Progetto totalmente retto nelle mani del polistrumentista Andrei FrancescoUnder arriva con ‘Black Horizon‘ al suo quarto capitolo. Dedicato, come leggo dalle note di release di cui è arrivato sulla mia scrivania solo un frammento, al racconto della scoperta dell’autunno da parte di un bambino.

Proprio alle note di release, per quanto incomplete, ascrivo il rapporto con questo lavoro partito non proprio con il piede giusto: una premessa ideologica (in termini musicali, non politici) orgogliosamente analogica per quanto agli strumenti e il riferimento al black (atmosferico) anni 90 per quanto alla produzione della voce mi hanno riportato alla memoria quando mi sono trovato a produrre l’ultimo lavoro (poi diventato il penultimo in effetti) di una band nostrana che aveva una certosina ossessione per il suono di Transilvanian Hunger.

Mi aspettavo dunque tutt’altro prodotto.
Sono rimasto invece piuttosto spiazzato da una proposta che sembra recuperare o, meglio, ridefinire un certo metal ottantiano che si è rivolto al “lato oscuro” introducendo tastiere/sinth a stratificare una proposta che ha posto le basi per la successiva “formalizzazione” del black metal pur mantenendo le proprie radici nel metal classico. A queste basi gli Under associano dei chiari riferimenti alla dark wave se non, in alcuni tratti, al post-punk e, ovviamente, a certi stili chitarristici “fondamentali” del black metal (il tremolo picking, gli arpeggi distorti). La componente ambient, affidata sostanzialmente ai sinth, è invece più “cinematica” che orrorifica o ritualistica e a tratti richiama fraseggi in bilico tra epico/pagano e folk.

Nel complesso la proposta degli Under sembra rifuggire qualsiasi riferimento ai canoni successivamente determinati dal thrash o dal death quanto, in certa misura, al riffing black della seconda ondata, rimanendo invece ancorato ad un approccio esecutivo classico, attestandosi su quella linea di confine tra i Saxon più esuberanti e lo speed metal degli Exciter.

Un lavoro che forse non ha fatto breccia nel mio cuore ma cui sicuramente va riconosciuta una forte personalità e riconoscibilità, anche se è necessario più di un ascolto per entrare nel nocciolo della proposta che rifugge qualsiasi canone consolidato tracciando invece una propria strada.
Una strada che dal bivio evolutivo che ha definito la nascita e il consolidarsi del metal estremo in senso lato, e del black metal in senso stretto, prende una direzione del tutto nuova tracciata in campo aperto.

‘Frozen Black Mirror’

Mid tempo retto da un arpeggio lievemente distorto che si intreccia con temi di tastiere in cui il sapore ambient è fortemente debitore di suggestioni dark wave, anche per quanto riguarda la metrica della voce, impostata su un growl rauco non particolarmente profondo né saturato (con eccezione delle backing vocals, più gravi). L’intervento di un tema in tremolo picking sembra essere l’aggancio più diretto al black metal, per quanto il riffing che interviene nella strofa rimanda ad un metal classico che comincia a sentire suggestioni thrash. Il dialogo tra chitarre e sinth procede e si stratifica, sorretto da un lavoro sui tom che conferma la sostanziale impronta new wave. Interessante l’introduzione di un sinth basso in tremolo che regala tensione e sostegno alla sezione e a cui si affida in solo la chiusura del brano.

‘The Mid Autumn Wolf’

Una cavalcata sostanzialmente speed metal in cui le chitarre, insieme ad un sinth in tremolo, sostengono la tensione mentre dei bordoni ambient costruiscono l’atmosfera. Interessante il chorus con chitarre che punteggiano incalzanti in sincrono con il rullante in battere mentre un sinth costruisce un riff ricorsivo. Le vocals perseguono il dialogo tra il cantato principale e delle backing vocals più gravi. La chiusura è affidata ad un cambio di registro ritmico aperto da uno strumming retto da una batteria post-punk e un cantato che ricorda certe teatralità tipiche dei Bauhaus e, al netto del registro vocale baritonale, dei CCCP. Vincente la chiusura affidata ad una nota di sinth tenuta che emula un soprano.

‘Purple Skies’

Mid tempo retto da un riffing metal ottantiano che sembra affacciarsi su soluzioni thrash, a sostenere dei temi di sinth in bilico tra Opera IX e Cradle of Filth. Un certo gusto vintage sembra contagiare anche le parti in tremolo picking. Si fa notare l’alternanza tra un riffing serrato, più vicino come esecuzione e gusto al downpicking punk che al palm muting thrash, un riffing impostato su note che giocano sul levare dando un certo dinamismo sospeso, e riffing a note che eseguono fraseggi a doppiare i sinth, anche quando la chitarra si apre in un arpeggio pulito e rarefatto.

