I Kryptonomicon sono in attività dalla seconda metà del 2019, programmaticamente devoti al thrash old-school con venature proto-black, arrivano con “Daemonolatria” alla loro quarta fatica in formazione ridefinita come trio (il cantante Luca Sterle lascia nel 2023).
Con Stefano Rumich (chitarra) e Frank Kruger (basso) a dividersi l’onere delle vocals e Randy Legovini dietro le pelli, i Kryptonomicon affilano e affinano la loro proposta che stupisce per efficacia ed essenzialità nel proporre un thrash metal ferocissimo nella sostanza, per quanto capace di venature oscure quanto epiche, ben esplicitate nelle intro e negli inserti di synth che punteggiano le composizioni. La produzione nitida ma dal gusto analogico (nelle chitarre si sente decisamente “il legno”) esalta il riffing abrasivo e diretto e rende merito al lavoro dietro le pelli che, pur rimanendo nel solco old-school per i pattern scelti, si presenta assolutamente contemporaneo nei suoni (fortunatamente evitando accuratamente certi eccessi di iperproduzione).

Se sono molte le formazioni che si rivolgono all’old school per ritrovare le radici del metal (estremo), l’impressione è che i Kryptonomicon giochino un campionato a sé stante.
Introdotta da un bell’arpeggio in clean che emerge da nebbie di armonici artificiali strattonati dalla leva floyd rose, di chiara ispirazione slayeriana, e da un tema oscuro e ossessivo di sinth, l’opener ”Satanama” esprime fin da subito la doppia anima dei Kryptonomicon, a loro agio nella costruzione di atmosfere epicamente oscure tanto quanto nel trasformarle in feroci assalti di thrash metal seminale portato alle estreme conseguenze, sia per l’incisiva efferatezza del riffing, sia per le vocals aggressive e disperate che grazie ad un uso sapiente della metrica e alla ripetizione di “parole chiave” conferiscono un alone ritualistico e fortemente evocativo alle composizioni. Interessante in funzione di ciò l’utilizzo aggiornato del classico “effetto eco” applicato alle vocals anni 90. “Satanama” esprime una maggiore stratificazione e complessità, nel suo evocare andamenti a la Celtic Frost, sia nel riconoscibilissimo riffing che per l’introduzione delle voci femminili, rivisitate in chiave contemporanea e non operistica. Infatti, nonostante l’indubbio radicamento nel thrash old school più oltranzista, i temi e il sound portati dai sinth nell’introduzione strumentale sono assolutamente moderni, tanto da ricordare certe atmosfere portate dai Cattle Decapitation e al contempo a conferire un’aura symphonic black quando ritornano nell’inciso centrale.

“Between Five Candles” conferma la fascinazione per quel riffing oscuro, ritmicamente sghembo e armonicamente oscuro tipico dei Celtic Frost e lo intesse sapientemente con delle sezioni soliste di ispirazione slayeriana. Molto interessante il ritorno di sospensioni atmosferiche affidate ai sinth, qui in connubio con un lick ossessivo di chitarra, che evoca atmosfere industrial quasi voivodiane.
Il dialogo tra ruvidi riff frostiani e temi di sinth ossianici ed evocativi, è una formula che si conferma e si approfondisce in “The Emperor Rising”: qui viene utilizzata nel pre-chorus per introdurre un’invocazione a Lucifero la cui potenza evocativa è affidata alle vocals. Il contributo delle chitarre soliste, qui declinate in licks in tapping, si delinea chiaramente come elemento caratteristico a servizio della strutturazione del brano e non come solipsismo virtuosistico. La tecnica solistica insomma è utilizzata al fine di creare un’ulteriore tessitura di riffing.

Con “The Spreading Wind of Epidemic” sembra chiarirsi un’ulteriore caratteristica chiave del sound dei Kryptonomicon: se il riffing è chiaramente di estrazione Celtic Frost/ Hellhammer, il cantato sovente adotta metriche più HC. Si torna respirare aria di Slayer, oltre che per la classica sezione solistica nevrotica, anche per il riff in mid tempo che introduce l’ostinato finale in tempo sincopato dal sapore industrial e ancora vagamente voivodiano
“There’s No Life, There’s No Death” apre con un’intro degna di un film della Hammer per poi accoglierci con con un mid tempo costruito su una ritmica giocata sui tom, che ha qualcosa della dark wave dei Bauhaus, su cui si staglia un aspro riffing doom punteggiato da disperate invocazioni in scream che ci introducono a visioni apocalittiche. Traccia che mi ha evocato i primi Black Sabbath da un lato e i Godflesh dall’altro. Interessanti le punteggiature di sinth (o samples che siano) che evocano, tra rintocchi lugubri di campane a morto, cori gregoriani in lontananza e voci femminili degne dei Christian Death. Dopo un breve inserto solista appoggiato su una sillaba ripetuta (quasi ad evocare il famigerao “uh!” di Tom G. Warrior) si libera un up tempo di chiara estrazione Celtic Frost, in un’interpretazione piuttosto ruvida tanto da ricordare certo riffing seminale dei primi Napalm Death.

