Tra tutti i sottogeneri dell’universo metal, quello che nel corso del tempo si è maggiormente evoluto e aperto a numerose contaminazioni non solo strettamente musicali, ma anche culturali, legate alle tradizioni e ai costumi di determinate aree geografiche, è il Black Metal. Il genere più popolare nel sottobosco dell’underground mondiale anche in Italia gode di ottima salute, sia per la quantità ma soprattutto per la qualità delle uscite discografiche. E come nel nord Europa le foreste, la neve e la nebbia fanno da sfondo funzionale alle atmosfere glaciali ma anche romantiche della scena scandinava, in Italia il folklore delle montagne e delle valli rappresenta un fertile terreno per raccontare leggende e storie.
Gli Skalf provengono da Bergamo e sono composti da Tiziano Valente e Filippo Magri, già membri degli ‘Umbra Noctis‘; il progetto musicale ruota intorno al centenario di una tragedia dimenticata dei loro luoghi di origine, il crollo della diga del Gleno che nel dicembre del 1923 fece più di 300 morti e devastò gran parte di cinque villaggi della Val di Scalve, in dialetto Àl de Scàlf, da cui il nome del gruppo.
Il concept è stato patrocinato dalla Commissione per il Centenario del Disastro (Gleno 1923-2023) e vede la collaborazione di vari ospiti, tra cui Abibial degli ‘Imago Mortis‘, Daniele Valseriati dei ‘Tragodia‘ e ‘The Scars in Pneuma‘, Simone Grazioli degli ‘Hell Spet‘.
Le canzoni, intitolate come i villaggi coinvolti dalla tragedia, sono cantate in dialetto bresciano e raccontano l’annientamento provocato dalla furia dell’acqua attraverso le voci delle vittime. La tragedia era stata ampiamente prevista dato che durante la costruzione della diga, a cui partecipavano tanti abitanti della valle, erano già evidenti i difetti di progettazione oltre all’inopportuno uso di materiali di costruzione non adatti allo scopo. Il numero dei morti sarebbe potuto essere maggiore se già da tempo molti residenti non si fossero trasferiti lontano dalla valle.
Sullo sfondo di questi temi gli Skalf utilizzano il Black Metal come forma espressiva, lo strumento perfetto per dar voce alle vittime dell’avarizia e della bassezza umana. ‘E un Black poliedrico, talvolta progressive, molto più melodico e lirico di quanto appaia ad un primo ascolto; i riff si sovrappongono e le canzoni si sviluppano sempre in maniera differente, con una grande qualità dei solo di chitarra; c’è un retrogusto puramente Heavy Metal, che non mi dispiace, in molti momenti del disco.
‘Bueggio’, in apertura dell’EP, è la migliore espressione della musica degli Skalf, con una lunga parte centrale dove il tema musicale si rinnova costantemente. Le voci sono straziate e strazianti, interpreti del dolore, della paura e dell’angoscia delle vittime.
Di contro la costante ricerca di variazioni talvolta crea momenti sin troppo semplicistici, come se lo sviluppo degli arrangiamenti non si fosse concluso. Quali ne siano i motivi canzoni come ‘Angolo’ o ‘Mazzunno’ sarebbero risultate migliori nella loro realizzazione, pur mantenendo le positive caratteristiche della musica di Tiziano Valente e Filippo Magri.
La produzione è volutamente vintage ed aumenta il senso di oppressione e di agonia, bellissima la copertina in bianco-nero.
In attesa di una prova sulla lunga distanza ‘Vallis Decia’ merita l’ascolto per la sua valenza non solo musicale.
Filippo Marroni
Tracklist:
- Bueggio
- Dezzo
- Angolo
- Mazzunno
- Corna Di Darfo
- Belviso, Dove Nasce Il Gleno
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- Anno: 2023
- Etichetta: Drakkar Production
- Genere: Melodic Black Metal