Di primissimo acchito i Descent Into Maelstrom sul piano del metodo, della ricerca di una formula che rinnovasse il metal estremo in maniera personale e innovativa, mi hanno ricordato i Tristwood di “The Delphic Doctrine”. Ma se gli austriaci hanno rivolto la loro attenzione ai canoni della techno-trance e dell’electro-industrial per aggredirci con un blackened death metal brutale e asfissiante, i nostri hanno volto lo sguardo verso la musica dodecafonica.

In gioventù ho approcciato, grazie alle dritte di un amico dagli ascolti più raffinati dei miei, questo sviluppo della musica classica con Mahler, Shostakovich, Berio, per arrivare con le mie gambe al suo “naturale” sviluppo con gli Einstuerzende Neubauten che svincolarono ulteriormente i canoni compositivi classici dai lacci della teoria “classica”: la dodecafonia liberava dalla gabbia della “funzione tonale” strizzando l’occhio alle dissonanze, l’industrial colto dei Neubauten svincolava dalla distinzione tra suono e rumore. E se nel frattempo il jazz perseguiva l’affrancamento dalla tonalità riferendosi a progressioni modali, la dodecafonia incontrava il “grande pubblico” grazie al cinema: le colonne sonore dei noir e dei thriller anni 40/60 del secolo scorso creavano la loro tensione proprio grazie ai “poco rassicuranti” sviluppi armonici della dodecafonia.

A differenza dei molti gruppi che giustappongono partiture orchestrali al metal non necessariamente estremo, i Descent Into Maelstrom, che pure intessono un dialogo tra le partiture di chitarra e sinth orchestrali, vanno decisamente più in profondità nell’accogliere i principi della dodecafonia raccogliendo idealmente il testimone dei Celtic Frost del periodo “To The Megatherion/Into The Pandemonium”. Più che al riffing di chitarra è ai solismi di Tom G. Fischer che bisogna guardare.

Le partiture di chitarra dei nostri perseguono progressioni atonali che non “risolvono” mai su una tonalità, rendendo l’aggressione perpetrata da una sezione ritmica impostata su blast feroci e parti in doppia cassa annichilenti un tunnel disperante per l’ascoltatore che viene precipitato in un incubo labirintico da cui pare impossibile svegliarsi. Il dialogo tra i temi di sinth orchestrali (archi e legni principalmente) e chitarre è un continuo contrappunto evolutivo, sovente giocato su “false cadenze” ritmiche (spostamento degli accenti sul levare) che aumentano il senso di tensione dato dal mancato risolversi di un riffing che da circolare si fa ellittico, spiraliforme. La struttura delle composizioni è incentrata sull’alternanza del focus armonico tra chitarre e sinth; quando questi ultimi prendono il sopravvento le ritmiche in palm muting si fanno spezzate e isteriche mentre la sezione ritmica si prodiga in partiture sincopate.
Unici momenti di “riposo” per l’ascoltatore sono le partiture solistiche, più canoniche e ad elevato tasso tecnico. Ma del resto la tecnica strumentale straborda da ogni battuta delle composizioni, tanto più efficace quando asservita alla creazione di effetti stranianti: uno per tutti il riffing in tapping armonizzato di “Retaliation”.

Se la doppietta iniziale, “Desecretion/Retaliation”, offre un assalto sonoro degno dei Nile, sostituendo alle scale di matrice egizia il più complesso e destabilizzante costrutto dodecafonico, con “Admission” i Descent Into Maelstrom partono da un mid tempo cinematico con risvolti ambient, sviluppato in due tempi su accelerazioni progressive e tecnicissime, dimostrando l’efficacia della progressione dodecafonica nello strappare la mente dell’ascoltatore da ogni certezza. La scelta di sfumare prestissimo l’apertura ariosa nel finale è la dimostrazione della volontà dei nostri di non lasciare nessuna speranza all’ascoltatore.
Colpisce l’assolo in clean a commento dell’arpeggio che spezza in due la composizione: sembra la litania mormorata a mezze labbra di una strega diretta al rogo.

Ascension” è una rilettura dello schema sinfonico dei Dimmu Borgir attraverso la presentazione più netta di temi orchestrali che vengono prontamente destrutturati e brutalizzati dalle chitarre e dalla sezione ritmica. Si colgono echi di soluzioni indirizzabili ai Behemoth, ma la strabordante personalità dei DESCENT INTO MAELSTROM prende subito il sopravvento e ci fa pensare di essere di fronte ad un punto di svolta nella concezione del metal estremo.

Con “Transfiguration” quanto sinora ascoltato (subìto) viene portato ad un livello superiore: i temi di sinth diventano più estremi e caratterizzanti e la loro destrutturazione offre momenti di cupissimo blackened death metal sostenuto da una varietà ritmica continuamente cangiante.

Una grande prova per questa formazione che con lucida competenza ha tracciato un nuovo indirizzo per il metal estremo, supportata da una grande prova strumentale di tutti i reparti e un’ottima produzione che riesce a rendere merito ad un’aggressione opprimente e chirurgica, coronata da vocals che performano un ottimo growl (pienamente espressivo) alternato ad uno scream non troppo lancinante, a declamare oscure visioni esistenziali. Poiché nella nostra psiche non danza un sole ma un buco nero che tutto divora.

 

Samaang Ruinees

 

TrackList

  1. Desecration
  2. Retaliation
  3. Admission
  4. Ascension
  5. Transfiguration
  • Anno: 2021
  • Etichetta: Autoprodotto
  • Genere: Black Death Sinfonico

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