Udal Cuain (pare significhi “trovarsi in balia della forza dell’oceano” in gaelico) è il nome scelto dai fiorentini Alessio Parretti (voce e tastiere) e Matteo Meucci (basso e chitarra) per dare forma ad un Metal melodico, epicheggiante e con qualche timida venatura prog. Come avrete intuito dalla formazione, è uno di quei progetti “da studio” e non una band al completo, con la evidente e pesante mancanza di un batterista umano che, per il sottoscritto, è un handicap di partenza non indifferente per un gruppo Heavy Metal. Ma il duo si propone di valicare i limiti di genere, citando ispirazioni variegate pur rivendicando l’attaccamento alla grande tradizione heavy power americana, citando nomi pesanti quali Crimson Glory e Savatage! Il risultato sonoro, pur mancando di quel dinamismo vitale tipico della musica prodotta con un ritmo determinato dalle macchine, è ricco di orchestrazioni ed atmosfere suggestive, con composizioni di pregio ed una sincera passione interpretativa. Già, perché Alessio non sarà certo né MidnightJon Oliva, ma la sua performance trasuda una tale genuina partecipazione che ci permette di sorvolare su alcune sbavature esecutive. La capacità di rendere le singole canzoni delle entità dotate di personalità ed identità non è per nulla scontata e, se mi sono trovato a canticchiare questi brani nei giorni successivi agli ascolti, buona parte del merito va proprio a questo cantante di grande cuore, che crede in ciò che canta e ci tiene a comunicarcelo.

Come la copertina (che sembra uscita direttamente dal videogioco God Of Wa Ragnarök) suggerisce, la musica degli Udal Cuain ha un approccio moderno e cinematografico, in cui gli strumenti programmati occupano una larga fetta dello spettro sonoro, con basso e chitarra un po’ in secondo piano, ma la voce sempre protagonista.

Quando la battagliera ed arrembante “Silence” irrompe squarciando il velo di tastierine atmosferiche, capisco i riferimenti alla vecchia scuola, quei tempi in cui le belle canzoni avevano di memorabile pure le strofe: la gagliarda interpretazione di Alessio ci guida tra melodie semplici e nitide, capaci di rimanere impresse e coinvolgere. Peccato per la sterile rigidità della componente strumentale, che tende a spegnere il sacro fuoco del brano nonostante le buone intuizioni di arrangiamento.

La title track ha un riffing priestiano confermato dall’utilizzo di voce raddoppiata all’ottava alta in puro Halford style. Lo ripeto, la prestazione vocale è ben lontana dalla perfezione, ma coglie nel segno in merito a credibilità ed emotività, e non è un traguardo da poco: intonati possono diventarlo tutti, ma certe cose non ti si tirano fuori a forza! C’è un che di viscerale, di fortemente sentito, che ci mette subito in sintonia con l’interpretazione un po’ sopra le righe ed enfatica di Parretti in quella che potrebbe essere un’out-take di Painkiller (fatte le dovute proporzioni…)

La concisa “If You Breed Wolves” presenta gustosi fraseggi armonizzati in stile King Diamond alternati a riff piuttosto dinamici che portano ad una rapida (prematura?) conclusione della canzone.

Decisamente più prolissa “Beauty From The Storm”, dominata da tastiere ed effetti che fortunatamente non compromettono la foga interpretativa vocale, anche se nel lungo intermezzo pianistico ci si perde un poco e il ritornello non è poi così entusiasmante…

Mi ha colpito positivamente l’inattesa coloritura da musical americano di “Saint Petersburg”, un brano veramente riuscito e capace di fotografare un’atmosfera in maniera magistrale. Questo intermezzo melodico di grande pathos ci fa godere ancor di più l’assalto di “Despite All Odds”, altra composizione in cui le strofe la fanno da padrone e si torna a respirare quell’aria rigenerante che solo le canzoni con un senso sanno farci gustare. Bellissimo il ritornello finale.

Su “Sun Is Dead” possiamo riascoltare quel filtro vocale che caratterizzò il debutto dei Cynic (o almeno qualcosa di simile), inserito in un brano cadenzato e saltellante di grande epicità con un molto vago retrogusto Crimson Glory, richiamato dalle acrobazie vocali della conclusiva “Descent”. 

Si segnala la quasi totale assenza di assoli veri e propri (non che sia un male) che sembra confermare l’attenzione di Matteo Meucci verso la canzone, privilegiando i temi strumentali di sintetizzatore agli sleghi di chitarra.

Ciò che più mi dispiace di questo debutto è il fatto che queste buone composizioni, questo estro e questa urgente spinta comunicativa, vengano zavorrati, imbrigliati, impoveriti e attutiti dalla mancanza di veri musicisti a completare la formazione. Il mio personale auspicio è che il promettente duo si converta quanto prima nella grande band che merita di essere.

 

Marcello M

 

Tracklist:

  1. Silence
  2. No One Falls Like  A God
  3. If You Breed Wolves
  4. Beauty From The Storm
  5. Saint Petersburg (In  A Dream Of Ice And Snow)
  6. Despite All Odds
  7. Sun Is Dead
  8. Descent
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Agoge Records
  • Genere: Power Prog Heavy Metal

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