In attività dal 2002 con all’attivo nove album e una manciata di EP, split e demo, i Lilyum sono radicalmente ancorati ai principi del black metal tanto da non aver mai portato live la loro proposta. Eppure, la fiamma brutale che agita le loro composizioni non è certo doma e, probabilmente con il contributo del nuovo drummer Summum Algor (già con gli Adversam) che si affianca a Kosmos Reversum (chitarre ritmiche e soliste) e Lord Jutun (basso, voce, chitarre) , si presentano con un nuovo lavoro in cui le coordinate stilistiche si impreziosiscono di un deciso contributo death old school. Oserei azzardare che l’approccio batteristico, al netto dell’utilizzo di blast beat furibondi (ma non troppo), poggia le proprie strutture su basi thrash metal/proto death, lasciando al contributo delle vocals e ad un senso di oscura spietatezza generale un retrogusto marcatamente black metal. L’utilizzo dei sinth, piuttosto misurato ma efficace, regala ulteriore stratificazione alla proposta, conferendo atmosfere che vanno dall’occult metal ottantiano al drone ambient, all’industrial, ad atmosfere space.
La produzione che occhieggia marcatamente ad un approccio low fi, con marcata eccezione delle drums che sono piuttosto in risalto e definite da un uso non eccessivo ma evidente della compressione (un rullante così “in face” lo ricordo in “Pretorians” dei Naer Mataron).

Dawning Sedition” ci introduce al nuovo lavoro dei Lilyum con un breve quanto efficace sviluppo di temi di sinth lasciando subito il testimone a “Noetic Negative” che apre le ostilità travolgendoci con una composizione che inanella una manciata di riff improntati al death old School intessuti ad un feroce blast beat che procede senza esitazioni a pieni giri lungo tutto lo sviluppo, al netto di un breve rallentamento in mid tempo, commentato delle chitarre con un riffing in palm muting di scuola Cannibal Corpse, e di uno stacco drammatico in cui il drummimg tributa gli Slayer colpendo con solenne e rarefatta efficacia i timpani mentre le chitarre disegnano il più classico giro death a note in alternate picking. Anche se dal punto di vista del riffing chitarristico sembra prevalere un’impronta death metal, il dna black trasuda abbondantemente dalle linee vocali e dall’approccio “dritto al punto” del drummimg (che comunque lavora di fino sulla campana del ride aggacciandosi alla linea delle chitarre). Si fa notare l’arrangiamento ad accordi in strumming del riff principale a sposare stilisticamente l’ingresso delle vocals. Nonostante un approccio molto dritto e brutale, i Lilyum cesellano alcuni dettagli che conferiscono maggiore tridimensionalità al brano, da un lato lo sviluppo in sinth retro-scify, dall’altro l’incursione “solista” che trasfigura in un tema industrial i solismi schizzati degli Slayer di “Reign in Blood“.

Boneseeker” muta leggermente registro aggredendo frontalmente l’ascoltatore con un riffing dal sapore più marcatamente black, impostato su una melodia minimalista (un giro di due accordi) quanto evocativa. Giro che verrà ripreso e sviluppato con il supporto dei sinth in una sezione centrale che regala un breve attimo di riflessione in una struttura compositiva abrasiva e secca che combina all’intrecciarsi nel riffing di canoni black e death riffing, un cantato che rimanda a certo thrash teutonico. Tornano le suggestioni industrial affidate alla chitarra “solista” che genera dei droni sospesi in melodie essenziali. Il drumming si mantiene serrato, alternandosi tra skank-beat rapidissimi e blast beat incessanti.

Mock The Traitor” si impone come una sfuriata up tempo dal sapore death metal old School. La vena black sembra farsi da parte anche a livello delle linee vocali, qui decisamente ispirate ad Araya nelle metriche e, in qualche misura, anche a livello timbrico, tanto da lasciar spazio ai classici acuti in clean del frontman degli Slayer. Non mancano degli inasprimenti in scream ed in growl e delle accelerazioni in blast ma senza dubbio si impone il recupero di sonorità e attitudine della primissima ondata proto-death generatasi come costola del thrash metal. Tornano anche qui dei “droni” dal sapore industrial, sembra quasi di sentire i Godflesh, affidati a note apocalittiche generate dalle soliste.

Sermon Of The Sword” riprende in misura leggermente più consistente l’utilizzo dei sinth per dare vita ad una sezione iniziale che muove da temi carpenteriani, passando da atmosfere epico-sinfoniche a la Septic Flesh e approdando ad un industrial metal che rammenta l’attitudine di Marylin Manson, sezione ulteriormente riletta in chiave black’n’roll. Ad un inizio così articolato risponde un assalto all’arma bianca in cui istanze black e death si inanellano in un riffing serrato e in un drumming che articola con efficacia rapidissimi skank beat, blast e robusti tappeti di doppia cassa. A differenza delle tracce precedenti, qui i Lilyum trovano il punto di incontro del loro bagaglio di suggestioni ed influenze, tra loro anche piuttosto divergenti, riuscendo non solo a farle convivere evitando l’effetto patchwork, ma compenetrandola una nell’altra. Il filo conduttore e cemento di questa composizione è senz’altro il senso di urgenza e brutalità che, anche grazie all’approccio delle vocals, torna ad omaggiare il death-thrash di fine anni 80 riuscendo a mantenere un (apparentemente) impossibile bilanciamento con le sezioni più sperimentali in cui le chitarre in combinazione con i sinth tratteggiano sospensioni epiche dal sapore a tratti industrial ricordando certe soluzioni dei Cattle Decapitation pur se declinate su partiture dalla riconoscibile matrice black. “

