Arrivare al settimo album di Thrash Death Metal e avere ancora qualcosina da dire non è un’impresa semplice per nessuno, ma gli irriducibili Riccardo Paioro (chitarra e voce) e Davide Firinu (batteria), da sempre (una trentina d’anni…) le uniche colonne portanti del gruppo, ci propongono una soluzione tanto banale quanto delicata: provare a scrivere delle belle canzoni! Eh già, perché anche in un genere che fa dell’impatto e dell’aggressività la propria bandiera, il giochino a chi picchia più duro stanca in fretta, mentre le canzoni, quando ci sono, rimangono.

Sarà per il fatto che i “ragazzi” sono miei coetanei e quindi con buona probabilità abbiamo costruito il nostro panorama di ascolti con gli stessi dischi di riferimento, ma devo dire che mi sono ritrovato nella scrittura degli Irreverence, o per lo meno mi sembra di poterla inquadrare, fotografare e collocare storicamente.

Forsaken” suona vecchia scuola, ma non in quel modo artefatto e macchiettistico con cui ragazzini appassionati ripescano il suono delle vecchie glorie del Thrash: semplicemente perché abbiamo dei “vecchi” che suonano ancora la musica che hanno amato da giovani, con in spalla l’ingombrante zaino del passato, ma coi piedini rivolti in avanti e ben saldi nel presente.

Prima ancora di scendere nel merito delle singole composizioni, di questo disco ho apprezzato il suono, molto presente, nitido e dettagliato eppure vero e credibile; una produzione asciutta e sobria. Adulta, direi.

La voce di Riccardo, a metà tra un Mille Petrozza ed un Alexi Laiho, viene lasciata nuda e cruda a berciare sola, brano dopo brano, senza l’aiuto di rinforzi, sottolineature, coloriture, tanto meno armonie vocali o velleità “sperimentali”, proponendosi come una pennellata monocromatica e sgarbata che attraversa il disco da cima a fondo come un colpo di motosega. Se ciò da un lato dimostra un’autenticità ed un’integrità ragguardevoli, dall’altro contribuisce a quel senso di mancanza che accompagna l’album, impedendogli di divenire veramente iconico e memorabile. Ciò che percepisco è forse proprio una mancanza di carisma, di capacità di affascinare, coinvolgere e trascinare nel proprio mondo. La stessa osservazione la potrei mutuare anche in relazione agli assoli di chitarra che, pur senza presentare difetti veri e propri, stentano ad emergere, rendersi iconici o almeno riconoscibili e (nei frangenti più melodici) cantabili. Peccato, perché in merito ai riff troviamo molta più cura nel cercare di dare carattere e riconoscibilità alle composizioni e soprattutto il lavoro di arrangiamento ritmico di Davide si dimostra spesso capace di caratterizzare le varie sezioni delle canzoni con pattern pertinenti e specifici, rinunciando a virtuosismi gratuiti e rendendo la batteria lo strumento più rappresentativo. Si sente che ha ascoltato Gene Hoglan, nell’uso di ride e charleston, ma è capace di centellinare le esplosioni pirotecniche e attenersi ad accompagnamenti più lineari quando il pezzo lo richiede.

Nel brano di apertura “Pit” possiamo gustare la sottile vena melodica del gruppo, che non è mai esplicita o paracula, ma sempre discreta, sotterranea ma presente, capace di tenere agganciato l’ascolto senza perdere il filo. Il tutto incapsulato in un riffing d’acciaio. Bellissima la ritmica spezzata delle strofe di “Black Hearts” e coraggiosa la scelta senza compromessi di lasciare un ritornello, potenzialmente stracciamutande, privo di qualsiasi orpello di abbellimento o maggiore digeribilità.

Più cafona “Bleeding Anymore”, che alterna passaggi tecnici a un ritornello più generoso nei confronti degli istinti rissaioli del pubblico. La filastrocca alla supercalifragilistighespiralidoso di “Buried Alive”, alternata al ponte melodico e al ritornello gridato, rende il pezzo immediatamente riconoscibile anche se è l’inciso rallentato centrale, con quella melodia arpeggiata che mi ricorda la sigla di qualche serie tv (ma quale?!?!) a catturare la mia attenzione. Una composizione non banale e davvero ben riuscita. Siamo lontani dai canoni del Thrash Metal, quello scritto col pilota automatico: qui si respira la consapevolezza di poter fare, con questi ingredienti di base, qualsiasi ricetta, ma anche la maturità per non eccedere nello “strano fine a se stesso”. A me sembra proprio che, dopo decenni di manipolazione del materiale Thrash, i ragazzi si sentano a proprio agio nel foggiarlo in qualsiasi forma, a seconda delle proprie esigenze, come farebbe qualsiasi artigiano di grande esperienza.

Stand Or Fall” ad esempio è sicuramente tra i miei brani preferiti e si rivela capace di fondere velocità, aggressività, ganci ritmici di grande presa e persino una divagazione reggaeton con grande scioltezza, senza alcuna forzatura.

Spigolosa e imprevedibile è “Faceless”, che scatta dall’hardcore ai Death al techno Thrash con un sapiente lavoro di cucitura batteristica, per un Firinu veramente protagonista!

Sarà che per le title track le aspettative sono sempre un po’ più alte rispetto alle altre canzoni, ma non ho trovato in “Forsaken” qualità superiori rispetto al resto; e non è necessariamente una cosa negativa. Forse è semplicemente una conferma dei pregi e difetti di quanto ascoltato finora: un brano nervoso e serrato, in cui sono forse più evidenti elementi derivativi a scapito di quella magia metallica che vorremmo ci rapisse, per lo meno nei ritornelli, nelle incursioni soliste, o in tutti quei momenti mozzafiato che, nelle nostri canzoni preferite, sappiamo perfettamente dove e quando aspettarci. 

Una sorta di traccia bonus è la versione “revisited” di “Scapegoat”, uscita come singolo (in verità un EP) qualche anno fa e, sinceramente, non molto distante dalla versione originale.

Forsaken” è un disco solido, ricco, che trasuda ore di lavoro in sala prove, pieno di passaggi ricercati, ingegnosi e a volte stuzzicanti, suonato da persone che amano quello che fanno e ci si rispecchiano. A mio avviso, se ruotassero un pochino quegli specchi verso il pubblico, coinvolgendolo in questa avventura e scrivendo con un occhio (orecchio?) di riguardo anche per lui, gli sforzi degli Irreverence potrebbero concretizzarsi finalmente in brani degni di diventare dei classici.

Marcello M

 

Tracklist:

  1. Pit
  2. Black Hearts
  3. Bleeding Anymore
  4. Buried Alive
  5. To Us to Blame
  6. Stand or Fall
  7. Faceless
  8. Forsaken
  9. Scapegoat (Revisited)
  • Anno: 2024
  • Genere: Thrash Death Metal
  • Etichetta: Chaos Entertainment

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