Un’invocazione blasfema ci accoglie nel secondo lavoro sulla lunga distanza degli Hellish God, frutto del ritorno del duo fondatore, Luigi Contenti e Michele di Ioia, dopo lo split del 2020. Evidentemente l’urgenza di esprimere la propria devozione per il death metal, nella sua accezione più ferale e brutale, non era sopita. Il bell’artwork, che propone un demone a due teste che presiede un “giardino delle torture” ispirato alle opere visionarie di Hyeronimus Bosch, trova piena rispondenza nelle atmosfere sulfuree e muscolari espresse in un lotto di canzoni che fa della ferocia esecutiva la propria cifra stilistica. Un lotto di canzoni brevi quanto incisive, con un approccio profondamente radicato nel death metal di stampo USA per quanto alle partiture ritmiche, non prive di una certa complessità tecnica e di una gestione della velocità che rimanda al sentiero tracciato dai Morbid Angel, e al contempo improntato ad una corposa ruvidezza più latino-americana. Non a caso tra le loro influenze dichiarate troviamo tanto i Deicide quanto i Krisiun. L’efficacia della proposta degli Hellish God risiede, a mio parere, nell’aver saputo trasportare quel grado di compattezza tipico del brutal e l’urgenza del grindcore in un riffing più tecnico che ancora mantiene salde premesse nel thrash metal. Si faccia caso come in “The Advent Of Deathless Chaos Beast” ad un riffing serrato puramente grindcore sia associato a scalate a note degne dei Nile mentre si lascia spazio ad una svisata di basso in stile Cannibal Corpse. Sintesi che si esprime bene anche nelle linee vocali, strutturate su un growl compatto privo di compiacimenti guttural e a tratti punteggiato da un controcanto in scream, in grado di declinare canoni brutal tanto quanto riescono ad evocare impeti pagani che, a tratti, riprendono le metriche dei Behemoth.
Con “Bloodgeoning Maelstrom” gli Hellish God mettono subito le cose in chiaro, esibendo un riffing serrato che lavora di concerto con la sezione ritmica per esprimere un riuscito connubio di velocità e monolitica compattezza. Dal punto di vista del songwriting ci si affida ad una manciata di riff che contrappone un approccio più tecnico, una sintesi tra Morbid Angel e Nile, ed uno più basilare in cui un serrato alternate picking traccia una linea melodica circolare e tellurica. A far da cerniera il riff d’apertura in power chords sostenuti da sfuriate del drummer sui tom.
Prima filtrata come una trasmissione radio in cerca di sintonia, poi da un pesante flanger, l’inizio di “The Advent Of Deathless Chaos Beast” propone un afflato epico che viene ripreso da un arpeggio in clean in una breve sezione centrale a costruire un tema melodico che viene efficacemente tradotto in un riff abrasivo e tagliente dalle cui frequenze emerge il lavoro pressante del basso. Traccia questa in cui si affacciano riferimenti al blackened death dei Behemoth e che viene ulteriormente impreziosita da dissonanze voivodiane.
Con “Unholy Masters Of Deformity”, scheggia brutale che supera di poco i due minuti di durata, gli Hellish God distillano il loro approccio alla scrittura dei riff combinando i più essenziali pattern del grindcore (se non dell’hardcore) con una tecnica esecutiva marcatamente death metal: seminali passaggi cromatici in power chords vengono impreziositi da compattissimi palm muting in alternate picking o inframmezzati da speditissime scalate a note. Si lascia spazio, come da tradizione hc, ad un giro di basso, che qui però sembra occhieggiare a certi virtuosismi degli Obscura. Brano “concettualmente” più brutal del lotto, impostato com’è su una coppia di riff o, meglio, di matrici ritmiche, che si alternano senza concedere un momento di respiro all’ascoltatore. Tecnicamente un mid tempo in cui le chitarre costruiscono monolitici sincopati in alternate picking ribaditi all’unisono dalla doppia cassa per aprirsi poi in un lick che declina una melodia ossessiva prima in alternate picking sui toni gravi, salendo poi in tremolo picking.
Incipit decisamente thrashy per “Unholy Masters Of Deformity” che non esita a reinterpretare il riff d’apertura in una versione brutal ultra-tecnica con le sue serratissime scalate a note in alternate picking. Si impone all’attenzione la sezione in doppia cassa retta da un riff di ispirazione Entombed, le cui fondamenta melodiche sono interpolate con grevi lick in alternate picking e sfuriate di drumming, che supporta il momento solista conciso ma efficace, in cui si affaccia un gusto melodico piuttosto centrato.
In “The Dominant Powers Of New Aeon”, un’impronta Behemoth viene sottoposta al trattamento ipercompresso e ultracinetico degli Hellish God fino ad approdare alla suggestiva sezione che occupa la seconda metà della traccia. Sopra ad un arpeggio dal sapore vagamente medio-orientale si staglia un recitato che evoca blasfemi rituali pagani, una profezia, lo statuto fondativo di una nuova era.
Se nei contributi delle linee di chitarra solista, al netto degli omaggi agli stilemi anni 90 di genere, si intravvede la capacità di tessere atmosfere evocative e sospensive che esaltano l’aspetto (anti)sacrale della loro proposta, è con questa chiusura che gli Hellish God mostrano appieno una qualità forse non abbastanza messa in evidenza, per quanto sottointesa nella costruzione melodica delle linee più frenetiche.
Mi torna davanti agli occhi l’artwork che, in effetti, presenta un demone a due teste e a tre facce, di cui una nel ventre: la musica degli Hellish God sembra vivere di tre “impronte genetiche” differenti, dalla cui sintesi emerge la loro peculiare formula.
Se, infatti, il “tiro” della loro proposta è certamente improntato ad un brutal serrato e asfittico, che acquisisce in dinamica e spigliatezza grazie alla costruzione di riff più articolati e tecnici ispirati ai Morbid Angel, è per merito del loro gusto melodico che il tutto si tinge di una vena sulfurea e diabolica. Infatti, pur apprezzando appieno il loro approccio brutale e compresso, credo che una maggiore e più strutturata esplorazione di questo loro aspetto potrebbe riservarci non poche sorprese e regalare maggiore tridimensionalità alla proposta.
Samaang Ruinees
Tracklist:
1. Key Of The Abyss / Bloodgeoning Maelstrom
2. Throne Of Zĕbūl
3. Inglorius Rex
4. The Advent Of Deathless Chaos Beast
5. Unholy Masters Of Deformity
6. Impuryfire
7. The Eleven Headed Dragon
8. The Dominant Powers Of New Aeon
- Anno: 2024
- Etichetta: Dusktone
- Genere: Death Metal
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