Nei giorni scorsi siamo stati subissati, volenti o nolenti, da fiori e da essenze profumate più o meno inebrianti (o allergizzanti) per colpa dei santi Remo e Valentino e quindi, come antidoto, vorrei condurvi nel deserto più torrido che potrete trovare nei pressi di Ancona, grazie a “First Step”, disco di esordio dei marchigiani THE STEEL BONES (uscito lo scorso Ottobre per la Red Cat Records).
La band è figlia del periodo di purgatorio che abbiamo vissuto un po’ tutti durante il lockdown del 2020: qualcuno ha provato a tagliarsi i capelli da solo, qualcuno è andato in depressione, mentre Carlo Lantieri (chitarra) e Ivan Battistella (voce) sono riusciti a mettere a frutto tale sospensione, buttandosi alle spalle le esperienze musicali passate e intraprendendo un nuovo percorso che cercasse di essere il più personale possibile, traendo ispirazione dal southern rock, dal blues e dal country, con l’idea di buttare giù materiale per un singolo. La cosa li ha presi così bene che nel giro di un anno il repertorio è lievitato ad un numero di canzoni adatto per un doppio Lp, quindi il naturale passo successivo è stato quello di mettere su una band vera e propria, reclutando Simone Gagliardi alla batteria, Maurizio Leone al basso e Erik Porfiri alla chitarra, per concretizzare il tutto e quello che ne è venuto fuori è il primo singolo “Hard Bones” che ritroviamo opener anche del presente “First Step”; un pezzo bello maturo che mescola sapientemente atmosfere zeppeliniane e alterbridgesiane (neologismo abbastanza orrido, ma che spero renda bene l’idea di un rock moderno, ma ben ancorato al passato buono del genere).
I THE STEEL BONES hanno ben presenti i loro riferimenti principali, che troviamo nei Lynyrd Skynyrd così come nei Molly Hatchet e infatti la successiva “Empty Heads” trasuda di quel southern lì da ogni nota, con un brano concreto e di grande spessore, in cui la voce di Battistella si erge maestosa; gran bel pezzo che mi ha convinto al 100%.
Le coordinate sono settate e il disco scorre che è un piacere, con le successive “West End Highway” e “Better”, quest’ultima con un tiro notevole e un’andatura che mi ha ricordato i Free di Paul Rodgers. La band è assolutamente compatta e, aiutata da una produzione all’altezza, riesce a non risultare mai posticcia o fuori fuoco: ascoltate il ritornello di “Good To Be Alive”, pezzo senza tempo, per rendervi conto che qui si può giocare alla pari con band estere già blasonate, senza alcun tipo di timore o soggezione.
La malinconica ballad “Scars Remain” è qualcosa di ragguardevole: vibrazioni giustissime per un pezzo da standing ovation: top favorite per me, veramente da brividi e dato che io sono un tipo che coglie nessi a volte sideralmente remoti, ci ho sentito un pizzichino di Adam Duritz degli esordi che me l’ha fatta amare ancora di più. Bravi.
“Rockompany” scuote l’atmosfera con il suo mid tempo sostenuto e ci prepara al gran finale di “Hunter Of Tears” che, a cavallo di una steel guitar e di una bottleneck malandrina, si allontana al galoppo verso il tramonto con un ritornello corale che (scusatemi se amo ripetermi, ma quando mi trovo di fronte a certi brani lo devo dire) vi deve scuotere quel qualcosa che ci palpita dentro per forza, pena la chiamata urgente al 118 perché c’è sicuramente qualcosa che non va!!
Chiusura con il botto dunque: mi ha fatto proprio piacere ascoltare questo disco che, con una grafica un pelino più curata (perché se la meriterebbe tutta), sarebbe ancora più perfetto di quello che è; comunque ottimo lavoro che mi ha convinto in pieno.
Cristian Angelini
TrackList
- Hard Bones
- Empty Heads
- West End Highway
- Better
- Good To Be Aive
- Scars Remain
- Rockompany
- Hunter Of Tears
- Anno: 2022
- Etichetta: Red Cat Records
- Genere: Southern/Hard Rock
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