Virtuosi veterani veneziani, i Great Master provano col proprio sesto album a cambiare leggermente rotta per dedicarsi ad un nuovo concept album che va a scomodare uno dei più amati romanzoni popolari ottocenteschi: “Il Conte di Montecristo”! Essendo uno dei libri preferiti di mia moglie, mi sono tuffato nell’ascolto con vivo interesse, scoprendo nel sestetto capitanato dal chitarrista Gianluca Carlini un gruppo molto solido e dalle indubbie capacità.
Il suono dei nostri serenissimi si può collocare nel filone del power sinfonico all’italiana, con melodie passionali, voce piantata sui registri alti, batteria a manetta e solismi appariscenti. Anche in questo nuovo capitolo il gusto melodico sembra ispirarsi ad una versione ripulita, benvestita e musicalmente educata dei Running Wild, senza che questo pregiudichi la costruzione di un’identità musicale personale. Fin dall’introduttiva “Le Pharaon” infatti si salpa accompagnati da cori marinareschi, presto rinforzati da pirateschi “Uh, ah!” nella successiva “Back Home”, che introduce la storia di un giovane Edmond Dantès in procinto di rientrare in porto serenamente, ignaro del turbolento futuro in agguato. Colpisce immediatamente la locomotiva ritmica formata dal nuovo arrivato alla batteria Denis Novello e Massimo David al basso, che puntellano con forza una cavalcata trascinante su cui si innestano strofe incisive, cori da musical e un ritornello un po’ buffo (oh, a me i pezzi “where you’ll be a captain”, “welcome to home” e “Dantès” fanno ridere…). Immancabili l’assolo di pregevole fattura (immagino ad opera del solista Manuel Menin) e l’enfatica interpretazione canora di Stefano Sbrignadello, che sul finale possiamo ascoltare in lancinanti backing vocals sul canale sinistro.
Una considerazione in merito al concept, prima di continuare: data la labirintica trama del racconto originale, così ricca di personaggi e intrighi, ho trovato intelligente la scelta di selezionare alcuni momenti, come cartoline, senza preoccuparsi di adombrare in dettaglio l’intera vicenda. Tanto lo sappiamo tutti che è una storia di vendetta, no? Certo, da un gruppo che di nome fa Great Master alle prese con l’opera di un massone come Dumas che narra di un percorso evolutivo e iniziatico ci si poteva aspettare qualcosina in più rispetto al compitino (comunque arduo) di sintetizzare a grandi linee i fatti. Per chi non abbia familiarità con la trama o non si sia letto svariate sinossi online (sì, l’ho fatto…) personaggi, voci e vicende si impastano presto in un unico minestrone, soprattutto quando, approfondite le scene iniziali e più famose (complotto, incarcerazione ed evasione) si arriva nella seconda parte del disco a fin troppo sbrigative e generaliste elencazioni di fatti a cui chiunque farebbe fatica a dare un senso. Certo, la stessa accusa è rivolta anche al romanzo originale, ma vabbè…
Cori corsari anche per “The Left Hand Joke” e i suoi ritmi più cadenzati ma incalzanti, farciti di melodie nitide e gustose! Il videoclip dedicato alla canzone danza sull’orlo della pacchianaggine, tra fiction storica di Raidue e la pubblicità di un catalogo EMP, ma alla fine è bello e si lascia guardare fino in fondo proprio grazie alla sua didascalicità narrativa, ma anche perché è un gran pezzo: le cose si stanno mettendo male per Dantès, ma siamo tutti troppo presi a cantare il mega ritornello per empatizzare con lui… E così lo troviamo già spacciato, imprigionato per sempre al Castello d’If e dentro al mid tempo di “Where The Shame Lives”, un buon pezzo condotto dal riffing accattivante di Carlini e dal charleston in levare. Inutile dirvi che anche qui i cori e gli “Uh!” si sprecano, ma le melodie sono ben scritte e sono cinque minuti che passano in scioltezza. Facciamo la conoscenza del bislacco abate Faria (il prigioniero 27), che tra un “Ah!” e l’altro decide di formare il proprio giovane compagno di reclusione, levigandone la pietra, facendosi portatore di tutto lo scibile umano, dalle scienze alle lingue allo stare al mondo, ricostruendo anche l’inganno ordito ai danni del ragazzo. Ah, già che c’è gli rivela pure l’accesso ad un immenso tesoro, indispensabile per ogni buon piano di vendetta. Il brano in questione è “I Am The Master” e presenta tutti gli ingredienti sonori fin qui citati, con un particolare protagonismo delle tastiere di Giorgio Peccenini e un ritornello piuttosto sciapo.
Sarà un caso, ma è a trentatré anni che Edmond Dantès conquista la libertà (ovviamente in modo rocambolesco). Fissa nella sua mente c’è una sola idea: “Your Fall Will Come”! E a sottolineare la forza di questo convincimento abbiamo un ritornellone powerone in doppia cassa che ricorda gli Stratovarius dei tempi d’oro che credo farà piacere a molti. L’istantanea successiva si sofferma a tratteggiare un ritratto introspettivo del protagonista che, tornato a casa nei panni del Conte, scopre che la donna amata e sua promessa sposa è ora moglie niente meno che di uno dei tre congiurati, artefici del proprio arresto. Edmond non ha piacere. Dovrà chiudere il suo cuore e concentrare tutta la frustrazione in un diabolico e arzigogolato piano pluridecennale di rappresaglia votato alla distruzione psicologica, economica e fisica dei suoi antichi nemici, come farebbe ogni persona equilibrata. La canzone è “Nest Of Stone” e, anche se sfiora qualche soluzione musicale già sentita, ne viene fuori una piccola gemma, una melodia che vi rimarrà in testa cantata con intensità e passione da uno Sbrignadello in grande spolvero autore anche della parte di flauto finale. Un altro bel video professionale conferma l’abilità della band nello scegliere i cavalli giusti su cui puntare per promuoversi al meglio.
