Finalmente un disco che conferma tutte le aspettative adombrate nelle righe di presentazione! E considerando che in questo caso sono stati tirati in ballo nomi grossi, parole e concetti importanti (come il motto: “distruggere per costruire”) non è un risultato da poco.
Questo album è già uscito, più di vent’anni fa: quella che potrete acquistare e ascoltare ora è la versione rimiscelata e rimasterizzata, stampata su vinile rosso. E se ai giorni nostri, in cui ogni revival possibile ed immaginabile è stato ormai sdoganato, i Mastica continuano a suonare derivativi, sì, ma anche molto freschi e terribilmente vitali, provate ad immaginare quanto potesse suonare atipico all’inizio del nuovo secolo il loro mix di beat, garage, psichedelia, hard prog e blues, in un panorama dominato da rock “alternativo” e numetal. Deve per forza essere un amore genuino e viscerale quello che i cinque (presumo) veneti provano nei confronti non solo di questa musica del passato, ma anche di un approccio culturale verso la materia sonora fatto di libertà, creatività e solo in piccola parte di nostalgia.
In “(12) Treize Cigarettes” troverete tredici canzoni in cui ci si spinge spesso oltre il confine del citazionismo, eppure nonostante i riferimenti ai grossi nomi a cavallo tra gli anni sessanta e settanta siano palesemente espliciti, emerge una “personalità Mastica” distinguibilissima. Questo accade sia grazie all’abilità e alla personalità dei singoli musicisti, sia all’ancor più importante capacità di tradurre queste doti in composizioni capaci di dialogare e interferire con l’immaginario dell’ascoltatore: in poche parole, scrivono delle belle canzoni!
Nonostante il gustoso lavoro di ricerca di sonorità vintage, il quintetto suona molto impattante e potente, sommando l’intensità sonora dei nostri tempi al gusto melodico degli anni d’oro del rock.
La voce del carismatico frontman Matteo Bizzotto è l’ingrediente che con maggiore intensità si imporrà a stimolare le vostre papille auditive: l’entusiasmo espressivo, le acrobazie alla Robert Plant, l’approccio diretto, ingenuo ed onesto, ma anche dandy e raffinato, potrete amarlo o detestarlo, ma non vi lascerà indifferenti. Nonostante l’opinabile prosodia e l’accentazione di parole parossitone o sdrucciole come fossero tronche e una volta accettata quella naïveté lirica come un richiamo stilistico alle modalità espressive del beat e del prog, io ho trovato la performance di Matteo del tutto convincente, conquistato dal suo sincero fervore.
L’iniziale “Gente” ci proietta immediatamente in un roboante mondo beat ipervitaminizzato, con ritmi robusti e chitarre urlanti. Riff incisivi e fragore di crash, con un Giovanni Beghetto che pesta la batteria come se suonasse Heavy Metal. Nei tre minuti della successiva “Mi Fai Stare Bene” succedono più cose interessanti che all’interno di alcuni interi dischi, dimostrando che la cornice non è un vincolo a quello che puoi inserire in un quadro. Segue l’essenziale semplicità di “Cadillac”, che spezza la prevedibilità mod con un finalino a sorpresa.
La ritmica serrata e saltellante di “Vivo” mette in risalto il ruolo da protagonista del bassista Paolo Narduzzo, mentre il fratello Carlo si diverte ad accennare una “Child In Time” di passaggio, tra i ritornelli gridati.
Ho trovato sorprendentemente pertinente l’accostamento al Balletto di Bronzo (soprattutto quelli di “Sirio 2222”) azzardato nelle note biografiche.
La “Tomorrow Never Knows” dei Mastica si intitola “Mistico” e, nonostante l’incombente spettro di Paul McCartney, riesce a ritagliarsi un’aiuola di personalità più che sufficiente a diventare un inno per la band.
“Il Mio Blues” è molto più di un blues e vi farà viaggiare tra i solchi dei vostri stessi vecchi vinili sulle ali della chitarra solista di Andrea Garbo, mentre gli acuti lancinanti di Matteo spingono la band a giocare ai Led Zeppelin.
Il lato A è chiuso da una piccola gemma, la fiabesca ballata “Viola”, un ipotetico classico inedito e perduto delle Orme, che è una vera macchina del tempo.
“Quello Che Ha Unito La Musica”, nonostante gli accenti delle sillabe spostati e il testo un pochino cringe, mi piace da matti e mi sono ritrovato a canticchiarla fin dal primo ascolto, mentre le chitarre mi rimbalzano tra l’Inghilterra dei power trio e la California dei Big Brother & The Holding Company.
Il cantato in italiano aiuta sicuramente ad entrare rapidamente dentro alle canzoni, ma sono certo che “Una Storia”, con il suo piglio energico e l’universale espressività, non avrebbe problemi a farsi comprendere ed apprezzare anche all’estero. La psichedelica “Naturale” io l’ho interpretata come una riflessione in salsa beatlesiana sulle questioni etiche legate all’alimentazione, una sorta di rassegnato inno al respirianesimo.
“I Need You” cita i Kinks e i Fab Four ed è una scattosa composizione di genere variegata da striature inattese di personalità e identità.
“Cocona” è energica e accattivante, ma anche più ordinaria rispetto ad episodi più riusciti del disco. Tastiere e atmosfera dilatata per l’intensa chiusura di “Con Me”, che evolve in un epico hard rock.
Molto suggestiva infine anche la copertina, che sembra suggerire un ricco repertorio di memorabilia e simbolismi tutti da scoprire.
Un disco senza tempo, sospeso nel tempo, a cui vi consiglio di dedicare un po’ del vostro prezioso tempo.
Marcello M
Tracklist:
Lato A
- Gente
- Mi Fai Stare Bene
- Cadillac
- Vivo
- Mistico
- Il Mio Blues
- Viola
Lato B
- Quello Che Ha Unito La Musica
- Una Storia
- Naturale
- I Need You
- Cocona
- Con Me
- Anno: 2024 (2004)
- Etichetta: Go Down Records
- Genere: Psychedelic, Prog, Garage Rock
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