In pieno Ac/Dc style  questo “Thunderhood” un album del quale non si sentiva certamente la mancanza ma che quando inizia la prima traccia lo si deve ascoltare per intero fino in fondo come se fossimo attratti dalla benevolente confidenza del conosciuto, il ritornare a casa; questo esordio è dannatamente piacevole come ogni disco della band australiana, it’s only Rock and Roll, but I like it!

Il gruppo capitolino nasce a Roma nel 2017 con l’inizio classico cioè spaccando in lungo e largo sui palchi di tanti locali underground del nostro Belpaese, vanta innumerevoli collaborazioni artistiche ed aperture a nomi internazionali altisonanti, arriva quindi al debutto con queste undici canzoni che si susseguono l’una dopo l’altra senza far respirare l’ascoltatore.

Si inizia pertanto con l’opener, tirata al punto giusto, che funziona molto come incipit del full – length con un assolo nel mezzo della canzone che sembra un jingle di un programma per bambini tanto è melodioso.

Con “Turn It Up” se chiudiamo gli occhi vediamo in lontananza la sagoma di Jeff LaBar con la sue sei corde mentre attacca “Fallin’ Apart At The Seams“.

Granitica, possente, con un giro di basso semplice ma essenziale e funzionale, è la traccia numero tre con tanti cori di accompagnamento. Esempio che non è necessario suonare una mare di note affinché una song risulti diretta ed  ascoltabile.

Thunderhood” sintetizza lo spirito dei cinque romani ed evidenzia la loro cieca fedeltà al dio del Rock and Roll quello più romantico ed idealizzato, costruito sulla condivisone, sullo stare spalla a spalla, nell’unità e sulla forza generata da questa unione. Quasi commovente, come del resto l’incedere del pezzo con passaggi in tonalità minori.

Il titolo del quinto pezzo non lascia spazio a tanti dubbi, se c’è da picchiare i Sons Of Thunder non si tirano indietro, perché altrimenti… “Or We Get Angry” e poi ci ragionate voi con questi cinque elementi cresciuti a pane e vita on the road.

Mi sono dovuto documentare per capire il significato della traduzione del titolo del settimo pezzo: pare che sia un’espressione tipicamente romanesca indicante il mal funzionamento della vescica in età puberale che se abbinato ad un abbigliamento con pantaloni corti, si va incontro ad una sorta di raffigurazione tragicomica che fa apparire il bimbo nell’intento di orinare da un ginocchio. Ma il tempo passa ed i nostri si sono decisamente sviluppati anagraficamente. Di passaggio, ma non per questo meno coinvolgenti, risultano essere “No Fear, No Gear, No Gain” e “House Of Dogs“, i quali pezzi, accidenti, non fanno rimpiangere Bon Scott e soci.

Si arriva dunque al gran finale con la potente, aggressiva, sinonimo di tenacia, “Stronghead” e con “Echo Of Thunder” di kissiana memoria nel portamento del batterista. La sensazione è quella del già sentito è vero (e ci mancherebbe dato anche il genere), ma viene subito voglia di riavvolgere il nastro e ripartire da capo

Leonardo Tomei

Tracklist:

  1. Thunder Again
  2. Turn It Up
  3. We Sold Our Souls
  4. Thunderhood
  5. Louder
  6. Or We Get Angry
  7. I Don’t Piss From My Kness
  8. No Fear, No Pain, No Gain
  9. House Of Dogs
  10. Stronghead
  11. Echo Of Thunder
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Time To Kill Records
  • Genere: Hard Rock

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