‘Among The Graves’

Traccia che in apertura più di tutte conferma radici punk/post punk sia nel riffing che nei pattern batteristici. I temi di sinth si tracciano linee ariose e solari mentre le vocals scivolano su un clean sofferto e baritonale. La composizione procede in un dialogo mutevole tra sinth e chitarre che comincia a profilarsi come un segno distintivo degli Under.

‘Black Deep Space’

Strumentale in low tempo, sorretta da un giro di arpeggi più tipicamente black ambient, che sostiene dei temi di sinth dal sapore cinematico. Ma, a differenza delle soluzioni cui ci hanno abituato i Dimmu Borgir, qui siamo più nel campo di certe colonne sonore settantiane.
I sinth dominano la scena, imponendo i giri armonici seguiti con perizia dalle chitarre arpeggiate. Gustoso il basso ruvido che regge la tensione legando le parti di batteria piuttosto rarefatte.
L’intervento del tremolo picking si sposa perfettamente con un accompagnamento sospeso sui tom rimanendo protagonista a tratti in dialogo con i sinth.

Composizione questa che più di tutte chiarisce le coordinate stilistiche e armoniche degli Under nel suo giostrarsi tra crescendo, irrobustimenti, sospensioni e riprese affidati al riffing di chitarra, intesi a dare movimento e sostegno a dei temi di sinth lirici, evocativi e sospesi.

 

‘The Seal Of Blood’

Episodio più serrato e veloce del lotto, impostato su un S-beat piuttosto veloce e riffing in alternate picking al confine tra speed metal e thrash teuotonico prima maniera. I sinth mantengono la loro leadership nel tessere le sorti della composizione. Non manca l’apertura ritmica di sapore post-punk prima di un’accellerazione parossistica che culmina in un sinth dal sapore sci-fi.

‘November Of Ice and Darkness’

Torna prepotente l’influenza dark wave con un mid tempo debitore dei Cult sui cui gli Under innestano le proprie caratteristiche incursioni in tremolo picking e gli immancabili sinth, ora a tessere le linee principali, ora a porre bordoni a fondamenta. Le vocals confermano la propria triplice natura: una versione rauca, un po’ declamatoria e un po’ rabbiosa, del classico cantato baritonale dark wave, le backing vocals più gravi, quasi a disegnare un’eco interiore, e un clean in bilico tra ritualistico e cantilenante.

Verso la conclusione le chitarre in downpicking si fanno più aggressive e serrate ma incombe ed emerge un sinth dal sapore trance/dancefloor cui è dato il compito di chiudere le danze.

‘The Desert Of Dead Leaves’

A chiudere il platter una composizione che, al netto del lavoro in tremolo picking che si affaccia ad inasprire il sound, lavorando comunque in combo con i sinth sugli stessi fraseggi, sottende memorie dei Christian Death. A questo punto sappiamo riconoscere l’impianto compositivo degli Under e ne apprezziamo il gioco di arrangiamenti tra chitarre e sinth che qui, più che in altri episodi, nel loro procedere unisoni nei giri a note assumono echi pagan/folk. Il brano si inasprisce nel riffing verso la conclusione con un alternate picking tende a risolvere in accordi associati alle note portanti dei sinth.

 

samaang ruinees

 

TrackList

  1. Frozen Black Mirror
  2. The Mid Autumn Wolf
  3. Purple Skies
  4. Among The Graves
  5. Black Deep Space
  6. The Seal Of Blood
  7. November Of Ice and Darkness
  8. The Desert Of Dead Leaves

 

  • Anno: 2022
  • Etichetta: M.A.Productions
  • Genere: Black Metal

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Autore

  • samaang ruinees

    classe 1970, dopo aver fatto studi musicali classici scopro a 15 anni il metal. a 17 anni il mio primo progetto (incubo - thrashgrind), poi evolutosi in thrash tecnico con gli insania (1989-1997) e infine in death-thrash con insania.11 (2008-attivo). prediligo negli ascolti death e black ma ho avuto trascorsi felici con la dark wave e l'industrial. appassionato di film e narrativa horror, ho all'attivo un romanzo pubblicato e la partecipazione con dei racconti ad un paio di antologie.

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