The Unclean One” ribadisce tanto l’approccio old School, esaltato in particolare dalla metrica e dal sound delle vocals ma ampiamente sostenuto dall’articolarsi delle partiture strumentali sottostanti, quanto la ricerca di “aperture” in bilico tra ambient e industriale affidate al lavoro coordinato di sinth e chitarre. Di sicura efficacia l’innesco della sezione centrale che, per predisporre l’apertura ad un tema melodico psich-space, sembra citare i Bathory di “Under The Sign of…”. A questo punto della tracklist l’anima (nera) di questo lavoro ha trovato la propria strada e compiutezza in termini di riconoscibilità e coerenza compositiva.

Wither Oblivion Crawls” mantiene il songwriting entro i binari definiti con le tracce precedenti, ampliando notevolmente il contributo di un riffing di marca più strettamente black metal, tanto nella costruzione di linee melodiche oscure e oniriche, quanto nella tecnica esecutiva. A contrapporsi ad una sezione ritmica sempre veloce e incalzante troviamo il progressivo dilatarsi delle linee di chitarra, in questo affiancate e supportate dai sinth, fino a trasfigurarsi in un drone ambient regalando all’ascoltatore una sorta di “espansione percettiva”. Una sorta di passaggio di stato marcato dal breve riff di chiusura. Le vocals qui sembrano evocare i fasti dei Necrodeath di “Into The Macabre”.

In “Bonded Beyond Blood” la sezione strumentale sviluppa l’ormai consolidata convivenza di partiture death e black, tessendo delle melodie oscure supportate da un drumming che articola e asseconda i cambi di riff, sempre improntato ad una velocità elevata ma non parossistica. Da notare l’introduzione di un blast beat terzinato che assicura un senso di maggiore dinamicità e viene ripreso dalle parti in doppia cassa. In questa traccia l’assalto brutale è articolato da due sezioni mid tempo dove il classico accompagnamento marziale è punteggiato da interventi di doppia cassa, che sfocia dapprima in una sezione sospesa sostenuta dalla cassa terzinata (a riprendere il tiro del blast beat) e verso il finale in una sezione rarefatta che contempla l’utilizzo di parti recitate in clean.

In “He Walks Behind My Shadow” si impone all’attenzione l’utilizzo della doppia voce, una impostata su un registro basso recitato doppiata da uno scream piuttosto acido. In questa traccia il ruolo trainante delle vocals trova forse il proprio apice, con una metrica che si appoggia con particolare efficacia su una sezione strumentale che alterna un solido mid tempo, che ricorda per autorevolezza tanto i Bathory quanto i primi Samael, alle consuete accelerazioni qui graziate da un indovinatissimo e incalzante tema portante a note che viene reinterpretato su diversi registri, grave in alternate picking death old School e con il classico tremolo picking black metal.

Un lavoro, questo dei Lilyum che, pur allontanandosi dall’ortodossia black metal e avvicinandosi di più ad una forma primordiale e seminale di death metal, non perde un’oncia di oscura malignità, guadagnandone in aggressività. Alla veloce brutalità imposta dalle linee di batteria si sposano con efficacia un riffing sempre improntato a tessere trame oscure ee maligne che riescono a “maturare” in atmosfere cangianti ed evocative grazie all’innesto di sezioni di sinth e all’utilizzo “atmosferico” delle chitarre soliste che generano sovente un mood glaciale e industrial. Sugli scudi le linee vocali che guidano con autorevolezza la narrazione grazie alla scelta di metriche indovinate e una grande espressività.

Samaang Ruinees

Tracklist:

  1. Dawning Sedition
  2. Noetic Negative
  3. Boneseeker
  4. Mock The Traitor
  5. Sermon Of The Sword
  6. The Unclean One
  7. Whither Oblivion Crawls
  8. Bonded Beyond Blood
  9. He walks Behind My Shadow
  • Anno: 2023
  • Etichetta: Broken Bones Promotion, in co-produzione con Join This Order e Ghost Record Label
  • Genere: Black Metal/ Death Metal

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Autore

  • classe 1970, dopo aver fatto studi musicali classici scopro a 15 anni il metal. a 17 anni il mio primo progetto (incubo - thrashgrind), poi evolutosi in thrash tecnico con gli insania (1989-1997) e infine in death-thrash con insania.11 (2008-attivo). prediligo negli ascolti death e black ma ho avuto trascorsi felici con la dark wave e l'industrial. appassionato di film e narrativa horror, ho all'attivo un romanzo pubblicato e la partecipazione con dei racconti ad un paio di antologie.

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