Formatisi nel 2010 nelle plumbee lande varesine, gli Argesh rilasciano la loro opera prima “Excommunica” dopo cinque anni di gestazione. Tempo ben speso nel costruire e confezionare un black metal moderno che unisce ad un impeto estremo e brutale, sull’onda di certi stilemi tipici di formazioni quali Dark Funeral e 1349, quell’afflato epico, a tratti ieratico, che ha fatto la fortuna dei maestri polacchi del blackened death quali i Behemoth e dei loro epigoni Hate. Dei primi si rintracciano sicuramente le stratificazioni a due voci delle chitarre e l’approccio furiosamente tecnico e cangiante del drumming, dei secondi il ricorso al palm muting cadenzato che lavora in contrappunto a temi dal carattere industrial.

Altre due influenze si affacciano imperiose a caratterizzare il mood di un lavoro complesso e stratificato ma al contempo graziato da un’immediata riconoscibilità che unisce una forte componente epica nelle melodie ad un approccio ritmico intransigente: ad un sapore cinematico proprio dei Dimmu Borgir si unisce un gusto per i fraseggi chitarristici propri dei migliori momenti gotici dei Cradle of Filth.

Introdotto da Abiura, dalle marcate componenti cinematiche con le sue parti orchestrali e la voce narrante che ci introduce al mondo degli Argesh, decisi ad abbandonare la “dottrina del debole”, Suffocate in Oxygen è il vero e proprio manifesto musicale dei nostri che ci investono con un black metal fatto di rapidissimi blast beats e trame chitarristiche goticheggianti, per poi aprire in un frangente epico in cui si avvicendano vocals a due registri dal carattere fortemente teatrale.

Con Source of Miracles gli Argesh reinterpretano i Behemoth in una composizione che alterna furia cieca ad epicità fino ad offrire un’apertura centrale ambient-industrial sorretta da un arpeggio distorto e da vocals che paiono campionate direttamente da un girone infernale. Il filo rosso, anzi nero, di una composizione così cangiante, eppure così coerente, oltre alle chitarre che sia nei licks ritmici che nei fraseggi solisti cercano una conciliazione con un metal più classico, è senz’altro l’ottimo lavoro delle vocals che alternano uno scream rude e affilato ad un growl profondo e molto narrativo.

Prealatorum Paedophilia apre con un riffing che ricorda certe peculiarità (dis)armoniche dei Belphegor per ingranare la massima velocità con una indovinata alternanza di blast beat e doppia cassa a sorreggere un riffing che alterna licks e tremolo picking sempre improntati a temi epici e melodici. Si lavora di contrasto tra accelerazioni e improvvise aperture senza cedimenti nel costruire un senso di urgenza e tensione che trova la propria soluzione nell’epilogo introdotto da un salmodiare in latino che trasfigura la trinità cristiana nel suo opposto diabolico. Di particolare rilievo la sezione terzinata con le chitarre che rimandano ad orchestrazioni di archi e che risolve in una sezione industrial sorretta da palm muting roccioso e cadenzato. Si sentono echi di Samael nell’ulteriore apertura affidata ad un arpeggio (quasi) in clean commentato da un mid tempo solidissimo.

Le suggestioni industrial diventano strutturali in “Apocalipse 20.7-8-9” che lavora su dissonanze spaziali, riscrivendo le atmosfere dei Voivod di “Killing Technology” e dei Godflesh di “Streetcleaner” con un utilizzo molto suggestivo di vocals filtrate. Si passa attraverso un alternate picking cupissimo e claustrofobico prima di esplodere nel (ormai lo possiamo dire) classico riffing degli Argesh, qui più ricorsivo e circolare.
Il songwriting gioca qui più sui contrasti che sulla continuità, affidando alla produzione nelle parti più rallentate un montante senso di angoscia definito da riverberi che espandono come una gigante rossa prima di collassare nuovamente in un buco nero.

The Elohim’s Mark” ci sprofonda in un’atmosfera ossianica che mi ha ricordato il totalitarismo poetico degli Absentia Lunae di “Neuropa Calling” per sviluppare nel brano più cadenzato, al netto di accelerazioni parossistiche quanto efficaci, che può ricordare certe composizioni degli In Tormentata Quiete con le sue partiture terzinate di ispirazione folk. L’uso delle vocals raggiunge qui uno dei suoi apici di epicità con la costruzione di cori asincroni in clean. La sezione strumentale sorretta da pregevoli solismi chitarristici non poteva che abbandonarci spossati e ridefiniti con un classico fade out.

Un lavoro questo degli Argesh che rispecchia il nero nitido e netto dell’artwork che contrappone (o riunisce) il candido agnello al nero caprone: ci sono rovi da attraversare sanguinando e ripidi orridi da scalare per giungere alla maturità.
Con il loro black metal dagli afflati epici e l’ampio bagaglio tecnico-compisitivo gli Argesh sembrano nascere già adulti.

 

Samaang Ruinees

 

TrackList

  1. Abiura
  2. Suffocate In Oxygen
  3. Source of Miracles
  4. Praelatorum Pedophilia
  5. Apocalypse 20.7-8-9
  6. The Eloihm’s Mark
  • Anno: 2021
  • Etichetta: Nero Corvino Records
  • Genere: Black Metal

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Autore

  • samaang ruinees

    classe 1970, dopo aver fatto studi musicali classici scopro a 15 anni il metal. a 17 anni il mio primo progetto (incubo - thrashgrind), poi evolutosi in thrash tecnico con gli insania (1989-1997) e infine in death-thrash con insania.11 (2008-attivo). prediligo negli ascolti death e black ma ho avuto trascorsi felici con la dark wave e l'industrial. appassionato di film e narrativa horror, ho all'attivo un romanzo pubblicato e la partecipazione con dei racconti ad un paio di antologie.

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