Torno ad ascoltare dopo un paio di anni gli ARCANE TALES in occasione del nuovo “Tales From Shàranworld” e mi accorgo che, nel frattempo, l’infaticabile mente dietro all’intero progetto ha pubblicato pure un altro disco! Eh già, non si può proprio negare che Luigi Soranno sia un grande lavoratore, guidato da un’incrollabile passione per il mondo da lui stesso creato, quella “Sapphire Stone Saga” che scrisse diversi anni fa. Infatti si occupa di ogni aspetto di questa proposta, dai testi alla composizione, dalle esecuzioni alle registrazioni, produzione, missaggio e (temo, a giudicare dal risultato…) pure della veste grafica.

Dal punto di vista stilistico non sembra che mi sia perso delle grosse innovazioni, saltando un album, dato che il power metal sinfonico alla Rhapsody rimane il faro che guida la navigazione del nostro eroe, ma riscontro con piacere un netto miglioramento della resa sonora e, soprattutto, delle performance canore e di chitarra solista. Sì, ho scritto “eroe”. Non solo perché siamo in ambito di saghe epiche e, per una volta, non vuole neppure essere una frecciatina: indipendentemente dal risultato e dai gusti, portare a termine un lavoro del genere richiede una varietà e una complessità di competenze che non si possono sminuire facilmente e una tenacia che è difficile non definire eroica. O ossessiva.

È quindi con rispetto e con il riconoscimento di una serie di abilità tecniche (composizione, arrangiamento, esecuzione, organizzazione generale) che mi inoltro nella mia personale disamina di questo quinto (!) capitolo di ARCANE TALES.

L’intro è un assemblaggio di effetti sonori e sample orchestrali da trailer cinematografico che lascia un po’ il tempo che trova, ma con “Wall Of Shields” si vola subito sul fortunadrago sopra campi di battaglia infuocati, al ritmo di una power song dritta e concisa, come ci si aspetta da un brano di apertura.

L’ottima prova vocale di Luigi è purtroppo inficiata da melodie non sempre di facile presa. Ecco, premetto fin da subito quello che ho riscontrato come un grosso difetto: il buon Soranno pare avere un malaugurato talento nel cantare melodie che ti entrano da un orecchio che ti escono dall’altro senza riuscire ad aggrapparsi al cervello. Sarà l’aderenza a certi stilemi ai quali siamo ormai assuefatti, o forse la volontà di inserire sempre gli stessi arzigogoli, ma i cantati, specie nelle strofe, tendono molto rapidamente a perdere di incisività. E, in un disco di un’ora, la sensazione di pesantezza è presto in agguato.

Tanta varietà musicale in “The Shadow’s Raise”: dal blast beat alle cadenze rockeggianti, strofe stoppate, atmosfere epiche da colonna sonora e tanto spazio lasciato ai soli strumenti. La sensazione di “suono professionale” è data soprattutto dall’uso massiccio di campioni per quelli che sono gli strumenti maggiormente presenti, ovvero la fragorosa batteria (in merito alla quale si è scelto di rinunciare a priori ad ogni parvenza di verosimilità umana) e “le tastiere” (tutti gli strumenti virtuali, orchestrali e non), mentre le uniche effettive registrazioni (chitarre e voce) a dire il vero hanno un certo margine di miglioramento… Deve averlo pensato anche Luigi, che sceglie quasi sempre di dare un’importante precedenza al suono (e al volume) delle tastiere a scapito di quello delle chitarre ritmiche.

Mirror Of The Dark Side” tenta di giocare con le dinamiche, tra strofe rarefatte e rallentate, interpuntate da improvvisi picchi pieni e ritmati, ma dalla sezione strumentale in poi (carino il “clavicembalo”), il brano perde di carisma e interesse. Ci pensa “Magic Spell” a tornare, fin dal riff di apertura e dal titolo, a più canonici intenti: power sinfonico, sintetico (non nel senso della durata), gradevole, a tratti, ma innocuo. E qui mi viene da allargarmi verso una considerazione più generale: qual è il senso di questo genere musicale? Questo ostinarsi ad allestire un simulacro di Metal band mentre si realizza musica elettronica… Terreno impervio, fertile, vasto e scivoloso, di una discussione i cui esiti non voglio far ricadere sul solo Luigi, che ha la sola “colpa” di realizzare, al meglio delle proprie capacità, la musica che ama, affrontando in solitaria non solo gli onori, ma anche tutte le critiche.

