Creatura di un unico padre, Filippo Tezza, i SILENCE OF OATH con quest’opera dimostrano lo stato dell’arte della loro ricerca musicale che dal death metal degli esordi (2007), passando attraverso il black sinfonico, si presenta oggi con forti connotazioni progressive e una struttura sinfonica stratificata e complessa. Nonostante a tratti si omaggino i “nomi di punta” del genere sinfonico, Dimmu Borgir e Cradle of Filth, l’impianto delle composizioni è improntato a sentimenti malinconici e sognanti e mutua sovente soluzioni di riffing tipiche dell’ambient e del depressive. Pur non ricalcandone pedissequamente le soluzioni pratiche, i SILENCE OF OATH mi sembrano raccogliere da un lato l’eredità prog-sinfonica degli Emperor, per quanto all’incredibile lavoro delle chitarre, improntante ad un “virtuosismo di scrittura” (e non ad un istrionismo funambolico), e dall’altro all’asciutta ispirazione “aliena” dell’esperienza Burzum.

È un lavoro complesso ed organico quello che, spero, vi appresterete a recuperare e ad approfondire. Appagante e difficile al tempo stesso: di immediato coinvolgimento necessita però di attenzione e cura per la sua assimilazione e per un pieno godimento.

Il rischio è quello di valutarne superficialmente le atmosfere, catalogandolo come un ibrido tra pagan e ambient, non cogliendone la struttura progressive improntata a quel senso di “semplicità” che è peculiare di chi ha compreso e padroneggia la materia e non necessita di funambolismi di facciata.

Non il tipo di lavoro che ti invade di adrenalina ma, al contrario, che dà tregua alla mente (che soccombe nel cercare di razionalizzare l’ascolto) e infonde una sognante quiete.

Probabilmente in ambito black uno dei lavori, quanto meno tra quelli a me noti, che più si avvicina ai capolavori della psichedelia dei Pink Floyd. Una nuova Pompei.

A seguire i mei appunti di viaggio sulla tracklist. Il poco che ho saputo trascriverne

‘Waterfalls’

Delicata introduzione pianistica dal sapore classico e malinconico che rivela una certa padronanza dello strumento e definisce le caratteristiche compositive dell’intera opera in bilico tra armonie e melodie aperte che risolvono a tratti minacciosamente su intervalli diminuiti.

‘When The Pillars Come down’

Introdotta da droni ambient si sviluppa in una cavalcata in doppia cassa a sorreggere una tessitura del riffing che rimanda alla svolta epico/pagana dei Bathory di “Blood Fire Death” e agli sviluppi di ambient black che ne sono conseguiti. Le linee di chitarra solistica, che tracciano melodie che a tratti ricordano più i Saxon di “The Crusader” che non le esperienze marcatamente Viking, vengono pregevolmente orchestrate con riferimenti ai momenti più progressivi dei nostrani Adramelch. Alle vocals declinate in un ottimo scream, si contrappongono delle linee di cantato pulito che coniugano un’epicità cavalleresca, mai troppo selvaggia, con certe soluzioni a la Opeth.
Nella costruzione della lunga suite si impongono i cambi d’atmosfera e di tema portante che mi hanno ricordato per padronanza ed efficacia i Moonsorrow di “V:Havitetty”. Bello il cambio di registro che si sposta su toni gravi sia nelle linee vocali che nel riff portante. La solista riprende l’epicità della prima parte della suite con una “consapevolezza” diversa a marcare una maturazione esperienziale. Come fenice risorta dalle ceneri la composizione riprende poi i temi sviluppati nell’incipit.

‘An Irrational Mind’s Ludicrous Dominion’

