Da qui procede il concept del nuovo disco degli Ottone Pesante, un viaggio immaginario tra storia, mitologia e archeologia per esorcizzare il rapporto che unisce la guerra agli ottoni come elemento bellico. Il viaggio si intreccia inevitabilmente con le guerre che tutt’oggi imperversano nel mondo, a riprova di come l’uomo sia ancora vittima dei ricorsi storici.
Late Bronze Age Collapse, brano d’apertura arricchito dai synth di Shane Embury (bassista dei Napalm Death), racconta della fine dell’età del bronzo, epoca dalla quale procede un periodo sgorgante di sangue e di guerre. Il suono mescola strumenti digitali e analogici, attivando da subito un’atmosfera di tensione nell’ascoltatore che si ritrova circondato, come nel mezzo del campo di battaglia.
Nei brani successivi i fiati si caricano di un’aura metal e inaugurano una colonna sonora dai capitoli molto coerenti: il finale di Sons of Darkness Against Sons of Shit, in cui urla e pianti si mischiano al noise, descrive il contenuto dei Rotoli della Guerra. In maniera simile, Teruwah (“grido, pianto” in ebraico) rievoca i richiami alla battaglia.
Men Kill, Children Die è invece un momento di decompressione in cui entrano sonorità doom e squilli di tromba che verranno ripresi, molto più ferocemente, in Slaughter of The Slains, brano memore delle grida degli ottoni per ordinare la mattanza dei sopravvissuti. L’album si chiude con Seven, pezzo dai toni più sperimentali che lancia uno sguardo al futuro della band.
Scrolls of War è il primo capitolo di una trilogia in cui gli Ottone Pesante decostruiscono l’elemento degli ottoni, oggetti che nei secoli si sono impregnati di sangue, ma che il trio brasscore vuole elevare a strumenti per la creazione di arte.
Scrolls of War esce il 18 ottobre per Aural Music anche in digitale, CD e vinile, costruendo un collegamento tra passato e presente più tangibile che mai: che le trombe tornino a suonare per la musica.