I Morcolac arrivano con questo ep di sei tracce, preludio ad un imminente ritorno sulla lunga distanza, alla loro terza fatica. Dalle informazioni del presskit, gioia e dannazione dei recensori, presumo che il progetto si regga sulle spalle dell’unico SadoMaster, che ambisce a recuperare il black metal di stampo nordico dei tardi anni 90, di stampo finnico e sinfonico. Ci vengono promesse tetre atmosfe di black sinfonico coniugate all’aggressiva malignità del black metal old-school. Ma è senz’altro la definizione di “Vampiric Black Metal”, entro quale SadoMaster inscrive la propria proposta musicale, che fa correre la mia immaginazione verso determinate coordinate stilistiche.

L’estesa intro inziale “Witchblessed Nightwaltz”, con la sua sezione iniziale di synth modellato su sonorità da clavicembalo, su cui si staglia un tema di archi, sembra confermare questa mia previsione. Ma subito si disvela l’altra anima dei Morcolac, quando al tema di vaga ispirazione “Cradle Of Filth” subentra una sezione dal sapore tardomedievale caratterizzato da una solenne, ma solare epicità. Il sapore è quello del tema di una certa serie televisiva che si occupa di troni fatti di lame taglienti.

“Memorialmoon Narrates the Morbose” ci regala un cospicuo compendio delle caratteristiche del black metal proposto dai Morcolac, con un songwriting giocato sull’alternanza di sezioni in blast a sorreggere uno strumming caratterizzato da un giro di accordi che disegnano una linea melodica incalzante e sezioni in s-beat che riprendono la linea melodica sviluppandola in un tema a note rinforzato dai sinth che poi subentrano al comando, tessendo prima la linea melodica con un suono da organetto e poi tessendo un tema ricorsivo di voci femminili molto intrigante che viene commentato dalle chitarre con una ritmica spezzata e sospesa per poi lanciarsi in un alternate picking rabbioso su un tappeto in blast. Ripresa la sezione iniziale, che incarna qui il ruolo di strofa/ritornello, la conclusione del brano è affidata ad una chitarra solista che disegna, riassume e reinterpreta il tema principale, andando in fade out.

In “Dungeon Dustears” il dialogo tra sinth e chitarre diventa più simbiotico. In apertura un tema di archi dal sapore pagano viene ripreso dalle chitarre e poi sviluppato e distillato armonicamente, attraverso le diverse sezioni, prima in forma di accordi poi in forma di lick solista in tremolo picking. Andando a costruire, con un drumming improntato al mid-tempo e giochi di sospensione sui tom, una sorta di ballata black-metal. La composizione si svolge con un efficace gioco di pieni e vuoti, di addensamenti e rarefazioni pur mantenendo una coerenza armonica-melodica solida regalando un ascolto sognante e ispirato.

Con l’incipit di “Wormchalice Of The Dirtiest Church“ si ritrova quel sapore di gotico-vampirico di cui sono maestri gli albionici citati in apertura: un lick di chitarra di impronta NWOBHM sostenuto da un tappeto di organo crea una atmosfera maligna che sublima, per contrapposizione, in un’atmosfera più aperta e serena che mi ha rammentato certe soluzioni dei “Fields Of The Nephelim”. Il tema iniziale torna ad infondere malignità, con la chitarra che lavora di concerto con la voce che associa lo scream gelido ad un recitato maschile baritonale. Il songwriting si ribadisce nel proprio gioco di rielaborazione di due temi contrapposti e fondativi, reinterpretandoli sia nello stile chitarristico che nell’assegnazione alternativa dei temi portanti ai sinth, generando un piacevole “flusso di coscienza”. Si disvela la matrice compositiva dei Morcolac: ogni canzone sembra costruita sul dialogo di due temi che, si avviluppano evolvendosi l’uno nell’altro.

“The Chant of Barbarian Wolves”, cover dei “Satanic Warmaster”, offre una più ampia sezione di sinth e delle parti più aggressive e serrate ma mantiene lo schema di “addensamento e rarefazione” della matrice Morcoloc e la propensione a costruire sezioni ariose che offrono all’ottimo scream di SadoMaster un tappeto su cui dispiegare tutta la propria narrativa epicità. Molto bella la chiusura affidata ai sinth che su un tappeto di doppia cassa eseguono dei lick solistici per approdare al tema portante affidato all’inizio della composizione agli accordi di chitarra.

Chiude il Lavoro “…And In The End We Only Saw The Shameful Rays“ che affida ai sinth il gioco “evoluzione su due stanze”, una di matrice prog settantiano prima, su un tappeto di voci maschili punteggiate si leva un tema di organo che è inusuale crossover tra cadenze medievaleggianti e il solo di organo di “Impressioni di Settembre” della “PFM”, seguita da uno struggente duetto di piano e archi.

In conclusione, nonostante la suggestione iniziale datami dalla definizione “vampiric black metal” sia stata solo in parte soddisfatta, ho trovato questo lavoro dei Morcolac decisamente ispirato nella sua efficace semplicità e immediatezza, generate dalla capacità di tessere linee melodiche ed armoniche efficaci e dannatamente catchy, il tutto reso interessante dal gioco di re-interpretazioni dei temi portanti e dalla loro mutevole assegnazione alle anime sonore: le chitarre ultrazanzarose da una parte e i diversi suoni di sinth dall’altra.
Devo spendere una parola sulla produzione che, se pur sia chiaro che voglia ancorarsi ed omaggiare il black metal old school, mi è risultata poco organica per la distinta e marcata differenza tra il sound dell’arsenale elettrico e quello dei sinth. Vista l’impronta data al riffing di chitarra e alle sue interazioni con i sinth (si veda la sezione con ritmiche spezzate e voci femminili in “Memorialmoon Narrates the Morbose” che risulta molto efficace proprio perché il fuzz delle chitarre risulta meno invadente) credo che una produzione meno “low-fi” delle chitarre gioverebbe all’amalgama sonoro.
Diversamente, se si vuole perseguire la “via oscura”, bisognerebbe trarre vantaggio dall’esperienza dei nostrani “Black Hekate” che lavorano i sinth in maniera più “sporca”.
E, a proposito di via oscura, se sicuramente le parti vocali sono graziate da uno scream gelido ed efficacissimo, i temi strumentali sviluppati sono più pervasi di epica malinconia che di malignità. Non lo dico per denigrare, ma per invitare i Morcolac a distaccarsi dai propri modelli ispiratori e ad abbracciare la propria natura musicale che è più ampia e ariosa del panorama cui vogliono riferirsi.
E la cover che hanno fatto dei “Satanic Warmaster” ne è ampia dimostrazione.

Samaang Ruinees

 

Tracklist:

  1. Witchblessed Nightwaltz
  2. Memorialmoon Narrates the Morbose
  3. Dungeon Dustears
  4. Wormchalice Of The Dirtiest Church
  5. The Chant of Barbarian Wolves (Satanic Warmaster Cover)
  6. …And In The End We Only Saw The Shameful Rays
  • Anno: 2024
  • Genere: Vampiric Black metal
  • Etichetta: Dusktone Records

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Autore

  • classe 1970, dopo aver fatto studi musicali classici scopro a 15 anni il metal. a 17 anni il mio primo progetto (incubo - thrashgrind), poi evolutosi in thrash tecnico con gli insania (1989-1997) e infine in death-thrash con insania.11 (2008-attivo). prediligo negli ascolti death e black ma ho avuto trascorsi felici con la dark wave e l'industrial. appassionato di film e narrativa horror, ho all'attivo un romanzo pubblicato e la partecipazione con dei racconti ad un paio di antologie.

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