Assalto frontale in up tempo retto da single beat e doppia cassa che riassume nel riffing di chitarra alcuni riferimenti di black sinfonico che hanno improntato l’evoluzione di Filippo Tezza: suggestioni gotiche nei riff a note alla Cradle Of Filth e accordi pomposi a la Dimmu Borgir si avviluppano in un assalto che deve qualcosa ai migliori Necrophobic. Le aperture in clean vocals omaggiano tessiture che rimandano alla psichedelia dei Pink Floyd e fanno capolino dei licks in clean di ispirazione dark wave. Si citano anche, a livello di linee vocali, i Fields Of The Nephelim. In effetti adesso che l’ho scritto c’è una sezione di questo brano che mi ricorda proprio il mood di “Moonchild”. La composizione vive di chiaro scuri con frequenti cambi di mood offrendoci un’apertura ambient centrale con un suggestivo sussurrato commentato da tappeti di sinth e una linea solista in tremolo picking che sembra subire forte attrazione verso la dark wave, salvo poi condurci verso una liberazione sognante. Una vera e propria ascesa alla luce e alle distese infinite di una natura incontaminata sovrastata da cieli serenamente plumbei. Il riffing, che anche qui muta sovente di registro e stile esecutivo, ci conduce perfettamente assecondato dal drumming verso una cavalcata finale che chiude in un arpeggio che ha il sapore e le sonorità di un clavicembalo.

‘The Calling’

Composizione dagli arrangiamenti complessi, a maggior ragione in considerazione dell’apertura affidata ad un up tempo rapidissimo retto da una un tema a note di impronta cinematica che si alterna ad un mid tempo marziale sorretto da un palm muting terzinato commentato da sinth organistici che tessono trame in lontananza. Doppietta di temi che subisce continui sviluppi e contraddizioni in un organico “stream of consciousness” passando attraverso le “stazioni” di una via crucis compositiva retta da un riffing ispiratissimo ed efficace, sorretto da una sezione ritmica efficace e puntuale. I licks solistici (tanto di chitarra quanto di sinth) sono la chiave di volta nel tramutarsi perenne da commento a tema portante mentre le vocals ci conducono attraverso architetture di scream, cori pagani in clean e recitato ruvido nell’ennesimo viaggio sonoro offerto dai nostri.

‘From The Womb Of Earth’

Un delicato arpeggio in clean, generosamente riverberato ad innescare e sposarsi con un bordone di sinth, rivela ancora una volta inclinazioni dark wave confermate all’ingresso della sezione ritmica e del tema di chitarra che rimanda ad atmosfere in bilico tra epica pagana e i The Cult più elettrici. Si approda ad una ballad energica che ancora mi ha ricordato i finnici Moonsorrow. La composizione si svolge in un sapiente crescendo, guidato dall’alternarsi epico di parti in scream (commentate da note pianistiche) e voci in clean che veleggiano su parti in doppia cassa. Caratteristica ormai riconoscibile dei Silence Oath è una progressione in espansione frattalica e lisergica della scrittura. Qui resa più intellegibile da un andamento incalzante ma delicato e sognante. Si affacciano suggestioni a la Cradle Of Filth nelle sezioni in recitato pulito grave e nella sua trasposizione in scream acuti (anche se mai ai livelli di Dani Filth, e direi a tutto vantaggio dell’equilibrio della composizione). Introdotta da un basso avvolgente la sezione finale che ha un che di liturgico nel raggiungere un climax estatico e sereno.

‘Eradicate the Firmament’

Esperienza ambient affidata ad una costruzione di sinth su una pulsazione bassa regolare come il battito del cuore di un androide in cui i Silence Oath esplorano le possibilità sonore dati da texture evolutive che si espandono da una linea melodica limpida e sognante. Il processo compositivo, più immediato e intellegibile, è una chiave di lettura dell’approccio alla scrittura dimostrato nelle composizioni precedenti. Ivi incluse le parentesi di stasi che paiono riflessioni rigenerative dei temi esposti. Momenti in cui avvengono le mutazioni che consentono al brano di ripartire rinnovato pur mantenendo la propria identità.

 

Samaang Ruinees

 

TrackList

  1. Waterfalls
  2. When The Pillars Come Down
  3. An Irrational Mind’s Ludicrous Dominion
  4. The Calling
  5. From The Womb Of Earth
  6. Eradicate the Firmament

 

  • Anno: 2022
  • Etichetta: Elevate Records
  • Genere: Symphonic Black Metal

 

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Autore

  • classe 1970, dopo aver fatto studi musicali classici scopro a 15 anni il metal. a 17 anni il mio primo progetto (incubo - thrashgrind), poi evolutosi in thrash tecnico con gli insania (1989-1997) e infine in death-thrash con insania.11 (2008-attivo). prediligo negli ascolti death e black ma ho avuto trascorsi felici con la dark wave e l'industrial. appassionato di film e narrativa horror, ho all'attivo un romanzo pubblicato e la partecipazione con dei racconti ad un paio di antologie.

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