Questa band rientra nel novero di quei gruppi i quali hanno iniziato molto tempo fa e che dopo una lunga pausa di riflessione ci riprovano.
Il primo nucleo è datato 1994 (si parla quindi di trenta anni orsono) poi, a causa delle scarse possibilità di esibirsi davanti ad un pubblico descrivibile tale, arriva rapidamente allo scioglimento.
Con un salto di 25 anni, con l’aggiunta all’antico moniker di un riferimento ad una sorta di Araba Fenice e grazie alla tenacia dell’unico superstite (nonché fondatore dei Nocticula Resurget, Boris Hunter), la band riparte, riprendendo a piene mani gran parte del materiale degli anni novanta. In effetti si sentono molto le influenze del primo Black Metal: nelle distorsioni delle chitarre si percepisce abbastanza distintamente la timbrica usata nei primi album dai Mercyful Fate da Hank Shermann e da Michael Denner. Vi sono poi aperture a sonorità più moderne, o quantomeno coeve al periodo di formazione della band: sebbene il cantato in scream sia predominante, certi riferimenti ai Cradle Of Filth sono bene evidenti e rimarcati.
La scelta, non so quanto ob torto collo, di registrare tutti gli otto pezzi nel proprio studio, autoproducendosi, va a minare la qualità del prodotto in generale, per quanto bisogna aggiungere che questo tipo di mixaggio dona un tocco nostalgico all’ascoltatore.
Il terreno di gioco, come s’è detto, è quello del Black Metal, quello delle origini che si palesa nelle strutturazioni armoniche e nel tipo di accordatura. La velocità di esecuzione nel drumming non è mai fine a se stessa ed infatti il primo pezzo, dopo una lunghissima introduzione, si lancia in un tempo al fulmicotone che tende molto allo Speed Metal. Anche “Green Eyes” ci rimanda indietro nel tempo con le sue atmosfere un po’ claustrofobiche ed anche lo stacco centrale, con la chitarra in pulito ed il suo giro degli accordi, poco si avvicina a tempi moderni. Si riparte di seguito alla grande con il terzo pezzo (nel cui titolo non riesco a capire se ci sia un refuso oppure no), con un cantato che in questo caso si avvicina di più all’ Hardcore che al genere di rifimento dei musicisti, lo scream viene messo leggermente in secondo piano e le linee vocali sembrano quasi una protesta contro qualcuno o qualcosa. Amanti della lingua latina, ce lo ricordano anche all’inizio di “At The Stake” ove (se il ricordo dei miei studi di latino non mi hanno abbandonato e soprattutto ingannato) viene spiegato il contenuto di questo, dalla band definito, concept album.
La mia canzone preferita, quella che maggiormente mi ha colpito, è “So You Killed Me“: con un arpeggio iniziale che ricorda ambientazioni musicali anni 60 e che mette in risalto le capacità vocali di Secutor (accompagnato in alcuni frangenti dalla soavità femminile di Nocticula), si strascinano note dolenti, strazianti, tristissime, ci aprono ad una cupezza infinita di leopardiana memoria, che mi spinge a fare un plauso al gruppo che ha dedicato l’intera opera a Francesco Fallico (nostro redattore prematuramente scomparso N.d.dir.). Chapeau.
Ai blacksters più attempati questo “Revenge” suonerà in retro prospettiva, farà sentire malinconicamente il ricordo di un rimpianto e farà sorgere lontanamente un desiderio mai sopito.
Leonardo Tomei
Tracklist:
- I Will Sing (If I Can)
- Green Eyes
- He Want’s Me
- New Sun New Moon
- At The Stake
- You Killed Me
- Day Of Revenge
- We Don’t Want Oblivion
- Anno: 2024
- Etichetta: autoproduzione
- Genere: Black Metal
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