In attesa del nuovo album, i Sonum ripropongono la versione in vinile (anche colorato) del loro primo album completo, uscito solo un paio di anni fa.

Il suono scelto da questo quintetto è una forma di Death Metal da loro stessi definita “dissonante”, per via del massiccio utilizzo di tutti i classici intervalli “stridenti” (rispetto alla musica tonale che va per la maggiore) in accordi, arpeggi, fraseggi e tappeti armonici. Dissonante sì, ma mai ostico, impenetrabile o fastidioso. Ben lontani dai frenetici tecnicismi disorientanti, questi ottimi musicisti sembrano invece prenderci per la manina, accompagnandoci in una visita guidata al museo apocalittico delle loro stramberie ritmiche e melodiche, tutte al sicuro dietro una teca di vetro. I temi vengono esposti in maniera chiara, ripetuti e giocati in gustose variazioni in cui tutti si rendono protagonisti: le chitarre che si spartiscono la stereofonia con arrangiamenti complementari, il basso che spesso si fa portavoce degli elementi melodici, una batteria irrequieta e ricca di spunti e un growl vecchia scuola, quasi datato, nella sua capacità di evocare dischi che ascoltavo da ragazzino.

L’impatto dei Sonum, nonostante il piglio aggressivo, rimane caratterizzato da una certa morbidezza sonora, una pacata consapevolezza, anche quando i tempi si fanno più frenetici. Frequentissimi, all’interno del disco, i passaggi in cui la band è “ferma”, indugiante nella costruzione di ambienti, quasi sonorizzazioni cinematografiche o comunque trame dilatate, in cui lo scorrere del brano finisce per impantanarsi in un continuo alternarsi di brevi corse e lunghe pause di riflessione.

L’inizio del disco è affidato a sample orchestrali, utilizzati per costruire una tensione inquietante un po’ vintage ma efficace, per poi lasciarsi ad un Death Metal tipicamente europeo e molto più melodico e orecchiabile di quanto possiate pensare, dal clima dark e minaccioso, ma non spaventoso.

Nel ritornello di “Come Back From The Pyre“ ci sorprendono esplorazioni con voce pulita declamante e lamentosa, sulla scia del pionieristico Death Metal atmosferico inglese di inizio anni novanta, per un effetto nostalgia veramente completo, aiutato anche dal timbro squisitamente naturale della batteria.

Le canzoni sono lunghe (praticamente tutte oltre i sei minuti) e dalla struttura amorfa, frammentata, decentrata, in cui sembra sempre stia per succedere qualcosa, ma non si arriva quasi mai ad un vero apice emotivo capace di rendere memorabile il brano.

Sono presenti anche due intermezzi strumentali, di sintetizzatori e chitarre acustiche, che dilatano la sensazione di porosità del disco, che sembra avere un carattere spongiforme, pieno di aria tra gli intricati snodi strutturali.

Si segnala una presenza decisamente abbondante di campane, all’interno di ”Visceral Void Entropy”.

Non mancano momenti in cui l’interesse viene catturato, come il ritmo reggaeton su “Feel Them Breathe”, brano all’interno del quale troviamo anche una piacevolissima chitarra solista che ha molta voglia di parlare con noi, ma l’avanzare del disco si caratterizza per una sterile serie di coiti interrotti: tanto impegno, ma si gode poco.

Come su “Iconoclast”, coi suoi arpeggi irrisolti, i ritmi di batteria sempre interessanti, il riffing che oscilla tra una canonicità che ricorda i primissimi Death e una ricerca del diverso a tutti i costi, passando addirittura per fraseggi melodici. Ma il brano si ferma sempre, c’è una lunga sezione centrale dominata dal basso, cui segue un pianofortino ambient acid jazz prima di tornare ad essere un gruppo Death Metal a tutti gli effetti, in una successione di componenti talmente eterogenei e arbitrari da lasciare più perplessi che coinvolti, nonostante l’indubbia qualità degli ingredienti e delle materie prime.

Mi ha colpito positivamente il ricco assolo centrale di basso in “I Am Destruction”, altro brano-groviera.

L’attacco squisitamente old school di “New Omega” mi ha fatto sperare in una canzone che concedesse un godimento un po’ più primordiale all’ascoltatore, ma si tramuta presto nel consueto intrigo di fraseggi obliqui, pause dilatate, sospensioni e ripartenze, lasciandoci in bocca lo stesso sapore. E l’album si chiude senza che nemmeno ce ne siamo accorti.

Un disco complesso, variegato e strutturato, ma di facile beva.

Marcello M

 

Tracklist:

  1. The Poison We Create
  2. Come Back From The Pyre
  3. The Call
  4. Fell Them Breathe
  5. Iconoclast
  6. Bury My Body Here
  7. I Am Destruction
  8. Desolation
  9. New Omega
  • Anno: 2022
  • Etichetta: Dusktone Records
  • Genere: dissonant Death Metal

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