Le roboanti note di presentazione di questo ottavo album (in dieci anni!) dei Malamorte, pur sembrandomi un tantinello eccessive, sono riuscite nell’intento di farmi sentire un ignorante musicofilo, dato che non conoscevo questo ulteriore progetto dell’attivissimo veterano Alessandro Nunziati, meglio noto come Lord Vampyr (sì, quello dei Theatres Des Vampires).
La voce graffiante, gracchiante e melodrammatica di Nunziati ci racconta piccoli quadretti horror che sembrano essere la versione musicale dei racconti brevi dei celebri autori “gotici” di metà ottocento, oppure spezzoni cinematografici di polverosi film in bianco e nero di dubbio gusto ma grande suggestione. Il contesto musicale è un Heavy Metal piuttosto tradizionale, cadenzato, semplice, quasi scarno, oscuro e pesantissimamente debitore nei confronti della band di King Diamond dei tempi di “The Eye”, per intenderci. Non a caso, il periodo in cui la batteria di Snowy Shaw aveva suoni campionati agganciati a brani strutturati e programmati su griglia metronomica, che trovano un corrispettivo nella modalità operativa (ma soprattutto sul risultato sonoro) dei Malamorte.
Se lo stile vocale di Alessandro, compositivo e interpretativo, spesso sfiora il plagio nei confronti del Sig. Petersen, la scelta di evitare completamente i falsetti lo salva da una imbarazzante comparazione, pur restringendo il ventaglio espressivo a disposizione.
La grande esperienza del leader della band romana (ma è una band o un progetto solista?) riesce però a mettere insieme brani sufficientemente dotati di quella scintilla capace di renderli vivi e sensati, vuoi per un riff particolarmente efficace, per un ritornello azzeccato, per l’atmosfera o per la verve interpretativa. C’è sempre un elemento capace di farci riconoscere e ricordare le canzoni. Anche i testi, nella loro semplicità ed essenzialità, riescono con pochi tratti a dipingere un quadretto di genere, perfettamente incorniciabile nel contesto collaudato dei canoni dell’horror “classico”.
I primi tre brani, le tre parti di “Abisso”, sono un perfetto assaggio di quella che mi è venuto spontaneo definire “musica da boomer”, da intendersi nell’accezione che preferite. Spiazzante l’apertura, con un loop alla Rob Zombie che ci sorprende a fare su e giù con la testa saltellando sul riffone irresistibilmente tamarro, con un’iniezione di elettronica d’altri tempi che rende il suono squisitamente datato. L’organo ecclesiastico discendente nel ritornello ci spedisce direttamente tra le braccia di King Diamond, che ci culla berciandoci contro tetre ninne nanne. Nella “part II” l’andatura si fa più cadenzata, con bei temi melodici e sezioni che sembrano strappate direttamente dai solchi dei dischi del nostro danese preferito (no, non Lars).
Ancora protagonista l’organo nella terza parte, che utilizza materiale del tutto analogo alla traccia precedente, con l’aggiunta di un breve intermezzo più rarefatto. Alla chitarra non abbiamo certo Andy La Roque, ma devo dire che tutti gli assoli hanno un proprio perché, grazie ad un gusto melodico pertinente ed una sobrietà di esecuzione che non eccede i propri limiti.
”The Convent”, nella sua schietta ingenuità/genuinità mi ha ricordato la copertina del secondo album degli Attic, per un brano lineare che si lascia ascoltare volentieri, anche durante quello sciocco ritornello, dato che oramai siamo perfettamente calati nell’atmosfera inquietante tratteggiata da un testo scarno ed essenziale, che non lascia nulla all’immaginazione.
Bei riff e il classico cantato imitativo (sia nella versione ululante che in quella gracchiante e teatrale) verso un ritornello solenne e malinconico per “I Am The Scourge”, che conferma il dono melodico di Alessandro Nunziati, capace di confezionare deliziosi oggettini di artigianato musicale. Riff alla Omen e ritmi più sostenuti per la cavalcata ”Begotten”, dotata anche di una parte strumentale centrale che mantiene alto l’interesse. E la horror ballad? C’è! Con un inizio che ricorda melodicamente “Space Oddity”, “The Lie Of Sin” ci dondola in un’epica litania guidata dall’intensa interpretazione vocale, fino ad aperture melodiche solari in sede di assolo, prima del riuscito gran finale.
Chiude il disco la trascurabile “Welcome Darkness”, un accrocchio di standard orrorifici, tra fruscii, tastiere fluttuanti, carillon, sussurri e sospiri.
Se i Malamorte sono riusciti ad essere così prolifici in questi pochi anni credo lo si debba, oltre alla grande dedizione, anche alla capacità di essere essenziali: un’essenzialità che non significa trascuratezza o superficialità, ma capacità di scegliere i pochi elementi necessari ed efficaci alla composizione di canzoni.
Belle canzoni, per la precisione. Di genere, certo, ma le si ascoltano volentieri.
Marcello M
Tracklist:
- Abisso
- Abisso part II
- Abisso part III
- The Convent
- I Am The Scourge
- Begotten
- The Lie Of Sin
- Welcome Darkness
- Anno: 2024
- Etichetta: Moribund Records
- Genere: Horror Metal, Heavy Metal
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