Deva Silence: fin dal nome e dalla copertina emerge il forte protagonismo dell’omonimo leader del progetto che, anche in senso letterale, ci mette la faccia. E lo fa con onestà e chiarezza, dichiarando il proprio amore per il Doom Metal con le radici negli anni settanta e che si affaccia sulla NWOBHM, forte di un piglio metallico gustosamente nostalgico.
E devo dire che ascoltando “Moon Misery And A Country Church” si ha proprio la sensazione di di un disco di quattro decenni fa, e lo dico nella migliore delle accezioni. Sì, perché l’atmosfera è credibile, non plagiata ma ricostruita. Peccato che a sabotare lo slancio emotivo ci pensi lo strumento suonato da Massimiliano Martellotta: una batteria elettronica dal suono piuttosto rigido, con i campioni isolati e molto delimitati spazialmente, con un unico piatto crash sul canale sinistro…
“Dream Wolf” è sostenuta da un riffone tipicamente in stile, per il quale i Cathedral avrebbero pagato e riesce ad imprimere una svolta all’andamento della composizione con uno spigoloso fraseggio che fa da bridge strumentale prima di un ritornello che all’inizio non sembra un granché, poi ci si fa prendere dal contrasto tra la nenia della voce e il fraseggio di chitarra. Ma la seguente sintetica carica nwobhm si rivela la vera sorpresa del pezzo!
E questa attenzione al dinamismo sarà la carta vincente dell’intero disco, che presenta azzeccatissime accelerazioni e propulsioni, mai eccessive o gratuite, ma cariche di energia.
La voce di Deva (che suona anche basso e chitarre ritmiche) è sottile e leggermente acida e inizialmente ho pensato che fosse un elemento squalificante per il disco, sotto vari punti di vista: interpretazione, pronuncia, fraseggio, timbro, composizione, registrazione e trattamento nel mix… Eppure mi sono reso conto che non potrebbe essere nessun altro tranne lui a cantare queste canzoni e che il carisma del frontman si propaga poco a poco, come una nebbia inesorabile che ci troviamo a respirare, convincendoci grazie ad un palpabile entusiasmo.
“Bad Smell” è un grande pezzo! Grossi riff, gustosissimo assolo ad opera di Alex Nespoli, melodico axe man d’altri tempi (e, ancora, lo dico in senso buono!) e un irresistibile approccio “pop” al dark sound che mi ha evocato i primissimi Demon, con una collaudatissima progressione di accordi nel ritornello che lo rende immediatamente catchy. La sezione up tempo è davvero coinvolgente, con echi di Mercyful Fate e Maiden.
“Black Star” ha tutto il sapore di un tributo ai Black Sabbath, con soluzioni musicali quasi citazioniste e un cantato che ricalca i riff, in puro stile Ozzy. Il buon gusto e la competenza di Deva salvano il brano dall’essere uno sterile plagio, anche se la devozione ai maestri si palesa anche nella successiva “Moon & Misery” in maniera spudorata. Qui purtroppo abbiamo un cantilenare doom standard piuttosto noioso che si prende la maggior parte della composizione, che fiorisce pian piano nel terzo finale, con un’ispirata sezione strumentale e solista prima della ripresa del ritornello.
Gli elementi progressive sottolineati nelle note di presentazione non sono caratterizzati da virtuosismi o passaggi particolarmente intricati, ma nella proposta di fraseggi melodicamente e ritmicamente inattesi, capaci di generare suspense e interesse con la semplice scelta di cambiare tonalità o scala. E i momenti musicali più intriganti sono proprio quelli in cui vengono fugacemente abbandonate le pentatoniche sabbathiane o le progressioni classiche della musica tonale, regalando uno sfrìccico di particolarità e un risveglio dell’attenzione.
Si sente che Deva Silence ci tiene a proporci qualcosa di interessante, a sfidarci ad entrare nel suo mondo e seguirlo nel labirinto, anche in quelle svolte controintuitive, fidandoci della sua familiarità con il luogo.
“Dirty Love” è fin troppo “Electric Funeral”, ma ha un gran bel momento strumentale con godibilissimo uso creativo del wha wha che vale il pezzo, prima di ripetere strofa e ritornello senza convincere proprio del tutto.
Altra composizione intrigante è “Call Me” con ipnotiche strofe in cui si alternano battute da cinque e da sei, prima di un’apertura melodica in bianco e nero e un energico ritornello alla King Diamond (ma senza falsetto). Apprezziamo ancora la ricerca compositiva, che desta interesse in chi ascolta e ci fa diventare esigenti, al punto da rimanere delusi dal finale affrettato e tirato via.
Il Rickenbacker plettrato di Deva introduce “Hide The Dark” che ripropone per l’ennesima volta la voce appiccicata ai fraseggi di chitarra, che a loro volta riciclano stanche e logore nenie doom. Consapevole di ciò, il nostro cerimoniere lavora per rendere più interessante il brano, che ci propone un lungo solo (anche armonizzato) oltre a progressioni armoniche non scontate, che mantengono una tensione dinamica e, nel ritornello, mi hanno evocato gli Uriah Heep delle origini.
“Slave Of Doom” è massiccia e granitica, con quei riffacci grassi alla Cirith Ungol, oltre a regalarci un altro assolo avventuroso, qualche problema di editing e un bel finale.
Saint Vitus, Pentagram e Candlemass, quasi mi vergogno a scrivere l’ovvio: i riferimenti sono espliciti. Eppure emerge una vera personalità, c’è il desiderio di caratterizzare ogni composizione con piccole gemme, snodi e singoli passaggi capaci di conferire identità. È vero, gli ingredienti doom sono a volte presi e sbattuti sul piatto “in purezza”, senza una grande rielaborazione, ma apprezzo enormemente il continuo tentativo e intento nel costruire strutture originali e spiazzanti.
Sull’intro acustica della conclusiva “Notice Of Death” abbiamo accordi zappati su chitarre che non sembrano perfettamente accordate, ma partiamo presto per un epico viaggio, impreziosito dall’ennesimo ricamare della chitarra solista di gran classe di Alex e da inaspettati squarci musicali.
Un progetto da tenere d’occhio che non può che migliorare, lavorando sull’enfatizzazazione degli elementi di pregio e arginando i pochi difetti.
Vorrei ascoltare molto più spesso dischi con questo piglio, questa fame di creatività e questa voglia di mettersi in discussione con gusto. Un disco affascinante e molto piacevole, che riascolterei volentieri.
Marcello M
Tracklist:
- Dream Wolf
- Bad Smell
- Black Star
- Moon & Misery
- Dirty Love
- Call Me
- Hide The Dark
- Slave Of Doom
- Notice Of Death
- Anno: 2024
- Etichetta: The Triad Rec
- Genere: vintage Doom Metal
Links: