Per secoli, poeti e cantori ci hanno spiegato, o hanno provato a farlo, qual è la sostanza di cui sono fatti i sogni e oggi, finalmente direi, i GORILLA PULP da Viterbo ci spiegano, appunto, la sostanza di cui sono fatti i gorilla. E lo fanno attraverso il potere (spesso salvifico) del rock n’roll, con una semplice equazione: 30% di sabbia del deserto di Palm Desert (California), 30% di hard’n’heavy inglese dei seventies, 30% di swedish sins e 10% di Lemmy (Jack & Cocacola).

Nelle mie recensioni parlo di sapiente mistura: quell’alchimia di suoni e intenti che, fortunatamente o fortunosamente, le band riescono a creare al momento della registrazione del proprio disco che permette, ad un brano o al lavoro intero, di essere significativo; in questo caso la strada di questo Mask Off viene subito spianata dalla intro, che già dal titolo (“Ennio’s Dusk In The Desert“) omaggia il maestro Morricone e le sonorità che hanno accompagnato le incarnazioni del Biondo nella trioliga del dollaro e da lì in poi è tutta discesa per i nostri amici rockers guidati da Maurice Flee – voce e chitarra, insieme ai suoi degni compagni di viaggio: Choris al basso, Angioletto Mr. Vernati alla chitarra e da Giorgio ‘Bulldozer’ Pioli dietro le pelli.

Il brio è il filo conduttore che caratterizza tutto il disco: “I Loose My Mind“, “Too Many Times” sono pezzi che titillano le corde giuste, in cui l’omaggio e la cazzimma vanno a braccetto, si tralascia la nostalgia in favore del divertimento e del wah-wah che parte come un mortaretto e ti fa annuire con la testa.

Se “Don’t Jump The Fence” – da cui è stato tratto anche un videoclip – è un viaggio sull’ottovolante insieme al Dope Rider di Paul Kirchner, con la successiva “Yellow Mama” si va direttamente sui calcinculo: a metà canzone parte un assolo acidissimo che ti solleva direttamente dalla sedia e ti manda ad acchiappare al volo la coccarda vincente.

La dichiarazione di intenti di “To Live It Free” è chiara, un inno alla libertà analogica e all’amore senza limiti di velocità e, se a questo punto del disco non siete ancora innamorati anche voi, comincerei a cercare su google un buon terapista sentimentale, perché significa che vi si è rotto dentro qualcosa e non ve ne siete accorti!

Abbiamo già scollettato nella seconda parte del disco (e qualche nodino comincia a venire al pettine) quando va ad iniziare “Ask Satan To Save My Soul“, titolo spassoso per una traccia che parla di un amore andato a rotoli, un po’ sottotono rispetto al resto del disco. Nella successiva “Wicked Days” si va di tributo (in questo caso sì), ma non vi dico a chi, anche perché salta subito alle orecchie ai primi secondi di ascolto, ma si comincia a risalire e ci vuole la struggente ballad “The Man Who Broke The Time” per ritornare finalmente ai livelli della prima parte del disco, un dolentissimo blues che ti abbraccia nel tentativo di dare una spiegazione a qualcosa che non si può spiegare, di dare un nome al dolore per l’assenza che è sempre lì appena la guardi.

Ci si congeda con il viaggio (statico?!) a bordo del “Magic Van” e quando è il gorilla che guida si parte, ma non si sa dove/quando si arriva; l’importante è muoversi quindi, avanti, salite tutti che si parte a razzo: il rock n’roll anche questa volta ha fatto il suo fottuto dovere e non mi resta che congedarmi da questa band che mi ha lasciato un’ottima impressione e un po’ di sane vibrazioni positive.

 

Cristian Angelini

 

TrackList

  1. Ennio’s Dusk In The Desert
  2. I Lose My Mind
  3. Too Many Times
  4. Don’t Jump The Fence
  5. Yellow Mama
  6. To Live It Free
  7. Ask Satan To Save Me
  8. Wicked Days
  9. The Man Who Broke The Time
  10. Magic Van
  • Anno: 2023
  • Genere: Heavy Blues Rock’n’Roll Stoner
  • Etichetta: Ammonia Records / Tufo Rock Records

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