Ho ricevuto questo pacchetto digitale da recensire mentre ero in cortile a fare legna e ho iniziato subito ad ascoltarlo in cuffia, dando giusto una rapida occhiata alla miniatura della copertina, ma senza sapere null’altro della band. E così, motosega alla mano, quando è partito il potente prog contemporaneo dei Whimsical, sono rimasto subito colpito dalla pienezza del suono e dalla bravura dei musicisti. In particolare ho apprezzato l’esecuzione ed il mix del basso, ma soprattutto l’uso delle tastiere, che oltre a gestire i soliti tappeti e ghirigori, vengono proposte spesso come voce monofonica dal timbro esclusivo, rivendicando la dignità del synth, che non deve umiliarsi ad inseguire l’emulazione di altri strumenti, ma forgiare i propri suoni cangianti ed inimitabili. Altro elemento che si nota subito è la voce femminile, non particolarmente impressionante, ma decisamente migliore di quell’altra, che mi viene da attribuire ad un giovane ragazzo dalla pronuncia inglese un po’ rigida. L’ascolto dei trentadue minuti del disco ha coinciso col crepuscolo e, dato che la combo “musica ad alto volume + motosega + oscurità” iniziava a farsi pericolosa, ho deciso di rincasare e dare un’occhiata alle note di accompagnamento del disco. All’interno della paginetta di testo, però, nonostante una generosa descrizione del progetto e delle singole tracce, non è nemmeno elencata la formazione e si può giusto dedurre che i Whimsical sono di Verona, sono in sei, la voce femminile è da attribuire a ben due cantanti distinte, mentre quella maschile è del tastierista Enrico Marchiotto che, unico musicista ad essere nominato, si rivela così essere il grande burattinaio del teatro di “Emissary”.

Ho quindi cercato notizie del sestetto sull’Encyclopaedia Metallum, ma a quanto pare non sono sufficientemente Metal. Ed in effetti…

Quindi li ho stalkerati su Facebook, ottenendo tutte le informazioni che mi servivano!

Tra le cose che ho più apprezzato del gruppo, c’è il fatto che abbiano un suono contemporaneo e coerente con il tempo in cui vivono, all’interno del quale confluiscono senza troppi ostacoli o steccati i diversi stili musicali di riferimento, dal versante più heavy coi “classici” Dream Theater o i più moderni Haken, fino a quello più pop, senza dimenticare i cartoni animati (giapponesi e non) e i videogiochi. Inoltre il sentimento che maggiormente promana da queste tracce è una speranzosa positività che, anche quando viene contaminata da un po’ di malinconia, non ci accompagna mai nelle profondità emotive più oscure.

Il progetto Whimsical nasce meno di cinque anni fa come esperienza solista di Enrico, che debutta con “Steamed Landscapes” nel 2018 coinvolgendo già alcuni dei futuri membri del gruppo, arruolati man mano fino a rendere il tutto una vera band, anche dal vivo.

Prima di scendere nel dettaglio dei singoli brani di “Emissary” vorrei sottolineare ancora l’impressione positiva che mi ha dato la produzione, e anche se la batteria secondo me con l’uso dei sample ci perde sempre, il lavoro trasuda attenzione ai dettagli e ricerca sonora, soprattutto nel reparto tastiere. L’anello un po’ più debole della catena temo siano le voci. Tutte e tre. Da un lato abbiamo il capitano Marchiotto, timoniere del proprio sogno, che comprensibilmente è restio a cedere il comando nonostante i limiti canori, dall’altro Alice e Leila, omogeneamente brave, ma che spesso sembrano un insapore philadelphia light spalmato sulle composizioni. Mi ha colpito la visione di un loro live allo Shades of Prog, dove Enrico sembrava il presentatore con ai lati le due vallette subordinate: ecco, probabilmente un passo indietro da parte del boss potrebbe permettere ai due giovani talenti di trovare una propria identità espressiva più decisa e definita.

