Dopo il successo del primo album “Solitude” il preparato chitarrista si ripresenta con questo nuovo full – length registrato grazie alla perdurante collaborazione con Alessandro Cersa al basso, all’ausilio di Massimo Gerini alla voce e alla presenza, per le parti di batteria, di Stefano Rutolini.

Il risultato sono questi sei pezzi (“The Birth” è un intermezzo strumentale di due minuti) che profumano tanto di buon Hard Rock con licenze e circumnavigazioni intorno ad altri pianeti musicali.

Si inizia con una song rocciosa, di buona fattura, che farebbe dignitosa compagnia ad una bella birra bionda in un vecchio pub pieno di fumo, gente, freccette e biliardi. Un Hard Rock un po’ datato nei passaggi ma sempre efficace nella sua musicalità.

Strano posizionamento per una ballad, ma “Loneliness” è stata scelta come secondo pezzo; classico lento sostenuto la cui didattica struttura ha un intro in acustico e atmosfere pacate che poi si vanno a sciogliere per lasciare il posto e lo spazio, dinamicamente in crescendo, a tinte più forti e corpose. Un ritornello che ricorda leggermente il lirismo di Bruce Dickinson fa da intermezzo al ritorno al tema placido delle strofe iniziali.

Della terza traccia strumentale già si è scritto, si torna ad un Hard Rock con divagazioni Hair Metal ottantiano a- la Bon Jovi, in “Ironman“, strumentalmente molto suonato da chitarra e basso. Il riffing risente sì di Sambora ma anche dello stesso Van Halen con i suoi incipit molto poderosi.

La lunga “The Mansion” (otto minuti e trentacinque secondi) si apre con un arpeggio che ricorda da vicino “Hotel California” degli Eagles; qui i ritmi calano nuovamente in una ballad molto coinvolgente con buoni movimenti ritmici ed inserti chitarristici con sonorità decisamente più moderne rispetto a quelle nostalgiche degli anni ottanta.

Il penultimo pezzo scorre via tranquillo sulla scia degli altri pezzi, un po’ disarmonico e poco cantabile, ha però quella vena malinconica che lo fa ben volere. Appare come il classico pezzo da fine scaletta, per chiudere il concerto e presentare i componenti della band.

Si conclude con il pezzo, per me ovviamente, più interessante di tutti, il cui inizio mi assomiglia tanto ad un pezzo di Tina Turner; mischia un po’ di Tool e Queensryche e riesce a supportare meravigliosamente l’interpretazione vocalistica di Gerini. I cinque minuti della traccia sintetizzano Hard Rock, Aor e Progressive settantiano, con un assolo centrale di chitarra che dà lezioni di classicismo. “They Are Gone” ha nel finale il suo acme di passionalità e sentimentalismo, inteso come momento di forte emozionalità.

 

Leonardo Tomei

 

Tracklist:

  1. No Turning Back
  2. Loneliness
  3. The Birth
  4. Ironman
  5. The Mansion
  6. The Sad Story Of Mr. Brown
  7. They Are Gone
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Sliptrick Records
  • Genere: Hard Rock

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