Torna trionfante, e con ascia e scudo insanguinati tra le mani, il polistrumentista Drakhen, a capo del suo progetto one man band, Bloodshed Walhalla, fortemente ispirato alla musica dei compianti Bathory, capitanati dall’immenso Quorthon.

Ricordo di aver iniziato a seguire le imprese di Drakhen fin dal primo LP di esordio, ‘The Legends Of A Viking’, rilasciato nel 2014. Prima di tutto, mi incuriosì la copertina, che se ben ricordo mostrava il verde di una collinetta con tanto di ruscello, per un artwork molto interessante. Quello che, invece, mi lasciò a metà tra lo scandalizzato e il piacevolmente sorpreso, da fanatico dei Bathory quale sono a mia volta, fu lo stile delle canzoni (strumentale e canoro), che facevano davvero del proprio meglio, forse un po’ troppo, per rievocare l’esperienza Bathoriana viking che, nei Bathory, iniziò con ‘Hammerheart’ (o forse, piuttosto, con ‘Blood Fire Death‘) e si concluse forzatamente con ‘Nordland II’.

Sono ormai passati tanti anni da ‘The Legends Of A Viking’, e Drakhen è più attivo che mai. Sono ben sette, infatti, le opere che da quel fatidico 2010 hanno visto la luce. L’ultima è appunto questo ‘Glory To The Sacred Land’, rilasciato sotto Earth And Sky Productions. Il disco in questione consta di sei canzoni, e, come vuole la tradizione introdotta da Quorthon, si tratta di non molti brani, certo, ma che compensano con una durata notevole, passando dai sei fino a quasi diciotto minuti.

Si passa, infatti, dalla melodiosa ‘Fly My Raven’ alla trionfante ‘Glory To The Sacred Land’, brani che mettono subito in risalto tanta passione, ritornelli orecchiabili e funzionali seguiti da melodie vittoriose o dai sapori folk (che si riallacciano forse più allo stile di Falkenbach per certi versi).
Di vitale importanza sono anche gli interventi canori di Drakhen, ponderati e orecchiabili, al punto da rendere scorrevole un brano lungo come ‘A Star For My Victory’. Non bisogna però dar merito solo alla voce: abbiamo infatti un sostegno strumentale inesauribile che, sebbene sappia di già sentito qua e là per orecchie navigate, si salva grazie a tanta energia e idee efficienti, facendo volare i diciassette minuti del brano in maniera spedita. Molto apprezzabile anche un duo di pezzi cantati in italiano, a cominciare dall’esaltante ed epica ‘Non Sei Tu’, che propone un cantato ora solenne, ora aggressivo, ma sempre travolgente. ‘Il Lago’ non è una cover italianizzata di ‘The Lake’ dei Bathory, ma fa il verso al precedente ‘Non Sei Tu’, offrendoci un brano incalzante che può essere essenzialmente diviso in due parti: la prima, più solenne e quieta, dagli inserti canori melodici, e la seconda, dai sapori a tratti più blackeggianti, il cantato aggressivo, doppio pedale a mille, chiuso da un po’ di atmosfera con gracchiare di corvi e lo scorrere di un fiume.

 

Glory To The Sacred Land’ si rivela un disco che i fan della band apprezzeranno: condito dalle medesime influenze, ma con un tocco di personalità da non sottovalutare, e che proietta canzoni come ‘Non Sei Tu’ o l’omonima title track verso lidi ricchi di passione e voglia di far sognare l’ascoltatore.

 

Recensione a cura di Francesco Longo

 

TrackList

  1. Fly My Raven
  2. Glory To The Sacred Land
  3. A Star For My Victory
  4. Non Sei Tu
  5. Il Lago
  6. Rise And Fight Glory And Victory
  • Anno: 2023
  • Genere: Viking Metal
  • Etichetta: Earth And Sky Productions

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