E’ sempre festa quando per il sottoscritto c’è da recensire qualche perla del passato facente parte della collezione “Italian Metal Heroes”. Tanta roba bella, che ha solcato le terre di mezzo negli anni che furono, e che ora viene preservata dall’oblio. Oggi mi trovo tra le mani una band che non conoscevo assolutamente, ovvero i TRB.

Il loro territorio di origine è il Casertano, e si formarono nel 1985, e vedevano Jerry Vitrone al microfono, Lino Fusco alla chitarra, Fabio Giannone al basso e Ennio Giannone alla batteria. Inizialmente il gruppo si è fatto letteralmente le ossa passando da un palco all’altro, diventando una delle realtà più attive della zona. L’anno della svolta fu il 1988, quando furono chiamati dalla Ebony Records per registrare un brano su una compilation che uscì in Inghilterra. Questo passo li portò ad avere un management, e nello stesso anno fecero da spalla a Vanadium e Strana Officina.

Le canzoni erano scritte principalmente da Jerry Vitrone, che si occupava dei testi, e dal chitarrista Lino Fusco. Quest’ultimo era la mente del gruppo, l’anima pensante, nonchè un ottimo chitarrista che ho apprezzato molto nel suo stile lineare e senza fronzoli, molto efficace. Il basso risulta essere era solido, mentre il drumming è di livello assoluto: ho letto in giro, mentre cercavo info sui componenti, che Ennio era considerato uno dei migliori batteristi rock del casertano.

Take it Easy” apre le danze e vi confermerà quanto di buono vi ho riportato poc’anzi sui componenti della band. Un pezzo da strada, stivale rovinato e pantalone di pelle. Stile da vendere negli stacchetti bluesy che ben ci stanno in questo pezzo che trasuda americanità da tutti i pori. Il Solo in Slide è la ciliegina su una torta che si preannuncia squisita: se le premesse sono queste ci sarà da divertirsi. “All Over Now” è una bomba rock ‘n’ Roll da far venire mal di testa, perchè ci fa venire una sete bestia e ci obbliga ad andare a cercare la bottiglia di Jack, tanto velenoso come il pezzo in questione. Il mood che mi fanno venire in mente è quello degli L.A. Guns dei primi album, scanzonati e diretti.

Dopo una potente bevuta sale la fame chimica, ed ecco arrivare l’immancabile “Mr. Candy Man“, che ci sbatte in faccia il groove dei Poison più melodici e solari. Coretti che restano in testa dopo un solo ascolto, melodia che ci sta sia in spiaggia che in un club. Scopro poi in giro che questo pezzo rimase in classifica per circa 10 settimane a Radio Club 91, e non stento a crederlo. “Heaven” è Poison fin nel midollo, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire. “Every Rose Has Its Thorn” ha pensantemente influenzato la band nella stesura di questa canzone, così come ha influenzato milioni di ballad dal giorno della sua uscita fino ad oggi. Una canzone che ho ascoltato in loop per una mezz’ora e sapete perchè? Perchè è fantastica e non me ne frega niente se può aver preso ispirazione dalla ballad a stelle e strisce: potevano anche fare un lavoro da schifo, ma invece scrissero una canzone bellissima.

Un’armonica che puzza di sabbia del deserto ci introduce “Love on the Rocks“, e il chitarrone in slide con la batteria che entra un pò indietro ci fanno battere la testa in un mid tempo zozzo, lurido che ci brucia la pelle come il sole a mezzogiorno nella Death Valley. La voce sale, e spacca veramente, la chitarra è un trapano che ci passa da parte a parte e niente, qui la voglia di aprirne un’altra da bere è tanta. L’itermezzo strumentale “Gid Up” ci da la prova che il signor Fusco con la chitarra in mano sa il fatto suo, e ci conduce allo strano intro AoR della seguente “Come Back“, con questi synth aperti che fanno da tappeto ad un pezzo diverso dagli altri ma veramente bellissimo. Strizza un pelo l’occhio all’Hard Rock FM oriented che spopolava negli states, che si permette una concessione tecnica di livello in mezzo, per poi esplodere in un solo sempre sporco il giusto. L’Hammond finale è un fuoco d’artificio che esplode nel cielo stellato di ferragosto.

Torniamo a pestare marciapiedi ed asfalto con “I Don’t Know my Future“, pezzo che ti frastorna con strings e Keys che ti arrivano addosso all’improvviso. Pare di essere in mezzo ad un film d’azione di quegli anni, con questa canzone che è la colonna sonora ideale di qualche scena di pensieri notturni, dove il sentimento e il pathos scorrono a fiumi. Salvatemi perfavore, perchè questo album accentua a dismisura la sete di bevande spiritose di alta gradazione, e “Rescue Me” non aiuta certamente a tenere i livelli metallici ed etilici bassi. Una cavalcata sparatissima sui binari dell’Hard ‘n’ Heavy più schietto e diretto, dove ogni tanto le tastiere vengono non ad addolcire il tutto ma a preparare la base per la partenza di un riff killer, magari con il Wah che piange e strilla isterico e la batteria che non molla un secondo. Una Bomba!

Alzo le mani, mi arrendo, portatemi via vi prego, perchè l’inizio di “Living in the Nightmare” mi annichilisce, e se possibile dopo il primo minuto la situazione è peggiorata ulteriormente. Ragazzi, io ve lo scrivo qui, che resti inciso per sempre: questa canzone è, nel suo genere, una delle cose più belle io abbia mai sentito nel genere, e non solo in terra italica. Sfocio nel monotono, perchè lo dico sempre, ma un pezzo così lo avesse partorito qualche band oltreoceano, magari in quel di Los Angeles, ne staremo parlando ancora adesso.

Kill the Killer” chiude ufficialmente la scaletta originale, con una botta da corsa a un quarto di miglio alla volta sulla superstrada di turno. Incalza, corre, spara, spacca. Strumenti e voce sono tutte impegnate ed unite in una sola direzione, ovvero quella di demolire le poche certezze rimaste in piedi e di costruircene una nuova, ovvero che abbiamo tra le mani un disco che sarebbe delittuoso non possedere originale.

Completano questo bella riedizione altri cinque brani in versione Demo ma dalla qualità ottima: “Baby Rose“, “Black Shadow“, “War” e “Wildcat“, tutte ottime tracce. Dulcis in fundo un retake del 2024 di “Rescue Me“, con una qualità che spinge ancora più in alto il livello.

La band, dopo questo lavorone del 1991, si trovò davanti diversi intoppi che le impedirono di proseguire a fare ottima musica. Lino Fusco dovette partire per il militare, ma soprattutto i discografici iniziarono a fare “strane” richieste, come quella di cantare in Italiano. Si voleva tentare il colpo gobbo sul mercato grosso, seguendo Vasco e Steve Rogers Band, ma i TRB avevano nel cuore il rock tirato, e cantato in inglese. E soprattutto tanta, ma tanta coerenza. Grazie!

Michele Novarina “Mic DJ”

Tracklist

  1. Take It Easy
  2. All Over Now
  3. Mr. Candy Man
  4. Heaven
  5. Love On The Rocks
  6. Gid-Up
  7. Come Back
  8. I Don’t Know My Future
  9. Rescue Me
  10. Living In The Nightmare
  11. Kill The Killer
  12. Baby Rose (Ebony Compilation)
  13. Black Shadow (demo
  14. War (demo)
  15. Wildcat (demo)
  16. Rescue Me (2024 Edition)
  • Anno: 2024 (1991)
  • Etichetta: Aua Records
  • Genere: Hard Rock

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