The Banquet” è la classica traccia presente un po’ in tutti i dischi di stampo fantasy, quella con atmosfera di taverna e dalla melodia robusta, da cantare in coro col boccale in mano. Ecco, questo è proprio l’unico pezzo che fin dal primo ascolto ha avuto la capacità di distinguersi e farsi ricordare, grazie alla nitida semplicità del suo motivo, ripetuto svariate volte.

Come un Al Bano impazzito, Soranno spinge tutta la propria potenza su “Raging Balde”, confermando una preparazione tecnica di tutto rispetto, applicata ad un buon ritornello incastonato in una composizione non digeribilissima. Arrivati a “Ghostly Whispers”, il suono bombastico della batteria inizia a stancare un pochino e, nonostante gli evidenti tentativi di rendere interessante la traccia con tante variazioni, ammetto di accusare un po’ di fatica nell’ascolto, complice una scrittura non particolarmente brillante. Un breve riposo nella “Rainbow’s Valley” (un minuto e mezzo di intermezzo tastierato) e ci facciamo coraggio per tuffarci nelle quattro canzoni conclusive. L’epicissima “Battle For Earth”, si apre con un tema musicale da film per ragazzi anni ’80 (è un complimento!) e un grottesco andamento saltellante, poi ci regala pure una buona strofa, continuando a girare attorno al motivo iniziale vincente, che però ci viene centellinato.

Siamo all’undicesima traccia e ahimè, le idee iniziano a ripetersi e anche per chi vi scrive si fa sempre più dura trovare qualcosa di interessante da dire sull’ennesimo brano pieno di steel and fire e evil forces of the dark, con finti archi, finta batteria, finto basso e un ritornello poco accattivante. Suggestivo il momento “teatrale” dopo la parte rarefatta, che lancia in maniera molto efficace la parte finale della canzone.

Winter Symphony” sa di essere la penultima cartuccia e le tenta tutte: effetto carillon, mini intervento blast, strofa cadenzata e confidenziale, una batteria un pochino più interessante sui ritornelli, un cantato pseudo operistico, tanti pezzetti affiancati in un effetto patchwork che sa più di bricolage che di composizione.

Sarà l’ultima traccia a decretare la vittoria tra il bene e il male in questa epica recensione? Per “Angel’s Descent” gli auspici sono i migliori: già il minutaggio è dalla nostra parte, non sono nemmeno quattro minuti! E poi parte subito col piglio giusto, con una chiarezza di intenti che non sentivamo da qualche brano a questa parte: ok, c’è quel vocalizzo lirico un po’ così, ma anche il ringhio in scream e pure un ritornello convincente! È quasi fatta… “With the last forces coming from deep inside” Luigi Soranno raggiunge la sua spada giù a terra, pronto a colpire per la vittoria di Sharanworld! E proprio in questo apice narrativo l’album trova il suo sfogo e la sua risoluzione e, con sollievo, si conclude in uno sbuffo di tastiere.

Se avete apprezzato i capitoli precedenti consiglio di non perdersi questo CD, dove potrete sentire gli Arcane Tales al proprio meglio, se invece volete dissolvere eventuali dubbi, correte a vedere i lyric video!

 

 

Marcello M

 

TrackList

  1. Under Siege
  2. Wall of Shields
  3. The Shadow’s Raise
  4. Mirror of the Dark Side
  5. Magic Spell
  6. The Banquet
  7. Raging Blade
  8. Ghostly Whispers
  9. Rainbows’ Valley
  10. Battle For Earth
  11. Screams the Eternal Fortress
  12. Winter Symphony
  13. Angel’s Descent
  • Anno: 2021
  • Etichetta: Broken Bones Records & Promotion/Silverstream Records
  • Genere: Power Symphonic Metal

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