Attivi dal 2012, ma decisamente poco prolifici, i romani AMRAAM arrivano finalmente al traguardo del primo album con il loro Thrash Metal incurante dello scorrere del tempo, fieramente ancorato ai canoni del genere, resi credibili grazie alla grande energia con cui vengono interpretati.
Dato il loro press kit amatoriale e privo di qualsiasi informazione, ho cercato notizie sul quartetto tra profili social, siti, video e web radio, facendomi un’idea del progetto. Quello che ho percepito è un sincero entusiasmo nei confronti della materia, un viscerale attaccamento a sonorità “superate” (non necessariamente un difetto!), tanta voglia di picchiare duro e veloce, ma anche alcuni oggettivi limiti nella composizione ed esecuzione.
L’attacco del disco non potrebbe essere più esplicito in merito alle intenzioni della band, con quattro battute di sola batteria che istigano ad un headbanging immediato e un classico, generico riff thrash che ci si appoggia sopra. Ecco, il problema è proprio questo: i generici, classici riff thrash che abbiamo sentito talmente tante volte da trovarli del tutto innocui e decisamente poco interessanti. Soprattutto quando, come in “Blood Is Out”, ne abbiamo giusto quattro, tutti col palm muting sulla prima corda, tutti nella stessa tonalità, senza alcun guizzo o estro, come espulsi da un distributore automatico. Certo, ci piace un sacco sentire una batteria vera ed entusiasta (suonata da un non più giovanissimo Daniele Conflitti che, anche se ha iniziato a suonare da adulto, ha la carica di un ragazzino!), libera dalle sbarre dell’editing metronomico che imbriglia le performance e spegne il fervore; ci piace pure sentire il basso di Luca Bottazzi così massiccio e presente, non relegato allo sfondo, ma il risultato finale è tutto così prevedibile da smorzare presto l’entusiasmo iniziale.
Un po’ più di varietà e qualità nei riff le troviamo sulla successiva “Wrath “, di cui colpisce il rallentamento sul “ritornello” e il gustoso speed old school sul finale, anche se va detto che la performance di Fabio de Santis ha dei grossi limiti, anche per un cantante thrash…
La ricetta dei quattro o cinque riff in Mi (anzi, in Re: gli AMRAAM suonano un tono sotto) ripetuti per blocchi di multipli di quattro viene reiterata ancora e ancora, su “Deliver Us From Good” e “Born”, senza che le canzoni riescano a spiccare grazie a qualche soluzione, gancio o ritornello veramente efficaci. Per quanto poco originale, il finale di “Born” risulta però suggestivo grazie all’aggiunta di effetti sonori guerreschi, con sirene, proiettili caricati, spari ed esplosioni, ricollegandosi con coerenza al proprio nome.
Alessandro Costantini sceglie di accantonare gli assoli e concentrare il proprio assalto sonoro sul riffing, conferendo al gruppo un’atmosfera groove che però non scivola mai in modernismi che sarebbero stati decisamente fuori luogo.
Una marcia funebre con accordi a intervallo di sesta apre “Veil Of Mistery” con epica solennità e grazie al forte contrasto dinamico tra le parti possiamo goderci un brano ritmicamente interessante, il cui riff principale si sviluppa in cicli di cinque battute. C’è anche una coda soft arpeggiata dove saggiamente Fabio opta per un parlato (poi growl), evitando di avventurarsi in territorio melodico. Il tempo si mantiene cadenzato, mentre si intensificano gli strumenti e il groove verso un finale un po’ prolisso ma dignitoso.
Il fatto che il disco sia una sorta di concept album viene esplicitato da quello che credo essere il pezzo più significativo o per lo meno quello che, essendo cantato in italiano, mi ha fatto maggiormente apprezzare le potenzialità della band, soprattutto nel caso in cui scegliessero di prediligere una lingua che sanno, per le produzioni future. “Nero” cita nell’intro un monologo tratto dal marveliano The Punisher, antieroe attorno al quale viene plasmata l’ipotetica figura del protagonista di “A Bloody Tale”. E così, dopo arpeggi, pioggia e una narrazione dalla forte inflessione romanesca, il basso ci conduce nell’oscurità densa e nei consueti riff del quartetto, questa volta accompagnati da una voce che nella versione italiana è ancor più secca e sillabata, dura, percussiva, come se volesse mascherare l’imbarazzo dell’intelligibilità con una maggior ferocia, che porta però vicino all’orlo del grottesco. Nonostante ciò, rimane comunque preferibile questo tipo di emotività rispetto a quanto ascoltato finora. Data la sua natura ritmicamente più cadenzata e rimbalzante, “Nero” è una mosca bianca all’interno del disco, è il brano che più si discosta dal thrash tradizionale e probabilmente aprirà la strada verso il futuro sviluppo dell’identità della band, qualora decidesse di lasciare andare la copertina di Linus per cucire il proprio costume da supereroi.
Chiude il disco “Revengement”, già proposta come singolo apripista dell’album, che si aggrappa ad un trito e quadrato thrash Metal suonato con tutti i crismi (assolo incluso) e pure con la giusta cattiveria, ma che potrebbe essere stata scritta da chiunque.
Fateci sentire gli AMRAAM!
Marcello M
TrackList
- Blood Is Out
- Wrath
- Deliver Us From Good
- Born
- Veil Of Mistery
- intro
- Nero
- Revengement
- Anno: 2023
- Etichetta: Autoprodotto
- Genere: Thrash Metal
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