“Imaginary Friends” è il secondo album del progetto Geometrry Of Chaos, frutto della creatività e dell’impegno del polistrumentista torinese Fabio La Manna. Pubblicato nell’autunno del 2023, trova solo ora spazio sulle nostre pagine, oramai “superato” dalla distribuzione di un nuovo singolo (di cui abbiamo parlato qui). Siamo nel complesso e difficile territorio del Metal progressivo moderno, un genere complicato non tanto (o non solo) dal punto di vista tecnico esecutivo, ma soprattutto nella necessità di reinventarsi in una versione al passo coi tempi e che legittimi la propria stessa definizione, rimanendo vitale e interessante. La Manna ci prova, intridendo le proprie composizioni con velature scure, orchestrazioni cinematografiche, minutaggi impegnativi e una necessità narrativa che spesso prende un po’ il sopravvento sulla fluidità dell’esposizione.
Le note di presentazione erano piuttosto avare di dettagli in merito all’organico che ha contribuito alla realizzazione del disco (e per questo c’è internet…), ma dato che invece si dilungavano sulle “exceptional songwriting abilities” del mastermind, ho insistito negli ascolti di questa musica non proprio digeribilissima, alla ricerca di qualche scintilla di genio.
Non me ne voglia il mio quasi coetaneo Fabio, ma devo ammettere che la mia idea di “scrittura eccezionale” è un tantino differente da quanto si possa trovare in queste cinque tracce. Che non sono certo da buttare, dimostrandoci un musicista tecnicamente capace, artefice di un artigianato di qualità che gli permette di sfornare partiture complesse ma non cervellotiche, variegate ma non eterogenee, in cui si mescolano con naturalezza anche alcune digressioni più estreme, con tanto di voce growl in un paio di episodi. Certo, quando si sfida l’ascoltatore con canzoni di sette, otto o dodici minuti, sarebbe il caso di avere qualche asso nella manica, qualche ingrediente segreto, quel collante magico che ci tiene lì, ben oltre la risicatissima soglia di attenzione media. E qui io personalmente fatico a riscontrare quella tensione emotiva, esecutiva, narrativa e di intenzione necessaria a far funzionare il giochino. Forse ciò è dovuto al fatto di non essere una vera band? Non lo posso sapere. E credo che, nelle intenzioni di Fabio, sia tutto molto più a fuoco e sensato di quanto possa percepire io. Eppure continuo a trovare davvero arduo riuscire a trasmettere emozioni con brani assemblati su una timeline programmata, con strumenti virtuali e suoni campionati, soprattutto se si gioca a fare del Metal (che, lo sappiamo, è uno sport violento). Vogliamo parlare dei suoni scelti per la batteria di Davide Cardella? Sì, rullante, ce l’ho con te.
Ma lasciamo da parte le mie malinconie e guardiamo più da vicino i pezzi, a cominciare da “Tulpa”, uscita pure come singolo. Colpisce, dopo un minuto di riff gommosi ed elastici, il cantato del bravissimo session Marcello Vieira, che esordisce in uno stile hard grunge che mi ricorda i maestri Alice In Chains, per poi esprimersi in una vocalità più tradizionalmente vicina al prog dei Dream Theater più stanchi, stentando a trovare la melodia vincente. Sarà infatti l’innesto brutal (sempre attutito da onnipresenti tastiere) a risvegliarci un pochino nella nostra attesa dell’apice della composizione, che gioca a fare Godot. Il ritornello infatti non è particolarmente avvincente e ci troviamo a tendere le orecchie per ascoltare il più stuzzicante fraseggio di basso dissonante e a pensare che, in fin dei conti, l’assolo di chitarra era il momento migliore del brano.
La title track mi ha dato l’impressione di una necessità narrativa che preme per esprimersi ma, nel farlo, fa inciampare il brano stesso in strofe un po’ forzate, mentre la storia evolve tra vari personaggi. Smitragliata spedita accompagnata dalla tastierina della Fata Confetto, qualche riff di cui non ricorderemo una sola nota e, finalmente, un’apertura melodica in cui Marcello può cantare qualcosa di più coinvolgente e far volare la sua voce d’acciaio. Interessante la diversità delle voci coinvolte, suggestiva la parte centrale del brano (a partire dagli stacchi), un assolo stralunato, uno più ordinario e tecnico, atmosfere da oscuro cabaret e il ritorno della parte melodica vincente per la conclusione della suite, che risulta forse meno epica e coinvolgente del previsto.
“Distant Voices” è un intermezzo leggero di pianoforte, con un dignitoso assolo di circostanza ed una voce narrante (lo stesso Fabio?) un pochino italica.
Altra composizione dall’impostazione visiva/descrittiva è la lunga “Lies Of Vampire”, che tratteggia scenari tesi, dove serpeggia inquietudine e si alternano partenze e frenate in un clima sospeso, crepuscolare, incerto. Una buona costruzione atmosferica in cui si allestisce una scenografia più che suonare riff o melodie memorabili. A metà brano, su una fuga di tastiere, abbiamo una gustosissima galoppata sghemba che sembra volerci portare a volo di pipistrello verso le meraviglie della notte, ma torna in una traiettoria ellittica verso la situazione stagnante di partenza, infliggendoci persino un solo di sax (per carità, molto ben fatto) che proprio non ci meritavamo. Una composizione dalla struttura veramente curiosa, della quale, indipendentemente dall’efficacia del risultato, è impossibile non rilevare l’originalità.
Mi è piaciuta davvero invece la strumentale conclusiva “Creatura”, piena di riff interessanti (i migliori del disco!) e atmosfere da vecchio film horror che non hanno nulla di polveroso o stantio: un prog Metal dal sapore originale e definito che sembra voler rivendicare il titolo di “exceptional songwriter” per il proprio autore. Bella anche la sorpresa finale.
Io sono convinto che queste canzoni, suonate dal vivo da una band, renderebbero dieci volte tanto.
Marcello M
Tracklist:
- Tulpa
- Imaginary Friends
- Distant Voices
- Lies Of Vampire
- Creatura
- Anno: 2023
- Etichetta: Autoprodotto
- Genere: Progressive Metal
Links: