Ambiziosa questa prima release dei Signum Draconis, che senza troppi giri di parole, ci presentano il loro The Divine Comedy: Inferno, disco di ben 17 tracce rilasciato in 2CD nel novembre 2021, sotto Rockshots Records.
Il disco comprende un numero di ospiti che non spiace: tra i vari, cito Mark Boals nei panni di Virgilio e Ben Jackson (Crimson Glory) che dà la voce a Caronte, e poi ancora Oleg Smirnoff (Labyrinth, Eldritch) che interpreta il Conte Ugolino, in aggiunta abbiamo Simone Mularoni (DGM) che interpreta il Titano Nimrod, e un’intera orchestra, The Bratislava Symphony Orchestra, che occupa le sezioni classicheggianti.
Le premesse sono buone, lo sarà anche il contenuto?
Non so se sia voluto, ma all’imponente stile di metal sinfonico partorito dai nostri, ho spesso riscontrato atmosfere claustrofobiche, taglienti, “chiuse”, quasi come se la band volesse davvero segregarci in un’atmosfera a tratti infernale, a tratti bella pesante.
Ciò si riscontra immediatamente nella traccia d’apertura, la simbolica In the Midway of Life’s Journey, che ad un cantato incalzante mischia un’esecuzione chitarristica solida e dei cori decisamente poco infernali ma d’impatto.
Saggia l’idea di presentare immediatamente una ballata come secondo brano: The Mission of Virgil propone, infatti, un’atmosfera eterea, un duetto dove la sognante tastiera unita a voce femminile molto melodiosa ci portano momentaneamente in un mondo onirico.
Non mancano citazioni recuperate direttamente dalla Commedia, e infatti è proprio con le parole testuali di Caronte che si apre la martellante Gate of Hell (Arrival of Charon), dall’intro magistrale gestita dal timbro roco del traghettatore e da un coro maestoso. Assoli neoclassici, quasi Turilliani, e coro incalzante contornano un altro brano ben riuscito.
Molto scorrevole anche Under Eternal Rain, sostenuta da un lavoro chitarristico solidissimo e un cantato ora solenne, ora brutale, il tutto chiuso da una struttura compositiva che non lascia un attimo di respiro. Interessante la pariglia che contraddistingue l’arabeggiante Burning Graves e Phlegethon (The Bloody River), dai richiami più epici e decisamente anni ottanta nei cori e nel lavoro di chitarra.
La band, in effetti, si dice piuttosto influenzata dalla musica rock e metal ottantiana,per cui ci sta, eccome.
Il secondo CD è aperto da On Geryon’s Back, breve intermezzo che fa da ponte alla suite Ten Moats of Damnation. Mi chiedo, a tal proposito, se dopo brani di una certa lunghezza, fosse il caso di inserire anche una suite. Devo riconoscere che il lavoro diventa pesantuccio proprio a causa della quantità di canzoni neanche troppo brevi, e un brano così arriva, senza cattiveria, come una martellata in testa.
Avrei, personalmente, evitato, vuoi per motivi di durata, vuoi perché neanche la struttura del brano giustifica questi undici minuti, che purtroppo nulla tolgono e nulla aggiungono rispetto a quanto già presentato finora. Il che non significa che sia brutto, beninteso.
Si torna in carreggiata con In Hands of Titans, bordata possente e solenne, forte di cantato acuto e chitarra ruggente nel comparto dell’assolo, mentre Cocytus (The Ice Terror) riesce a non passare inosservata grazie ad una struttura variegata, cambi di tempo efficaci e generalmente anche grazie ad un’atmosfera riuscita.
Chiude il sipario la poetica Lucifer, molto ben interpretata dallo Storyteller Renato Carrozzo e da un’atmosfera strumentale stupendamente congegnata, a metà tra il neoclassico, l’etereo e l’aggressivo.
A recensione conclusa, io faccio una premessa: sono più di vent’anni che ascolto questo genere, lo recensisco da oltre dieci, e, alla luce di tanti ascolti, certi brani, complice la durata complessiva, li ho trovati un po’ difficili da digerire, e non mi ha fatto molto piacere constatare che il brano più lungo, come detto in precedenza, non aggiungesse di fatto nulla di più rispetto a quanto proposto nei precedenti tredici.
Da recensore, incarnando anche il ruolo di ascoltatore, ho pensato fosse giusto far risaltare agli occhi della band anche una scheggia di criticismo.
Detto questo, che non mi si fraintenda: The Divine Comedy: Inferno è un disco di tutto rispetto che mette in primo piano passione, voglia di fare, un’ottima esecuzione, e tanti ospiti che grandemente arricchiscono un’opera che brilla di varie sfaccettature.
Sono, anzi, molto curioso di ascoltare i due seguiti, dato che la band ha già annunciato che lavoreranno a un trittico, quindi, deduco e spero, avremo un giorno tra le mani anche Purgatorio e Paradiso.
Francesco Longo
TrackList
CD1:
1. In the Midway of Life’s Journey
2. The Mission of Virgil
3. Gate of Hell (Arrival of Charon)
4. The Borderland
5. Whirlwind of Lovers
6. Under Eternal Rain
7. To the Edge of Stygian Lagoon
8. Regnum Dite
9. Burning Graves
10. Phlegethon (The Bloody River)
11. Forest of Suicides
12. Firestorm
CD2:
13. On Geryon’s Back
14. Ten Moats of Damnation (Interlude: The Ulysses’ Chant)
15. In Hands of Titan
16. Cocytus (The Ice Terror)
17. Lucifer
- Anno: 2021
- Etichetta: Rockshots Records
- Genere: Symphonic Metal
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