Avevo incrociato gli Zaburon, quartetto bergamasco, solo pochi mesi fa in occasione del loro “Post Fata Resurgo”, disco della reunion a distanza di diciannove anni da questo debutto “Sic Bellum Incipit”, ora ripubblicato e distribuito digitalmente niente meno che da Sony Music.

Il paragone con la produzione più recente mi ha lasciato di stucco e ho fatto davvero fatica a immaginare che si trattasse della stessa band, anche se l’unico cambiamento in formazione riguarda la voce. Infatti non avrei mai sospettato che i ragazzi avessero un passato così compositivamente estremo!

Il disco presenta due tracce strumentali e trascurabili: un’intro pacchianamente sinfonica e la brevissima “The Awaking Of Titans”, basata su un suggestivo riffing cadenzato, abbandonato proprio quando le cose iniziavano a farsi interessanti. Per il resto abbiamo una grande varietà di minutaggio, dai tre minuti fino ai tredici dell’eponima “Zaburon”. Ok, ma la musica? Ah, non saprei come etichettare questo Death Metal frenetico, spezzettato e frantumato, un conglomerato di segmenti e frammenti tenuti assieme da un tecnicismo tanto lodevole quanto “dissennato”, nel quale si stenta a intravedere una logica, che sicuramente esisterà nella mente del compositore e chitarrista Luca Zanardi, ma che io, da ascoltatore, faccio tanta fatica a decifrare. Prendiamo ad esempio “The Beginning”: almeno venti riff (sì, ho provato a contarli…) che non si ripetono praticamente mai, in una continua sorpresa che però stanca in fretta, tra stop’n’go a ripetizione e la voglia di sorprendere ad ogni costo cambiando argomento di continuo, ma senza avere veramente qualcosa di succoso da dire. Restano impressi giusto il bel fraseggio melodico iniziale (vagamente alla Dark Tranquillity) e una sorta di ritornello con accordi aperti e doppia cassa a tappeto, che non a caso sono gli unici elementi ripetuti in due sezioni del brano.

A rincarare la dose, con formula analoga ma dilatata a dismisura, arriva la già citata “Zaburon”. Sembra che si voglia evocare, fatte le dovute proporzioni, la follia compositiva dei Cryptopsy di “And Then You’ll Beg” e va riconosciuto il grande sforzo tecnico dei quattro, che spingono al limite le proprie capacità nonostante una produzione secca che non perdona inevitabili e giustificabili imprecisioni. Anzi, la freschezza genuina e l’intensità delle esecuzioni sono proprio la carta vincente di questa registrazione, da godere istante per istante senza la pretesa di memorizzare i brani. È curioso notare come, nonostante la grande quantità, i riff mantengano una certa omogeneità, tanto che è davvero raro coglierne uno in grado di spiccare sugli altri per inventiva o originalità, ma è un bene non affezionarsi troppo ad uno di essi: tanto gli Zaburon ce lo cambiano subito!

Il growl di Tony Lanza cerca anche lui di proporre più varianti possibili con indubbie capacità, anche se diventa davvero difficile ritagliarsi parti da protagonista in quel marasma sonoro in perpetua mutazione.

Trovandosi subito dopo di fronte ad una composizione dal minutaggio risicato come “Bloody King” ci si chiede in cosa essa differisca dalla precedente “suite” se non nell’arbitraria scelta di giustapporre o meno un’altra manciata di riff. Mi viene veramente da interrogarmi sull’intercambiabilità delle sezioni “a mosaico” delle varie tracce e, ripeto, la mia mania di controllo si trova frustrata e smarrita nell’incapacità di dare un senso a tutto ciò. Probabilmente però l’intento è proprio quello di disorientare completamente, far perdere i punti di riferimento: e in questo riescono benissimo!

Ascoltando in loop i brani più concisi, lentamente inizia ad affiorare un senso, come una lingua dimenticata di cui, a forza di ripeterne le sillabe, ci illudiamo di ghermirne il senso.

Abbiamo ancora un brano lungo “Sickly Theatre” e uno breve, “Infinite Human Suffering”: il primo propone un riffing che si tinge di thrash (tra le mille varianti!) e la ormai consueta ratatouille impazzita, ma ci spiazza con un momento centrale più narrativo, in cui per un momento ci sembra finalmente di comprendere qualcosa, grazie a elementi ricorrenti ed una organizzazione leggermente più regolare. Il brano finale è sorprendentemente lineare, per questi standard, e nonostante la mia preferenza vada a brani simili, sembra quasi stridere in mezzo al resto dell’album.

Un disco che mi ha sorpreso nella sua esagerata e autoreferenziale farraginosità sfrenata, ma di indubbio impatto, non privo di un suo fascino. Di quelli che metti su per spaventare gli amici dicendo: “Facciamo una cover di questo brano?”

 

 

Marcello M

 

Tracklist:

  1. Intro
  2. The Beginning
  3. Zaburon
  4. Bloody King
  5. The Awaking Of Titans
  6. Sickly Theatre
  7. Infinite Human Suffering
  • Anno: 2023
  • Genere: Death Metal
  • Etichetta: Sony Music / Hokuto Empire

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