I bolognesi Eye Of The Golem nascono pochi anni fa come un duo, per poi evolversi e gonfiarsi in questo affiatato quartetto. Post rock, post doom, post metal, sludge, chiamatelo come vi pare, ma la ricetta è quella: riff pesanti, tempi cadenzati, voce declamatoria e nessuna fretta di arrivare al punto.
Sbaglierò, ma a me sembra fin troppo facile sembrare fighi e interessanti buttandosi nell’autoindulgenza ipnotica e collaudata di questo stile musicale. Non che mi sia mai cimentato, ma da ascoltatore ho l’impressione che non ci voglia granché per gente mediamente capace di impugnare uno strumento ad assemblare pedanti sequenze, riff un po’ logori, ma epici, altisonanti, ciclicamente ritornanti su stilemi e progressioni collaudati, che tentano di sopperire con un’ostinata ripetizione alla mancanza di spunti personali.
L’andamento cadenzato delle composizioni è così uniformemente scandito da continui accenti in battere da rincoglionirci in un ciondolare gigionesco che ci trova impreparati in occasione delle rarissime soluzioni di continuità. Un incantesimo voluto e perfettamente riuscito o la banale conseguenza di una scrittura monocorde?
Gli Eye Of The Golem sono comunque bravi nel gestire tutti gli accessori paramusicali, gli effetti, le voci parlate, le ambientazioni sonore e probabilmente hanno ragione loro, che ben più di me hanno il polso della situazione della scena, vivendola da protagonisti sui palchi di mezza Italia. Hanno inoltre un bellissimo suono pieno e verace, autentico e live, con basso distorto e ciccione, con fragore incessante di piatti e chitarroni pigri, mentre un monotono roco berciare pseudo virile ci parla dei massimi sitemi e ci insegna a stare al mondo.
Non lo nego, i ragazzi hanno i loro momenti di coesione in cui riescono a tirare fuori sezioni veramente efficaci e coinvolgenti, ma la sensazione generale è un che di stomachevole e faticoso, come una torta di panna farcita di panna e ricoperta di panna.
Resta musica che metti su mentre fai qualcos’altro, che difficilmente scegli di seguire e ascoltare come attività esclusiva. Più un’ambientazione sonora, un mood “stonato” e caldo, confortante nella sua aggressiva normalità. Composizioni di cui sai che non ti perderai nulla di eclatante anche se ti assenti un attimo per andare in bagno o ti distrai per rispondere a un messaggio.
“Black Cathedral” è un pezzo dimessamente epico, un esaustivo biglietto da visita in cui vengono già esposte, nel bene e nel male, tutte le caratteristiche del gruppo. Undici minuti e mezzo come brano di apertura sono un po’ come una scoreggia in ascensore e, a confronto, i cinque di “Starvation” scorrono lisci e indolori, con un piglio più dinamico, facendomi anche apprezzare parecchio il sapiente crescendo della seconda metà del pezzo.
Su “Absence Of Body Doesn’t Mean Death” giocano a fare i Type O Negative che imitano i Saint Vitus e imbroccano pure un riff capace di rimanerti in testa, pur crogiolandosi nelle classiche soluzioni ombelicali.
Brano più interessante per via di uno sfriccico di melodia in più e una caratterizzazione ritmica più originale è “Quantum Prison”, il mio pezzo preferito, che sembra prospettare un futuro più luminoso e stimolante per il quartetto di miei concittadini.
Gli ambiziosi dieci minuti finali prendono forma in “The Abyssal Zeitgeist Will Tear You Apart”, che cresce dopo un timido arpeggio iniziale con riff persuasivi e gagliardi diluiti in una melassa tiepida dalla quale emergono accenni di aperture melodiche, frustrate da una monocorde vocalità non troppo convinta o convincente.
Mi sembra che, compositivamente parlando, ci si sia un po’ accontentati delle prime idee, senza combattere, senza mettersi in discussione, sparando nel mucchio, mentre gli ambiti in cui la band si è spesa maggiormente (ricerca sonora, effetti…) risultano marginali e non determinanti nel risollevare, alle mie orecchie, la propria proposta.
Marcello M
Tracklist:
- Black Cathedral
- Starvation
- Absence Of Body Doesn’t Mean Death
- Psychich Walls Of Desperation
- Quantum Prison
- The Abyssal Zeitgeist Will Tear You Apart
- Anno: 2024
- Etichetta: Octopus Rising
- Genere: Post Doom, Psych Sludge
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