Il suono di un nugolo di mosche apre “Lord Of Flies” che rilegge il tremolo picking tramite un lick ostinato eseguito dalle chitarre sulle corde alte che “mima” il suono del nugolo di insetti. L’ingresso dei power chords a costruire un tema tensivo evoca tanto certe soluzioni slayeriane quanto la combo tema a note su giro di power chords degli Entombed. Giro di power chords che sviluppa poi in un up tempo su doppia cassa. La “strofa” si appoggia un un riffing circolare di matrice HC, tre note che evocano le lettere D.R.I. mentre il “ritornello” vede il ritorno della combo chitarre-mosca e power chords. L’alternanza di questi due pattern è improntata ad un continuo “alzare l’asticella” in termini di velocità del drumming e di densità del riffing fino ad arrivare ad un punto di rottura in cui un classico palm muting thrash prelude ad una sezione sorretta da contributi solistici che omaggiano tanto gli Slayer quanto i Morbid Angel. Si conclude ribadendo i due riff portanti, con un senso di accelerazione e urgenza che trova la sua naturale conclusione nel samples di mosche.

Con “The Sea Of Creeping Evil” si omaggiano apertamente gli Slayer, con l’incipit affidato al loro classico riffing punteggiato da accenti cassa/crash stoppato. Il tutto con un considerevole incremento dei bpm rispetto ai maestri. A far da contrappunto a questa sezione che evoca il technical death metal troviamo un riffing marcatamente HC a sostenere il cantato. La sezione a supporto degli assoli ha un sapore di Motorhead sotto metanfetamine, quasi a voler chiudere il cerchio sulle radici dello speed/thrash metal primordiale. Stesso sapore motorheadiano, ma con accordatura ribassata a reggere un mid tempo teso e ricco di groove, apre “Blood For The Fire”. Lo stesso riff viene riletto in ottica thrash e supportato da una ritmica di doppia cassa terzinata dal sentore speed metal. Interessante come gli accenti portati sul riffing tramutino in un riff autonomo dal groove che ricorda certe soluzioni dei Carnivore andando a costruire una sorta di sezione strofa/ritornello/strofa. Con altrettanta perizia ritmica il ritmo terzinato passa in quattro spingendo e sostenendo una sezione solista in tapping che conferma come i pattern solistici siano utilizzati dai Kryptonomicon per “strutturare” la canzone. Sempre sugli scudi le vocals che tornano ad invocare come un mantra Lucifero assicurando con la metrica scelta una sovrastruttura coerente ai cambi ritmici che attraversano in maniera subdola la traccia.

“Necromantical Suicide” mette il sigillo sul modo di intendere il thrash metal dei nostri. Rasoiate frenetiche di chitarra in pieno stile HC su un d-beat frenetico ci trascinano dall’inizio alla fine, con una breve incursione nel proto-grind, mentre le vocals, qui più isteriche che mai, riescono a mantenere un afflato ritualistico ed evocativo, lasciando in sottotraccia quel colore black metal che aleggia nell’ombra nella musica dei Kryptonomicon senza mai palesarsi apertamente.
La title-track “Daemonolatria” conclude l’opera con un delicato ed elaborato arpeggio, insediato da droni bassi rimbombanti, che ci consente di ammirare il frutto della distruzione portata dall’approccio ferale, schietto e sincero dei Kryptonomicon ad una materia, quale il thrash metal, che negli anni sembra aver ceduto lo scettro della brutalità ai suoi eredi diretti.
Scettro che i Kryptonomicon tornano a brandire con ferocia lasciando dietro di sé solo macerie.

 

Samaang Ruinees

 

Tracklist:

  1. Satanama
  2. Between Five Candles
  3. The Emperor Rising
  4. The Spreading Wind Of Epidemic
  5. There’s No Life, there’s No Death
  6. Lord Of Flies
  7. The Sea Of Creeping Evil
  8. Blood For The Fire
  9. Necromantical Suicide
  10. Daemonolatria
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Punishment 18 Records
  • Genere: Old Shool Thrash/black Metal

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Autore

  • classe 1970, dopo aver fatto studi musicali classici scopro a 15 anni il metal. a 17 anni il mio primo progetto (incubo - thrashgrind), poi evolutosi in thrash tecnico con gli insania (1989-1997) e infine in death-thrash con insania.11 (2008-attivo). prediligo negli ascolti death e black ma ho avuto trascorsi felici con la dark wave e l'industrial. appassionato di film e narrativa horror, ho all'attivo un romanzo pubblicato e la partecipazione con dei racconti ad un paio di antologie.

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