Tornano nel mio lettore i DESCENT INTO MAELSTROM dopo avermi pienamente convinto con il precedente “Nocturnal Transfiguration” caratterizzato da un impianto di black/death sinfonico che affidava alle tessiture di sinth (principalmente) le particolari progressioni dodecafoniche che costituiscono il tratto distintivo di questa formazione.

Ebbene, appena premuto play sono quasi caduto dalla sedia per l’evidente cambio di passo e di pelle compiuto da nostri: la formula caratterizzata da una pomposa oscura e decadente epicità del precedente lavoro è stata del tutto abbandonata a favore di un assalto di death tecnico compatto e rapidissimo. Anche in termini di produzione il sound è diventato più chiaro e, in un certo senso, arioso. Anche se l’aggressione portata avanti dai DESCENT INTO MAELSTROM è capace di togliere il fiato, impregnata com’è di soluzioni che mettono a dura prova le connessioni sinaptiche.

I riferimenti che si impongono all’ascolto, ovviamente legati più al mio bagaglio di ascolti che non ad una somiglianza oggettiva, sono gli Atheist, gli Arsis, gli Electro Quartestaff e i Voivod di “Killing Technology”.
Mi spiego. Agli Atheist si può ricondurre l’impianto (free) Jazz qui portato a livelli esponenziali, Arsis ed Electro Quartestaff sono citabili per le strutture frenetiche e schizoidi del riffing. Per quanto riguarda i Voivod, ebbene al netto di alcuni passaggi in cui le chitarre armonizzate evocano (con più complesse e articolate evoluzioni) le classiche dissonanze dei canadesi, è proprio l’impatto generale dell’opera che mi ha riportato ai tempi di “Killing Technology” in cui la produzione e gli intrecci (dis)armonico/ritmici misero a dura prova la mia sanità mentale.

E ancora non abbiamo parlato della caratteristica essenziale dei DESCENT INTO MAELSTROM: l’utilizzo di progressioni improntate alla dodecafonia. Ovvero l’abbandono della musica tonale (semplificando: tonalità maggiori e minori) e il superamento della musica modale (semplificando: le fondamenta del jazz).
Qui un approccio Zappiano alla composizione si intreccia a strutture mathcore e allo studio delle fughe a più voci di J.S. Bach. Il tutto portato ad una tridimensionalità sconcertante: non solo le chitarre sviluppano licks divergenti, rivedendo in maniera destabilizzante il concetto di “twin guitars” (chitarre armonizzate), ma sovente si stratificano rispetto alle linee di basso, inserendo un ulteriore grado di complessità anche sul piano ritmico, lasciando all’ascoltatore la decisione: a quale filo conduttore mi affido per orientarmi in questo labirinto? Forse gli elementi più rassicuranti, quelli in grado di dare un senso narrativo e una “bussola” all’ascolto, sono la voce e le partiture di batteria. La prima impostata su un utilizzo combinato di growl e scream, entrambi poco saturati che ricordano l’approccio vocale dei primi Coroner, si pone a tratti come Virgilio nell’esplorazione di questi (luminosissimi) gironi infernali. La batteria dal canto suo, si prodiga nel repertorio estremo, risultando sempre dinamica (più velocità e senso di urgenza che “saturazione” del beat), prodigandosi in stacchi funzionali e offrendo alle chitarre (incluso il basso che diverge per conto proprio) quella continuità ritmica che esalta per differenza l’impianto schizoide e delirante del riffing. Quasi un approccio djent, ovvero con il rullante che segue un tempo pari mentre le chitarre seguono un tempo dispari, portando ad un continuo spostamento degli accenti del riff. Ma qui lo spostamento degli accenti segue una logica da ipercubo.

Il riffing, quando si affida ad una costruzione più “circolare” prende caratteristiche da drone elettronico/robotico che, unitamente all’utilizzo chirurgico degli armonici artificiali, fa pendere l’esperienza in senso quasi “industrial”.

 

Un salto di scala notevolissimo questo compiuto dai DESCENT INTO MAELSTROM che hanno virtualmente abbandonato i sinth del lavoro precedente spostando la loro ricerca completamente sulle chitarre, innalzando al contempo il livello di complessità compositiva.

Dodici tracce, strutturate come un concept dedicato agli Dei dell’Antica Roma, che vi travolgeranno, destruttureranno le vostre matrici di analisi e di ascolto e vi faranno rinascere dalle fiamme come la Fenice.

Oppure, semplicemente, vi faranno completare uno stadio di metamorfosi. Dandovi l’impulso da crisalide a divenire farfalla. E, come insegna la Teoria del Caos, un battito d’ali di farfalla può generare uno tsunami.

 

[samaang ruinees per italiadimetallo]

 

TrackList

  1. Cinis Et Pulvis
  2. Triumphus Falsarius Daemonium
  3. Abyssus Devorat Terram
  4. Infecundus
  5. Pater
  6. Silvarum Patrona
  7. Deus Sol Invictus
  8. Amor Sola Lex
  9. Deus Belli
  10. Silentium
  11. Mater
  12. Defloratio Gratiae

 

  • Anno: 2023
  • Etichetta: CLUB INFERNO Ent
  • Genere:  Death Metal

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