Quanto vi appresterete a leggere è il frutto di una riflessione maturata dopo aver terminato il compito impartitomi dalla redazione. Di solito, durante la lettura, già mi faccio uno schema, una linea guida, prendendo appunti e sottolineando frasi, in modo da avere già pronta la recensione a lettura ultimata.
Per la prima volta, invece, quando ho girato l’ultima pagina del libro, mi trovavo con la pagina del mio racconto totalmente bianca.
Forse perché in questo libro ho trovato una ulteriore conferma e descrizione di ciò che avevo letto durante questa mia esperienza e collaborazione con Italia di Metallo.
Nei libri oggetto delle mie passate recensioni, ho trovato infatti la “teoria”, la “storia” di ciò che stava succedendo nello scenario musicale mondiale durante gli anni ’80.
Questa volta, invece, il racconto è autobiografico e l’autore ci descrive in maniera confidenziale ciò che ha vissuto in prima persona proprio in quegli anni nella sua città natale Roma.
Maurizio “Angus” Bidoli, chitarrista leader della storica metal band Fingernails, è l’artefice di questo scritto intitolato “Con le borchie nel cervello”.
Non fatevi false aspettative: questa non è la storia della band come forse parecchi (me compresa) si sarebbero aspettati, è invece la storia del popolo metallaro, di tanti ragazzi che nella musica avevano trovato la loro passione e ragione di vita.
Metalloooooo!!!
Il libro si apre con questa parola, una sorta di “parola d’ordine”, l’urlo con cui la tribù dei seguaci del genere si distinguono.
La musica Maurizio ce l’ha nel sangue: già da bambino suo cugino Marcello gli faceva ascoltare la sua importante collezione di dischi o lo faceva spettatore quando suonava con la sua chitarra le canzoni dell’epoca.
Dobbiamo ricordarci che siamo ancora agli albori degli anni ’80 e la figura del metallaro non era ancora definibile e definita come invece lo è ora.
Questo concetto era infatti ancora legato al genere hard rock che lo aveva preceduto e stava subendo la contaminazione del genere punk che porterà, di lì a poco, alla nascita di una smisurata varietà di sottogeneri.
Soprattutto sarà causa inevitabile di rivalità e conseguenti scontri tra i due generi in questione: Metallari e Punk.
Bande di ragazzi che la sera si ritrovavano con la voglia di divertirsi ma che puntualmente finivano per esagerare e terminare la serata totalmente pieni di alcool e droghe.
Quasi sempre si arrivava anche alle mani pur di poter prevalere sulla gang rivale.
Erano gli anni degli abusi, dove ancora non era ben radicata nella coscienza sociale il danno irreparabile che questi stravizi avrebbero causato nel corpo e nella mente di chi ne faceva un uso smisurato.
Tante sono anche le serate che vedono come protagonista la sua cricca di amici, tante sono le band (nomi famosissimi e altri meno) che vengono ricordate per i concerti a cui gli stessi prendevano parte.
A quegli spettacoli musicali poteva succede di tutto.
Purtroppo tanti personaggi, di cui vengono descritte le vicissitudini, non sono sopravvissuti a quegli anni e questo a conferma di quanto in quel periodo fosse veramente tutto esagerato.
Angus più volte sottolinea e disapprova questo concetto, sentendosi un privilegiato rispetto agli altri: lui ce l’ha fatta, è riuscito a tirarsene fuori e questo scritto ne è la testimonianza.
Voglio concludere dicendo che forse l’appellativo di “drogato/alcolizzato” che è sempre aleggiato intorno alla figura del metallaro deriva proprio dal periodo storico e sociale in cui questa figura è nata. Anche se poi la storia ci ha ampiamente dimostrato il contrario è cioè che l’assonanza non è poi del tutto vera e scontanta.
Non voglio spoilerare altro, leggete “Con le borchie nel cervello”.
Francesca ‘Penny’ Faenzi
- Anno: 2014
- Etichetta: Mal Edizioni
- Genere: Autobiografia
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