Introdotti da una copertina molto evocativa, Romantica in senso letterario (non letterale) – mi ha riportato alla mente un tipino che piace a chi piace Metal a nome Samuel Taylor Coleridge (ancient mariner anyone?), ma anche il Melville di Moby Dick, altro soggetto sempre caro al nostro universo musicale – gli Adversor, si presentano subito bene, dato che è molto interessante la apparente dissonanza di quanto proposto musicalmente dalle sensazioni che l’immagine riesce ad evocare.

Infatti quello proposto dai vicentini Adversor è un thrash quasi ortodosso, che si rifà a quanto di bello e spietato è stato portato avanti in Europa dai gruppi teutonici che dalla seconda metà degli anni ’80 hanno gloriosamente flagellato lo nostre, a suo tempo, innocenti trombe di Eustachio.

Il viaggio affrontato dalla band di Dado e soci con il presente “Portrait Of A Wasteland“, licenziato recentemente dalla Time To Kill Records, è quello che attraversa le profondità insondabili dell’animo umano, da cui affiorano, come pericolosi iceberg, tutti gli aspetti più negativi di esso, quelli in grado di spezzarti e mandarti a picco, cosicché la copertina così drammatica assume, durante l’ascolto, un significato nuovo che la giustifica in pieno.

Si parte subito a marce tirate, con la gelida “Purifying Hate“: puro atto di amore (e scusate l’antitesi con il titolo) verso la band di Essen per antonomasia, che non si trasforma fortunatamente mai in sterile riproposizione, ma si è chiara l’elaborazione ponderata di concetti cari alla band.

Mi piace il sound ruvido, ma vibrante e dinamico di “Outcast“, che sembra venire fuori da un hangar sperduto nel deserto, ma che ha anche una apertura “quasi” melodica al centro, con un accenno solistico del bass player Ale, che la rende interessante.

La ricerca di una evoluzione sonora continua nelle seguenti “Throwback To Darkness“e “Les Miserables” (uno dei pezzi più pesanti di tutto il disco) in cui, su strutture tipicamente thrash, si innestano sprazzi estemporanei di matrice più estrema, come anche elementi Heavy Metal classici. “Entagled” è, a mio avviso, uno dei pezzi più interessanti, con un ritornello alla Paradise Lost azzeccatissimo e un grande assolo di Phil che chiude la prima parte del disco.

Disco che riparte in maniera degnissima con una “Seven Years” ispirata e maligna e prosegue con la tirata “Under Siege” che, a dispetto del titolo abbastanza convenzionale, ha il piglio giusto e invita ad alzare il volume dello stereo e lasciarsi andare ad un headbanging furioso come si faceva quando eravamo giovani e nessuno di noi soffriva di cervicale e/o di acufene.

Introdotta da un tempo di batteria inusuale, merito del batterista Ja – che non si risparmia mai per tutta la durata del disco, e da interessanti dissonanze, la seguente “Greed” è il pezzo più “sperimentale” di tutto il lotto; sicuramente la band, già che era sulla buona strada, in questo caso poteva osare un pelino di più, ma il risultato è comunque ampiamente soddisfacente.

La ruota della vita, il ciclo eterno di nascita, dissoluzione e rinascita è quanto raccontato ed esplicitato dai nostri nella furiosa “Samsara“, che ha il tempo di trasformarsi – come è giusto e naturale che sia – in altro e ritornare all’originaria furia, in una rappresentazione formale proprio di questo concetto circolare che mi ha entusiasmato, bravi.

Chiude il disco la title track “Portrait Of A Wasteland“, pezzo veloce e sulfureo che incorpora elementi Black Metal ed è la summa di tutto il lavoro svolto dagli Adversor in quest’opera aspra e amara come il veleno; tonico rinvigorente per le orecchie di chi si appresterà all’ascolto di questa sapiente mistura.

 

Cristian Angelini

 

TrackList

  1. Purifying Hate
  2. Outcast
  3. Throwback To Darkness
  4. Les Miserables
  5. Entangled
  6. Seven Years
  7. Under Siege
  8. Greed
  9. Samsara
  10. Portrait Of A Wasteland
  • Anno: 2023
  • Etichetta: Time To Kill Records
  • Genere: Thrash Metal

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