Rispetto al lavoro precedente, già recensito dal sottoscritto su questo spazio, il merito dell’autore è notevole poichè le tinte si fanno più cupe e le atmosfere pesanti al fine di trattare delle tematiche molto delicate evitando di banalizzarle o rinchiuderle in stereotipi da letteratura medica; ma andiamo con ordine. Possiamo dire, senza il rischio di essere smentiti, che, abbandonate le sfuriate sonore à – la Townsend, il nostro dottore ha voluto intenzionalmente portare più avanti le dinamiche ed i fraseggi che sono state tratteggiate da Dane e Loomis circa trenta anni orsono.

Il sound è decisamente più moderno e prende a pieni mani da groove odierni e cantati molto attuali. In queste nuove otto composizioni (il sesto brano è una personalissima rivisitazione di un pezzo degli immensi King Crimson) possiamo asserire che il Dottor Pagnacco ha fatto sua tutta l’ondata (che secondo me si sta esaurendo) del Nu Metal, mischiando con maestria il cantato in growl, il continuo susseguirsi delle parole tipico di un certo Hip Hop e sicuramente più accostabile al Rap anni ottanta ed infine linee molto melodiche in pulito quasi sussurrate.

Se il cd ha ben impressionato una penna così autorevole come quella del Paluzzi (ottimo recensore), potevo forse io rimanere indifferente davanti a cotanta varietà di suoni, intrecci di ritmiche, improvvisi stacchi e cascate di riff?

La tematica della distopia presente nell’album antecedente a questo, analisi che partiva dalla alienazione filosofica dell’umano per giungere ad un esistenzialistico conseguimento della impossibilità di realizzazione introiettiva, in maniera concreta, della realtà, lascia qui il posto ad una amara accettazione e deprimente critica della condizione stigmatizzata dell’uomo e della sua condizione disagiata rispetto alla maggioranza canonicamente definita normale.

Fin dalle prime note di “How Can I Die” (con un cantato che ricorda molto da vicino quello di Sandoval) si tocca con mano la sofferenza, la solitudine, lo sconforto, la lontananza che possono essere causate da uno stato mentale che non corrisponde ai criteri imposti dalla società dominante. L’incipit di “Comet” è tanto straziante quanto rabbioso nell’esplosivo incedere (così come la cadenzata “We Are Digital“), quasi come testimonianza didascalica della situazione sociale nella quale può versare una persona che non riesce, suo malgrado, a partire dagli stessi blocchi di partenza di tutti gli altri e sarà costretto perennemente ad inseguire e, quando ma soltanto in apparenza avrà raggiunto il primo traguardo insieme al resto delle persone, come un moderno Achille, dovrà ripartire per acchiappare quelli che corrono senza sosta nè mete camuffate da tartarughe. Viviamo in un’epoca dove il digitale lo fa da padrone e volendo possiamo sentirci tutti più vicini e maggiormente in contatto, un mondo senza cartoline nè cabine ma con più telefoni che rendono schiavi di una apparire quasi vitale; ma basta ben poco per cadere in un analfabetismo di ritorno e non rientrare negli standard condivisi dai più rischiando quindi un solipsismo assoluto sfociante in un protettivo, ma negativo, isolamento sociale lontano da tutto e tutti.

 

Leonardo Tomei

 

TrackList

  1. How Can I Die
  2. Anger
  3. Brain Fog
  4. Gaming Disorder
  5. Daydreaming
  6. 21st Century Schizoid Man
  7. Comet
  8. We Are Digital
  9. Hikikomori
  • Anno: 2023
  • Genere:
  • Etichetta: Minotauro Records

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