Dopo cinque anni di attività debuttano i toscani Meifu, scegliendo una miscela di doom tribale, quasi sciamanico, agglomerato con i consueti elementi stoner e psichedelici di repertorio. Ne risulta un disco dal suono credibile e non privo di certe sfumature di fascino, ma anche e soprattutto capace di stimolare reazioni pandiculatorie.

Cubensis”, la traccia strumentale di apertura, è dedicata all’omonimo fungo allucinogeno e reitera lo stesso tema per tre minuti modulandone un pochino l’intensità, definendo chiaramente i ristretti orizzonti musicali di riferimento. Con grande omogeneità sonora segue “Thrird Eye Invocation”, dove iniziamo a conoscere le litanie vocali della sacerdotessa sirena Mari, composte da numerose note identiche ripetute con un tono tra il liturgico e il lamentoso, in quello strano limbo in cui permane il dubbio se certe stonature siano da considerarsi imperfezioni o una intenzionale cifra stilistica. 

Musicalmente abbiamo un generico riff stoner doom insistito, accompagnato da un generico basso distorto stoner doom e il tipico sciabordio di piatti che accompagna un pedante e generico accompagnamento stoner doom, con una composizione che fa della ripetizione ipnotica il proprio punto di forza.

Nonostante il nome della band e lo stile grafico della copertina richiamino suggestioni nipponiche, i Meifu allargano i confini del proprio immaginario verso altri meridiani: abbiamo infatti un “Turkish Kraken” e la “Battle Of Chapultepec”, che i messicani persero nel 1847 contro gli Stati Uniti. Il kraken riesce a spiazzare, nonostante il riff di quarta mano e la cantilena vocale, grazie ad una struttura meno regolare del previsto e ad alcune modulazioni pseudo “orientaleggianti”. Purtroppo tutte le variazioni, i cambi di dinamica e gli arrangiamenti hanno un inesorabile sapore di già sentito, ma ho apprezzato molto i ruggiti della bestia tentacolare sul minuto finale, che hanno aggiunto qualche elemento di suggestione al racconto.

La lunga “Steerpike” rimescola un po’ le stesse carte, con feedback, basso insistito, un andamento cadenzato e ricco di tom e, finalmente, una melodia vocale più coinvolgente e interessante. Un tocco di epicità e un accenno di cavalcata stoner rendono i quasi nove minuti del brano i meglio digeribili di quelli sorbiti finora. La composizione si rivela meno autoreferenziale e più generosa con l’ascoltatore. L’ascoltatore ringrazia.

Nello stretto, stretto recinto dell’ovile in cui si allevano i riff stoner doom è cresciuta una bella pecorella: è il riff di basso di “Battle of Chapultepec”, presto macellato dalle insensibili nenie vocali della cantante. La battaglia procede con apocalittiche mannaiate e ruggiti echi di growl, prima di inaugurare una seconda parte del brano che mi ha lasciato perplesso, con il cantato mononota dall’intonazione precaria che non riesce a coinvolgere nella drammatica narrazione e una batteria stantia che rimescola la polenta.

La chiusura di questo “Haunted Dreams” è affidata a “So Magic”, un’altra composizione di lunga durata che sa di Saint Vitus pigri: un altro brano in cui sembra che ogni musicista si appoggi all’altro, senza nessuno che tiri in avanti o lanci un’idea veramente valida.

Certo, ci si potrebbe accontentare delle atmosfere ipnotiche, del bel suono organico e vintage, di un confortante ciondolare, di una comoda nicchia di genere in cui sprofondarsi con autocompiacimento. Ma anche no.

 

Marcello M

 

 

Tracklist:

  1. Cubensis
  2. Third Eye Invocation
  3. Turkish Kraken
  4. Steerpike
  5. Battle Of Chapultepec
  6. So Magic

 

 

  • Anno: 2024
  • Etichetta: Argonauta Records
  • Genere: Psychedelic Stoner Doom

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