Il terzo album dei catanesi Haunted vede un ulteriore rinnovo della formazione, le cui uniche certezze sono la cantante Cristina Chimirri e il bassista Frank Tudisco, alla guida della band dal 2015.
Forti di un buon apprezzamento all’interno della scena e di una narrazione evocativa, i quattro confermano le scelte stilistiche saldamente arroccate entro la cinta muraria di un doom Metal ossimoricamente “arioso”, dalle tinte stoner e leggermente acide, con un occasionale occhio di riguardo per le melodie dei ritornelli.
Chiariamo subito le cose: dal punto di vista delle “note suonate”, delle strutture, delle progressioni armoniche e degli arrangiamenti, è la solita roba pentatonicheggiante che abbiamo già ascoltato centinaia di volte e lo “sforzo creativo” sembra davvero ridotto al minimo. Tuttavia, anche all’interno di composizioni fedeli ai canoni, ciò che fa davvero la differenza è l’interpretazione, quella imprescindibile credibilità che o c’è o non c’è.
Qui c’è.
Così come c’è una frase, nella loro presentazione, che potrebbe essere la chiave interpretativa di quanto appena descritto: parlando in terza persona plurale di sé, ci dicono che “They didn’t want to create nothing – and so they just stared at it”. Nella mia interpretazione, come fossero dei medium, si sono lasciati “possedere” dal genere, lasciandolo fluire senza troppe interferenze, proponendosi come tramite umano per incarnare forme sonore archetipali.
Raccontandomela così, mi riesce più facile sorvolare sulla genericità del riffing, che sembra a volte appartenere agli episodi più stanchi e anonimi dei Candlemass recenti, o sulla ordinarietà degli accompagnamenti ritmici.
L’innegabile elemento di fascino del suono del gruppo, oltre alla bellissima produzione “live”, organica, oscura, grassa e densa, è la voce che, spessissimo armonizzata, dipinge melodie minimali che pian piano ti scivolano dentro e conferiscono alle composizioni identità e magnetismo.
Mi è dispiaciuto non avere avuto accesso ai testi, resi poco intelligibili anche dal modo di cantare ipnotico di Cristina, fatto spesso di note lunghe e stirate, dato che sembrano un aspetto curato e non secondario della proposta degli Haunted.
Gli assoli sono rari, brevi e ordinari, ma perfettamente in linea con l’atmosfera del disco.
“Catamorph” alterna strofe con arpeggi rarefatti ad addensamenti più melodici ma non particolarmente incisivi per poi reinventarsi a metà strada con un nuovo riff che stenta a far decollare il brano d’apertura, scelto anche per un videoclip. Ho apprezzato maggiormente le dinamiche più vivaci di “Garden Of Evil”, con le ricorrenti voci armonizzate, riverberate e delayate che spalmano attraente nutella su un pane un po’ raffermo. Mi è proprio piaciuta invece “Back To The Nest”, caratterizzata melodicamente anche nella strofa sia dalle voci sia dal solismo chitarristico alla Paradise Lost, verso un finale di malinconia molto ben gestito.
“Malevolent” sembra assemblata utilizzando riff erogati dal Distributore Automatico del Doom, dove infili la moneta da cinquecento lire e scende la pallina di plastica col riffino dentro.
Îl mio pezzo preferito è “Potsherds”, col suo bilanciamento vincente tra riff immediati, melodie efficaci e ritornellone, senza cedere di un passo sul versante dell’atmosfera. Persino il batterista Luca Strano sembra divertirsi di più nell’infilare tutte quelle rullate nella canzone!
Anche la title track, emblematicamente, è costituita da materiale piuttosto consueto, ma a differenza di altri episodi è priva di picchi o ganci di immediata presa. A mio avviso si gioca i momenti migliori nei fraseggi di chitarra (con quella nota deliziosamente “fuori posto”) di Kim Crowley.
Anche in questo caso il brano più lungo è anche quello che chiude il disco e “Waratah Blossom”, il fiore australiano che si dice sia in grado di dare la forza e il coraggio necessari a superare momenti difficili, ci mette alla prova con otto minuti di marcia nel pantano coronata da un claustrofobico finale rallentato condito con grida.
Un disco di repertorio, ma dall’atmosfera ammaliante e credibile.
Tracklist:
- Intro
- Catamorph
- Garden Of Evil
- Back To The Nest
- Malevolent
- Potsherds
- Fall Of The Seven Veils
- Stare AT Nothing
- Waratah Blossom
- Anno: 2024
- Genere: Doom Metal
- Etichetta: Ripple Music
Links: