipit chitarristico piuttosto banale si sviluppa presto in qualcosa di più segmentato e complesso, una tensostruttura in pelle di rettile che accoglie un curioso fraseggio/assolo di chitarra, dove Michele Ricciardi centellina le sue voci galleggianti sulle tastiere da lui stesso suonate. Il tutto si regge su una piattaforma semovente eppure stabilissima costituita da una sezione ritmica formidabile che vede Virgil Mermoud nel curioso ruolo di batterista ingegnere che ricama i brani all’uncinetto con la perizia di mille nonnine e l’enigmatico Petrolio, padrone di un basso dotato di vita propria, che lui manipola e governa a proprio piacimento come un mago incantatore.
Ora, io non sono certo un esperto di “funk” e questa parola non rientra certo tra le prime dieci che avrei potuto scegliere per descrivere la musica del quartetto, ma presumo sia proprio questo elemento la spezia segreta che rende così inaspettatamente saporita la zuppa lisergica propinataci da questi alchimisti del suono, sotto forma di vinile trasparente.
I quattro elementi si spartiscono oneri e onori in parti uguali, al punto da non essere in grado di stabilire l’esistenza di un vero leader, data l’imprescindibilità di ogni contributo. Certo, le chitarre di Paolo Bramino sono spesso la vera voce solista di queste composizioni (e su “Rojava” arrivano persino a ruggire un poco), ma vi assicuro che potreste dire lo stesso di qualsiasi altro strumento, se vi concentrerete nel seguirne le parti.
Le atmosfere che si susseguono nei dieci brani rimangono tutte all’interno di un ventaglio relativamente ristretto fatto di luci morbide e eleganza d’altri tempi, gestita col piglio sicuro di chi conosce la materia prima che sta manipolando. Anche le voci non si scomodano mai più di tanto nell’uscire dal proprio bozzolo setoso e ovattato, indugiando nello stesso range, anche emotivo. Eppure, pur nelle sue ridotte dimensioni, la dimora dei Ghostwound è talmente atipica e ricca di dettagli da farci perdere per ore all’interno della stessa stanza, a guardare dentro le vetrinette, a spulciare i quadretti, le mensole piene di vecchi volumi e album di fotografie.
Hai capito, questi milanesi del cazzo…
Marcello M
Tracklist:
SIDE A
- Funky Robot
- Ghostwound
- Smoke
- Gimcana Spiralis
- Dive Into The Mirror
SIDE B
- Five Ave Marias
- Lycantropus
- Rojava
- Azimuth
- Coffee Grounds Revelations
- Anno: 2024
- Etichetta: Go Down Records
- Genere: Psychedelic Rock, Space Funk
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