Cosa siamo noi se non ombre di qualcos’altro, ombre che un domani torneremo ad essere? Erroneamente pensiamo, o ci illudiamo, che tutto quanto graviti intorno alla figa e invece, come tutti più o meno hanno già realizzato o realizzeranno nel corso della loro esistenza, tutto gira intorno alla morte, che rifuggiamo o corteggiamo a seconda del momento e del sentimento: è quell’ultimo scalino lì, che saliamo o scendiamo, che mette in prospettiva – o dovrebbe farlo – tutto quello che ci anima e che facciamo nel corso della nostra esistenza. E allora la vita cos’è se non un circo di anime perse (o in procinto di perdersi) e noi siamo saltimbanchi che si barcamenano a stare in equilibrio su quel filo un po’ troppo corto e labile? Oppure, per dirla come i nostri Ignis Absconditus, non siamo altro che cavalli dorati di un futuro morente (‘Golden Horses Of A Dying Future‘ – ma vi rendete conto che titolo pazzesco per un disco??): un vortice di sogni ed errori, speranze e rimorsi, melassa e baraonda, bontà e banalità aggrovigliati in quella matassa che neanche per sbaglio si riesce mai a sbrogliare per capirci qualcosa.

L’eros e il thanatos sono entrambi varchi verso qualcosa che pensiamo di conoscere, rimanendo atterriti, disorientati di fronte sia all’uno, più o meno, che all’altro; continuamente ci chiediamo che cosa ci sarà al di là, temendo tutti che la risposta sia: niente. E’ dunque tutta una questione di aspettative? Quello che facciamo è un modo per esorcizzare la paura dell’ignoto? Può l’alchimia consolarci grazie all’imperscrutabilità, non di dio, ma, come ci vogliono suggerire i nostri, del fuoco?

Il sound che gli Ignis Absconditus ci regalano è capace di attualizzare una musica che pensavamo ormai relegata al passato più prossimo, un dark metal che ha gli artigli ben piantati nel post punk, nella new wave e nel gothic degli anni ottanta, che però fa emergere anche delle radici più profonde che vanno direttamente al suono del rock oscuro degli anni 70 e a quel progressive rock italiano che rinverdisce i fasti degli Jacula, per esempio.

Suoni aspri che ben si adattano alla voce particolarissima della cantante e che vanno a creare melodie assurde – nel senso positivo del termine ovviamente – che purtroppo al giorno d’oggi si riesce ad ascoltare sempre meno frequentemente. La voce di Noctuaria è una perla nera, profonda, teatrale e totalmente ammaliante: un Iggy Pop, un Peter Murphy virati al femminile misti a Grace Jones e Siouxie dei Siouxie and The Banshees, tanto per farvi un’idea.

La dinamica dei pezzi è pazzesca, con quel hi-hat raddoppiato che spesso spunta nelle tracce e si pianta lì in mezzo alle orecchie e, a braccetto con melodie solo all’apparenza dissonanti, crea una tessitura armonica che ti avvolge e ti ammalia, che ti porta via come il pifferaio di Hamelin della favola, e non ritorni più.

Durante l’ascolto di questo disco si è fatta strada in me un’idea che, una volta esplicitata, non mi ha più abbandonato: cosa sarebbe successo se, ad un certo punto della loro carriera i Blondie di Debbie Harry, Chris Stein e Clem Burke si fossero fatti ammaliare dall’oscurità musicale dei Bauhaus? La risposta è davanti alle vostre orecchie: sarebbero venuti fuori gli Ignis Absconditus! Voglio precisare che questo paragone è fatto nel massimo rispetto e in termini assolutamente positivi per la band: se pensate agli I.A. come ad una versione oscura (alchemica) dei Blondie, senza togliere nulla all’originalità e al valore artistico dei nostri, vi si aprirà un mondo che ve li farà apprezzare ancora di più. Detto ciò ribadisco che questo “Golden Horses…” risulta di una compattezza stilistica impressionante e una personalità marcatissima.

Menzione d’onore va alla copertina, opera dell’artista inglese James Hutton, che seguo da qualche anno su Instagram (stitching_a_laugh_to_darkness, andatevelo a cercare lì perché merita), che ha uno stile riconoscibilissimo che personalmente adoro e che rende graficamente in modo perfetto la poetica del gruppo.

Si potrebbe riassumere tutto il disco come una lunga invocazione all’ignoto, una nenia sfacciata e seducente che vi condurrà verso gli abissi della follia grazie al carisma espresso dalla cantante in primis, ma anche da tutta la band, che non sbaglia un colpo: musica fatta per stupire, ma anche per farvi riflettere e capire che il perturbante, come in un film di David Lynch è sempre lì dietro l’angolo, che vi osserva, pronto a sbucare fuori all’improvviso per spaventarvi a morte.

Cristian Angelini

Tracklist:

  1. Shadows
  2. Mr. Smith
  3. Wolfheart
  4. Lucid Madness
  5. Mental Roulette
  6. Carousel Of The Departed
  7. Seagull’s Laughter
  8. Weight Of Knowledge
  9. Whispering
  10. Chasm Of Deceit
  • Anno: 2023
  • Etichetta: My Kingdom Music
  • Genere: Post Dark Metal

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