Era ormai mezzanotte quando mi sono reso conto che l’indomani avrei dovuto portare l’auto dal meccanico per la revisione delle bombole del metano e… non avevo ancora completato il necessario svuotamento del serbatoio! E così, giacca sul pigiama e crocs ai piedi, approfitto dell’occasione per mettere su questo nuovo disco da recensire, che è stato la colonna sonora di un viaggio solitario in una primaverile notte di campagna, durante il quale ho incrociato più gatti e rospi che auto. Il suono morbido e rassicurante de Il Cerchio D’Oro esprime tutta la confortevole e nostalgica prevedibilità di quello che scherzosamente definiamo “regressive rock”, ma lo fa con tanta generosità nei confronti dell’ascoltatore, regalandoci temi e melodie degni dei nomi che hanno reso grande il prog italiano negli anni settanta. Se infatti tutto in “Pangea e le Tre Lune” concorre a ricostruire un immaginario fin troppo codificato e definito, va anche riconosciuto che finché il risultato sono buone canzoni, si può pure chiudere un occhio, anche in virtù del fatto che loro, a metà anni settanta, c’erano già… Il gruppo dei fratelli Terribile (Gino alla batteria e Giuseppe al basso) non ha mai smesso, pur con varie incarnazioni, di fare musica in maniera professionale, arrivando come molti colleghi a trovare una nuova giovinezza artistica proprio nelle ultime due decadi, pubblicando dischi con una certa regolarità, grazie al prezioso contributo della Black Widow Records. Come dicevo, sono tanti gli elementi che ci riportano indietro nel tempo: la bella copertina dipinta a mano, la strumentazione vintage, la deliziosa produzione che lascia respirare i suoni, gli ospiti (tutte vecchie glorie), le lunghe strutture articolate e i riferimenti musicali e, immancabile, un concept. La favoletta cosmogonica su cui si vanno ad incartare è, come tanti testi dell’epoca, venata di ingenuità e ambiziosa vaghezza e, paradossalmente, contribuisce potentemente a immergerci in quell’atmosfera datata e sognante.

Pangea” è il brano di apertura e, nel rispetto di tutti i canoni del genere, è un brano perfetto, che se fosse stato pubblicato quarant’anni fa citeremmo come un classico, con i suoi temi melodici, l’afflato epico e tutta la naïvité di ventenni che stanno cambiando il mondo. In questo primo capitolo abbiamo il lancio della palla di fuoco che, raffreddandosi, diverrà il pianeta Terra, il tutto cantato con passione forse dal chitarrista Piuccio Pradal o dai succitati fratelli (cantano tutti, in questo gruppo!), regalandoci quelle polifonie armonizzate che ci hanno fatto innamorare di questo genere. Si va poi “Alla Deriva”, descrivendo il mare su cui “galleggia” (sic) Pangea sotto lo sguardo compiaciuto delle tre lune, con un brano un po’ prolisso, ricco di divagazioni strumentali e interpunzioni che tengono desta l’attenzione. “Dialogo” è una traccia fortunatamente prevalentemente strumentale, dato che il poco testo (la caduta di una stella che spezza Pangea e poi se ne va, mentre la luna  – ma non erano tre? – guarda e sorride) non è un granché. In compenso la componente strumentale è impreziosita dai bellissimi assoli di violino del grande Donald Lax, che si rende protagonista nell’introduzione, dialogando con le chitarre e le tastiere e soprattutto nel frizzante finale. “Le Tre Lune” ha un impianto più narrativo e ci racconta di come alla fine, tra lune ambiziose, ne rimase soltanto una, con una chiusa che mi ha provocato uno scoppio di risa nell’abitacolo la prima volta che l’ho sentita. A parte questo, la canzone ha fascino, può vantare un assolo di Tolo Marton e ha tutte le carte in regola: atmosfera, melodie accattivanti, esplosioni, stacchi dinamici, tensioni emotive.

Fraseggio di sintetizzatore, band che sottolinea massicciamente gli accenti e l’inconfondibile Rickenbacker plettrato di Giuseppe guidano la pulsante “Dal Nulla Così”, impreziosita dal pregevolissimo solo di Massimo Spica. Il concept si conclude con “E La Vita Iniziò”, brano circospetto che descrive pedissequamente la formazione dei continenti e l’inarrestabile diffusione dei viventi a partire dal fondo del mare. Interessante il momento frenetico centrale, un po’ deludente il finale.

Crisi” mi sorprende mentre percorro una via stretta tra i campi ed è, col suo hard rock lineare, un esplicito retaggio di una precedente  incarnazione della band (i Black Out) la cui influenza Deep Purple è esplicitata dalle tastiere di Franco Piccolini. Un testo generazionale, una sorta di documento storico che all’epoca aveva di certo un suo perché, mentre ora rimane una simpatica curiosità, oltre alla prova che i ragazzi sanno anche pestare, se necessario.

Quando il disco riparte (è incredibile quanti chilometri si riescano a fare in riserva, quando non serve!) la sensazione è quella di riascoltare un vecchio classico e anche negli ascolti dei giorni successivi non sono mancate le occasioni in cui ho potuto apprezzare il valore di certi passaggi e l’efficacia delle melodie. L’impressione generale è un po’ inficiata (oltre che dai testi) dall’annosa questione legata al revivalismo, alla reiterazione di modelli consolidati e alla “fuga dalla realtà” del proprio tempo, ma il disco lo si ascolta volentieri. Se riuscirete a raccontarvi una piccola bugia, facendo finta di aver scoperto un vecchio disco dimenticato degli anni settanta, vi farete felici.

Marcello M

Tracklist:

  1. Pangea 
  2. Alla Deriva 
  3. Dialogo 
  4. Le Tre Lune 
  5. Dal Nulla Così 
  6. E la Vita Iniziò 
  7. Crisi (bonus track)
  • Anno: 2023
  • Etichetta: Black Widow 
  • Genere: Rock progressivo

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