Trovare un comodo parcheggio in una nicchia musicale già scavata da altri potrebbe sembrare una scelta creativamente paracula (e, in effetti, lo è…) eppure i nostri Reaping Flesh, nel loro Death Metal canonicamente old school, riescono a infondere quel tanto di identità necessario e sufficiente a rendere questo EP (uscito l’anno scorso ed ora disponibile in vinile colorato) un ascolto piuttosto godibile.

Sicuramente uno degli elementi chiave di questo risultato è l’utilizzo della melodia; non parlo di fraseggi maideniani e neppure di ritornelli alla 883, ma di quel sottile gusto nell’infilare qualche nota giusta al posto giusto, capace di trasmettere un’atmosfera in modo immediatamente fruibile anche all’ascolto più superficiale. Già, perché diciamocelo: a noi, perfino i riff Death Metal, piace poterli cantare! E con Autopsy e Obituary, per fare due esempi a caso, è sempre stato facile farlo. Facile e bello. Non dimentichiamo il piacere che sta all’origine del suonare/ascoltare musica pesante: ok i testi oscuri, pessimismo, morte e distruzione, ma c’è una componente di soddisfazione, addirittura di gioia, nel macinare quei riffoni grassi e tetri, fare tupa tupa e vomitare growl dal profondo. Ecco, io un pochino di questo genuino godimento, in “Abyss of Existence”, lo percepisco; così me lo faccio bastare e mi lascio travolgere, dopo una breve intro atmosferica, da una “Elements Of Life” che sciorina uno dietro l’altro tutti gli standard che ci possiamo aspettare, incluse parti sparate, cambi di tempo, passaggio chugga chugga, l’apertura melodica sull’assolo, la ripartenza da riff di sola chitarra e un growl viscerale, profondo e potente.

Ognuno dei brani successivi ha quel tanto che basta a farvi sorridere e fare su e giù con la testa, grazie a un buon lavoro di scrittura e assemblaggio e a un’esecuzione coinvolgente e verace, in una ipotetica terra di mezzo tra la Florida e la Svezia. Il problema è che, ad un certo punto, ci rendiamo conto che questo è un entusiasmo di seconda mano, che risveglia in noi memorie primordiali e adolescenziali. E ci fa solo tornare la voglia di risalire alle radici e riascoltare direttamente gli originali.

Il suono del disco è coerente con le premesse stilistiche, ma non spudoratamente imitativo e rende credibile il revival senza fingere che non siano passati più di trent’anni.

Tornando alle considerazioni sulla melodia come veicolo di riconoscibilità, segnalo che le tracce che maggiormente mi sono rimaste impresse sono proprio la basilare introduzione arpeggiata e la cadenzata ed epica conclusiva “Fear Without Shape”, che sfuma sulle accattivanti armonizzazioni del tema.

Certo, ci si chiederà: “Abbiamo veramente bisogno di una band del genere?”

A volte sì.

Marcello M

 

Tracklist:

  1. Garden of Grief 
  2. Elements of Life
  3. Lies of Existence
  4. Self Incarnation
  5. Pit of Eternity 
  6. Fear Without Shape 
  • Anno: 2023
  • Etichetta: Dusktone
  • Genere: old school Death Metal

Links:

Facebook

Instagram

Spotify

Autore