Attivi dal 2009 i Maze Of Sototh arrivano con “Extirpated Light” al secondo lavoro sulla lunga distanza, avendo all’attivo un demo del 2011 “Guardian Of The Gate” e il debut Album “Soul Demise” del 2017.

Le rarefatte note del press-kit confermano l’humus musicale in cui i nostri affondano solide e ramificate radici che consentono alla loro proposta di erigersi fiera, una quercia robusta e concreta sotto i cui rami chi ama il death metal più tecnico e feroce può comodamente accomodarsi e godersi in sicurezza la tempesta che il quartetto riesce a scatenare con matematica e chirurgica efficacia.

Parlando di death tecnico non mi riferisco certo alle ariose composizioni impregnate di progressive tipiche di act come gli Obscura, né al riffing a note “zampillanti” di marca Necrophagist che è diventato un canone, se non un clichè, del technical death.

Il campionato di riferimento dei Maze of Sototh è quello in cui militano i Nile e gli Hate Eternal e, volendo andare alle radici (appunto) del loro impianto compositivo, alla linea maestra tracciata dai Morbid Angel.

Campionato in cui i nostri si impongono nel mantenere un impianto chitarristico sempre in primo piano dosando sapientemente un riffing a note convulso e rapidissimo, di estrazione sovente più solistica che ritmica (‘The Unspeakable‘), a scalate assassine in palm muting a power chords che disegnano atmosfere autorevoli e maligne.

Non mancano digressioni djent rilette in chiave anfetaminica (‘Scorn Of Flesh‘ – ‘Blasphemous Ritual‘) contrapposte ad arpeggi distorti e tremolo picking di ispirazione black e accenni che rimandano a quel modo di intendere il death proprio della seconda stagione compositiva dei Behemoth (‘The Revocation Dogma‘ – ‘The Plague‘).

A tratti i nostri sembrano rileggere (rifondare?) i canoni del brutal in un efficace crossover tra Slayer e Cannibal Corpse (‘The Plague‘) utilizzando a tratti quel particolare blast beat terzinato caratteristico dei Cryptopsy. La sezione ritmica, del resto, è sempre sugli scudi nell’assecondare ed esaltare l’impianto chitarristico sfoderando tutto il repertorio estremo mantenendo sempre un’urgenza e una spinta in velocità che sovente nel death più compresso si viene paradossalmente a perdere.

Grazie alla dialettica tra sezione ritmica e chitarre, quasi una competizione in termini di maestria, velocità e ampiezza di soluzioni, emerge come carta vincente dei Maze Of Sototh proprio la capacità di mantenere sempre alto il dinamismo delle composizioni in ogni frangente ed in ogni sua parte. Non solo grazie all’introduzione di aperture sospese affidate a sezioni arpeggiate o in power chords sostenute da rapidissimi tappeti di doppia cassa o da partiture batteristiche di matrice progressive (‘Sanctae Inqvisitionis‘), ma proprio grazie alla capacità di cambiare passo in sezioni già tiratissime, imprimendo ulteriore velocità grazie a svisate chitarristiche, presumo in sweep picking, (‘Blasphemous Ritual‘), anche sottolineate da variazioni del drumming dal sapore jazzistico (‘Parallel Evolution‘). O regalandoci curiose aperture con le chitarre in tapping armonizzato che assumono un carattere noise/sci-fi (‘Eliminate Contamination‘).

Se l’urgenza e la velocità sono senz’altro la comfort zone dei nostri, i Maze Of Sototh si dimostrano capaci ed efficaci anche nelle sezioni più rallentate: nel loro riffing più convulso e anfetaminico è sempre presente una tessitura di melodie sinistre e maligne che nelle sezioni più rallentate, per quanto comunque sempre saturate da un imponente lavoro di doppia cassa e rullate sui tom, trovano la propria dimensione più evocativa. In questo senso “Blood tribute” è esemplare, nel suo dipanarsi tra sezioni mid tempo e accelerazioni parossistiche, della capacità dei Maze Of Sototh di re-interpretare un tema (qui particolarmente sinistro) in registri contrapposti per velocità e tecnica di esecuzione senza perdere un’oncia di malignità anche alle velocità più sostenute.

Ho già detto come nella costruzione del riffing ritmico ci sia una forte componente solistica, ebbene non posso dimenticare di citare gli interventi di solista vera e propria che omaggiano con chiarezza tanto i Morbid Angel, invero un modo di concepire gli assoli negli anni 90, e i soli cacofonico-schizofrenici degli Slayer di “Reign In Blood” (qui decisamente più musicali senza perdere un’oncia di isterismo). Inutile dire che il livello di tecnica è anche qui ad altissimi livelli anche se, come in tutto il platter, la tecnica è assoggettata alla furia e non mera ostentazione.

Sarebbe un delitto non citare l’ottima prestazione vocale che si attesta su un efficacissimo growl basso ma non incomprensibilmente gutturale, che riesce a tessere una linea narrativa e a strutturare le composizioni guidandoci come Virgilio tra i contorti gironi infernali tratteggiati dai Maze of Sototh.

Un lavoro questo che ogni deathster dovrebbe far proprio per quanto riesce ad essere radicato nella essenza più pura del death risultando pienamente contemporaneo senza soffrire di nessuno dei difetti di una modernità che ha smarrito l’essenza a favore della forma. Anche la produzione è esemplare in questo: bilanciata, piena e calda, nitida nel far risaltare ogni strumento senza nessun abuso di compressione.

 

 

[samaang ruinees per italiadimetallo

 

TrackList

  1. The Unspeakable
  2. Eliminate Contamination
  3. The Revocation Dogma
  4. Blood Tribute
  5. Blasphemous Ritual
  6. The Plague
  7. Parallel Evolution
  8. Sanctae Inqvisitionis
  9. Scorn Of Flesh

 

  • Anno: 2023
  • Etichetta: Everlasting Spew Records
  • Genere: Death Metal

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