Si inizia questo 2025, recensionisticamente parlando, un po’ maluccio. Ho ascoltato svariate volte questo album di debutto dei Beautiful Loser, ma non mi ha convinto appieno. In primis il timbro della voce il quale poco si confà al genere che sulla carta vorrebbe proporre il quartetto: leggo dalle note di accompagnamento che i musicisti sono stati ispirati da band come Bon Jovi, Guns ‘N’ Roses, Van Halen. I dieci pezzi in questione però hanno ben poco a che fare con le tematiche conosciute ed ascoltate più volte dei gruppi a stelle e strisce appena citati, ed anzi potremmo definirli come brani appartenenti ad un più ampio mondo del Rock. Sicuramente essendo l’album d’esordio, e stante la volontà di suonare del robusto Hard Rock, la band aggiusterà il tiro sia dal punto di vista dell’impatto sonoro che come timbrica del cantato.

L’opener si attesta su un mid tempo senza particolari stravolgimenti, con un buon fraseggio della chitarra di Andrea Laurino, ma nel complesso non si stacca dalla classica canzone da pub.

La title track è leggermente più ariosa della precedente, ma il cantato di Paolo Cintolesi non riesce a dare al pezzo quel quid particolare affinchè si stacchi dalla mediocrità dei pezzi già sentiti.

Inusuale posizionamento per la ballad (è la terza traccia) dove il cantato, qui, si trova un po’ più a proprio agio con linee melodiche maggiormente pacate e tendenzialmente più basse; da curare leggermente la pronuncia dell’inglese.

Wings Of Butterfly” è la classica canzone riempi disco dove le chitarre risultano lievemente penalizzate da una registrazione non ottimale. Una song che sta nel mezzo fra Pat Benatar e Bryan Adams (lo stacco centrale aumenta un po’ i giri del pezzo, stacco che introduce un assolo nel complesso interessante).

Molto educata è la quinta traccia che appunto non andando oltre ad una impalcatura chitarristica nelle righe e negli spazi, appare adatta come musica di sottofondo ad una festa privata.

Si stacca leggermente dal lotto intero “Kiss Me Or Kill Me” per una certa intensità nel drumming di Paolo Pesce e nell’approccio generale del singer alle linee vocalistiche. Siamo a metà disco e fino qui nulla di eccezionale da segnalare.

Un giro di basso serve da inizio a “Down To The City” che con i dovuti paragoni e distinguo (mutatis mutandis) potrebbe essere stata scritta da Ligabue; molto lineare nelle dinamiche: il ritornello è un mix di Scorpions e di un Vasco Rossi anni ottanta.

L’inizio dell’ottava canzone ricorda da vicino una band anni ottanta, i Cocteau Twins; ecco, in questo caso, quando i toni si abbassano, la voce di Paolo Cintolesi si fa più calda, equilibrata e coinvolgente, Questo forse è il pezzo migliore di tutti e dieci e, secondo me, un buon punto di partenza sul quale lavorare per le produzioni future.

Razor Sharp” con la voce di Bret Michaels sarebbe un singolo degli americani Poison con un briciolo di Quiet Riot. Certamente un pezzo che non fa strappare i capelli, ma nemmeno da gettare alle ortiche.

Si chiude con il pezzo più Heavy dell’intero lotto che dopo un buon intro, che ricorda molto gli Whitesnake quelli con la presenza di Steve Vai, si perde un po’ nell’etere di melodie che poco appartengono al cantante.

Da menzione assoluta infine è la copertina, quando si dice che anche gli occhi vogliono la loro parte…

Ad maiora.

 

Leonardo Tomei

 

Tracklist:

  1. Scarred For Life
  2. Stars 4 A Nite
  3. Time To Say Goodbay
  4. Wings Of Butterfly
  5. Borderline
  6. Kiss me Or Kill Me
  7. Down To The City
  8. Lady Child
  9. Razor Sharp
  10. Handful Of Lies
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Diamonds Production
  • Genere: Hair Rock

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