Ultima ma proprio ultima recensione in questa ultima mattina di questo anno che sta sfinendo con tutte le sue problematiche, errori, nefandezze; cosa di meglio che accompagnare questo sole che molto lentamente e stancamente sta cercando di scaldare codesto trentun dicembre, che il nuovo e terzo full – length dei The Blacktones?

Un disco profondo, cupo, pesante, riflessivo, degna colonna sonora per tutte le porcherie che hanno segnato questo duemila ventiquattro (a voi, se vi aggrada, spetta di stilare una ipotetica classificazione in base alla gravità dei fatti accaduti).

La percezione del tempo è altamente soggettiva e può variare in base alle situazioni (anche se Kant parlava del tempo come una categoria oggettiva ed assoluta sussistente a prescindere dall’essere umano), ma quando la realtà non è particolarmente piacevole, quando vi è la netta sensazione di oscillare fra noia e dolore, ebbene il tempo si dilata, si sfilaccia in una sorta di Annus Horribilis, e diventa, il trascorrere delle ore, delle settimane, dei mesi, un lento ripetersi di ogni oggi derivante da uno stantio ieri riciclato in un banalissimo domani; una lentissima agonia esistenzialistica perpetuantesi nell’anno più lungo, più buio, più oscuro, della nostra vita.

La band sarda (ultimamente una delle nostre isole maggiori sta sfornando delle produzioni assai interessanti) si è formata a Cagliari nel 2011 e si definisce come un crogiolo di Metal, Stoner e Grunge; ma secondo me, a parte una evidente influenza da parte dei finlandesi Amorphis (sebbene riveduti e corretti), si va oltre ogni barriera, si oltrepassa ogni limite compositivo: se nel nostro disincantato immaginifico di continentali, la Sardegna rappresenta il sole, il mare, le vacanze, le tedesche anni ottanta, orbene qui si racconta della disperazione (tradotta in musica esplorativa che scava i nostri antri emotivi) di una isola non vista, non percepita, quella per esempio della tragedia verificatesi a Carbonia ove nel 1937 in una miniera morirono 14 lavoratori, oppure gli incidenti avvenuti più recentemente nello stabilimento Sarroch di proprietà della famiglia Moratti. La Sardegna quella interna, quella della Barbagia, quella di Gramsci, della Deledda, di Berlinguer, quella della lingua sarda e dei tanti dialetti e quella di giggirriva.

Una terra aspra, arcigna, difficile da vivere per tutto l’anno, davanti a noi (a volte sembra di toccarla) ma spesso così lontana; la musica dei The Blacktones è drammaticamente stupenda, degno commento sonoro per accompagnarvi in un tour in completa solitaria lungo le strade, le stradine, fra pianure, monti brulli e minacciosi.

Da avere!

 

Leonardo Tomei

 

Tracklist:

  1. Dreaming
  2. The Threshold
  3. Noise Pattern
  4. The Greenhouse
  5. The Parade
  6. Older Brother
  7. What Year Is It?
  8. Living On The Surface
  9. Take This Time
  10. The Other Face Of Nothing
  11. Russian Doll
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Sleazy Rider Records
  • Genere: Doom Stoner Heavy

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