Flamboyant”, con i suoi sette minuti, è il biglietto da visita del gruppo e sintetizza perfettamente ciò che sono: una smitragliata di riff neo prog, un fraseggio di synth che spicca su tutto, le voci femminili che con eleganza ci guidano verso il crescendo, un ritornello epico e motivational. Poi due assoli: uno piuttosto bello, di chitarra, l’altro decisamente un capolavoro, coi sintetizzatori di Enrico che volano in un trionfo di “level up” in cui sembra di poter visualizzare Super Marii e Principesse Zelde in ogni tasto, per un risultato entusiasmante, in perfetta congruenza col titolo della canzone! Il testo autobiografico, che sembra scritto con un manuale di self improvement in mano, ci introduce alle domande e alle risposte di una persona che si sta trovando costretto a considerarsi un ex giovane, ma che porta ancora dentro di sé i ricordi, la vitalità e tutta la necessità di autodeterminarsi di un adolescente, anche ora che è un professore di lettere. Enrico prende il microfono nei ritornelli e sul bridge finale, dove ci ricorda una sorta di Geddy Lee degli anni ottanta, con meno controllo ma forse con più pathos.

La visione del videoclip ufficiale realizzato per “Flamboyant”, se da un lato ci sbatte in faccia la dimensione (soprattutto estetica) da gruppo dell’oratorio che suona nella saletta della parrocchia al pomeriggio, prima di farsi un aperitivo in piazzetta (che tanto hanno già gli abiti giusti), dall’altro ci espone con una sincerità disarmante tutta la genuina, pulita, entusiasta e (almeno per le ragazze) giovanile ingenuità di questo gruppo di ragazzi.

Un’altra bella accoppiata di assoli ce la offre “The Time Trickster 2”, canzone a base di nostalgia in 5/8 che abbandona l’andamento soft delle strofe in occasione della sezione strumentale e soprattutto del finale, un crescendo in cui il batterista Giacomo Giarola esplode, inatteso, nelle ultime battute.

Grilli, chitarre folk e ritmo “in tre” per la notturna e morbida “The Green Sea in July”, che richiama velatamente l’Irlanda nel titolo e nelle melodie (oltre che nel violino finale in sottofondo). Qui le tastiere fanno un passo indietro, accompagnando la narrazione con la discrezione di un pianoforte elettrico e qualche leggero tappeto, lasciando la chitarra ad esporre il tema melodico irish.

Su “When We Dare” la voce viene trattata con un filtro (overdrive?) che la fa sembrare quasi bambinesca ed è il brano in cui l’interpretazione canora risulta meno convincente, con poca verve, come se non ci credesse neppure lei. Cosa enigmatica se consideriamo che il brano parla di desiderio di riscatto da parte dei giovani… Peccato perché l’idea ritmica del riff era buona e pure la melodia del ritornello; con un piglio più deciso sarebbe stato un altro buon singolo.

Il brano strumentale “Kappasparkle” ha un tema epico e vittorioso con il sintetizzatore grande protagonista, intermezzato ma momenti più rarefatti e liberi che si intensificano verso un finale maestoso di grande effetto.

Chiude il disco “Green”, con una linea vocale che mi ricorda ancora i Rush, e che vede le cantanti solo come coriste, cedendo il microfono al mastermind. Ed è il pezzo più debole come performance vocale, sotto tutti i punti di vista. L’andamento in 6/8 della prima parte richiama un approccio folkeggiante, come a suggerire un’atmosfera “green” (appunto…), mentre la sezione finale è ricca di elementi diversi, che sembrano un po’ assemblati giusto per svuotare un cassetto di idee.

La copertina, che alla prima occhiata avevo attribuito (viva la fiera del pregiudizio…) “alla cantante” per via del segno gentile e femminile ma anche amatoriale (quindi molto probabilmente interno alla band stessa), credo sia invece opera, come quella del disco precedente, del leader Enrico, che spero mi perdonerà se scrivo che è veramente, veramente bruttaccia. La salva un pochino il richiamo ad un immaginario grafico nipponico, coerente con il contenuto musicale, una certa delicatezza e positiva leggerezza (ancora una volta ripresi dalle canzoni), ed il fatto che sia sorretta da un’idea, un piccolo speranzoso (puerile?) concept idealista.

Un progetto di qualità, che può solo migliorare e di cui attendiamo i nuovi sviluppi.

 

E ora scusatemi, ma devo andare: quella legna non si impilerà da sola…

 

Marcello M

 

TrackList

  1. Flamboyant
  2. The Time Trickster 2
  3. The Green Sea in July
  4. When We Dare
  5. Kappasparkle
  6. Green

 

  • Anno: 2022
  • Etichetta: Luminol Records
  • Genere: Prog Rock

 

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