Eh già, perché a onor del vero non tutte le composizioni di “Montecristo” hanno la stessa felicità di scrittura… Ho notato nella seconda metà del disco una certa fatica, da ascoltatore, come se dovessi ingollarmi un lungo polpettone dall’impasto omogeneo e confuso in cui le oggettive difficoltà di trasposizione della vicenda stentano a trovare soluzioni vincenti. Sarà una mia fissa, ma mi è impossibile sorvolare sul discutibile incastro di testi e sillabe nelle metriche dei cantati, che troppo spesso generano inciampo e stridore compromettendo la fluidità (e di conseguenza la credibilità) della narrazione.
“My Name” parla delle quattro identità simboliche assunte dal vindice: l’affascinante e ricchissimo Conte di Montecristo, il rispettabile religioso abate Busoni, il nobile inglese filantropo Lord Wilmore e l’esotico Sinbad il marinaio. Il risultato è un mid tempo che mi ha evocato certe scelte melodiche dei Warlord di fine carriera, risultando affascinante ma pesante, incapace di spiccare il volo nonostante gli indubbi sforzi messi in atto e la potente performance vocale.
E il pezzo orientaleggiante? C’è, tranquilli: “Man From The East”, pur replicando i più triti manierismi tipici del Metal che si butta su atmosfere “arabeggianti” (avete presente tutti quei brani con “Babylon” nel titolo?), legittima la propria presenza in virtù dei quasi dieci anni passati dal Conte nei mari asiatici come Sinbad, intento a raccogliere informazioni ed esperienze utili al proprio piano di rivincita. Brano incalzante, dove la nenia del ritornello non rende onore all’enorme lavoro di batteria di Novello, che si ingegna nel cercare soluzioni ritmiche capaci di sostenere da sole una composizione non particolarmente ispirata.
In tutto questo tempo il Conte ha avuto modo di individuare perfettamente “The Weak Point” di ognuno dei suoi bersagli e i suoi piani sono talmente strutturati e tentacolari che sperare di riuscire a sintetizzarli all’interno di un brano è pura follia e non stupisce che il risultato sia un testo un po’ goffo. Ma la canzone è valida, sembra scritta a quattro mani con Rock’N’Rolf e ha dei buoni ganci, una bella strofa e un ritornello che definirei “motivazionale”. Nella sezione strumentale abbiamo un assolo di chitarra meno gagliardo del solito e una breve capatina di “clavicembalo”.
A livello di scrittura temo che “Final Revenge” sia l’esempio più esplicito delle critiche accennate poco sopra, con il testo che sfiora il grottesco e tenta di tenere insieme troppe narrazioni risultando incomprensibile ai più, mentre il brano pesta a tutta forza, tentando di sopperire con l’intensità “fisica” altre carenze. La batteria ad esempio è spettacolare! Nel momento assoli ce n’è per tutti (anche per il sintetizzatore!) e mi piace immaginare che in una ipotetica versione video tutto questo minutaggio venga riempito con un serrato montaggio chiarificatore, con tutte le scene chiave mancanti. Per quanto discutibili, i cori sono ottimamente gestiti e credo non sia troppo tardi per rimarcare il lavoro del Mularoni nazionale alla produzione, che consegna i Great Master al mercato internazionale in un abito scintillante.
Il capitolo finale del libro è intitolato “On October 5th”, mentre “Wait and Hope” sono parole finali che il Conte lascia ai suoi pupilli Maximilien e Valentine, superstiti nello scenario di morte e distruzione innescato dal Montecristo. La canzone eponima è esaltante e arrembante, con melodie epiche e un approccio deliziosamente Metal nelle accelerazioni. Montecristo inizia ad avere qualche leggerissimo dubbio sull’opportunità e le modalità della sua vendetta e inizia a farsi qualche scrupolo morale: è stato uno strumento della giustizia divina o, nel sostituirsi al giudice supremo, ha agito come un demonio ribelle? Di questo e altro si parla nella conclusiva title track, posta saggiamente a suggello del disco come a ricapitolare la vicenda con piglio critico dal punto di vista etico ed esoterico. Brano up tempo e piratesco che ci lascia con un buon sapore in bocca, nonostante le sillabe delle frasi sull’arpeggio finale sembrino martellate dentro a forza.
Se avrete il pelo sullo stomaco sufficiente a superare il pastiche di dubbio gusto della copertina non verrete delusi da questo bel disco traboccante di melodia e buone canzoni!
Marcello M
TrackList
- Le Pharaon
- Back Home
- The Left hand Joke
- Where The Shame Lives
- I Am The Master
- Your Fall Will Come
- Nest Of Stone
- My Name
- Man From The East
- The Weak Point
- Final revenge
- On October 5th (Wait And Hope)
- Montecristo
- Anno: 2023
- Genere: Power Metal
- Etichetta: Underground Symphony
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