Luciano Berio, famoso compositore del secolo scorso, asseriva che la musica non è mai sola. Al di là della volontarietà di trasmettere un messaggio specifico o traducibile, o meglio, riconducibile ad un contesto semantico particolare, la musica in generale è inserita e prodotta da un contesto sociale con il quale interagisce ed è in ultima analisi una forma di comunicazione.

La band, fondata da Marco Panizzo (chitarra) ed Angelo De Polignol (batteria) nel 2004, presenta qui un repertorio che difficilmente può essere catalogato come canzone di consumo, di quella musica “gastronomica” prodotta da una industria discografica per venire incontro ad alcune tendenze che essa individua nel mercato nazionale e non solo. Infatti questo tipo di musica è un prodotto industriale che non persegue alcuna intenzione d’arte, bensì il soddisfacimento delle richieste di mercato: il mondo delle forme e dei contenuti della canzone di consumo, stretto nella dialettica inesorabile della domanda e della offerta, segue una sua logica delle formule dalla quale le decisioni dei singoli artigiani sono completamente assenti. In questo cd invece è preponderante una certa decisionalità compositiva, sebbene in alcuni episodi abbia degli sconfinamenti in zone algide ed inaccessibili all’intima passione umana. Ma forse sta proprio qui una certa rottura con determinati clichè, quel tendere ad una opposizione attiva a quell’estremo, ultimo compiuto atto pedagogico di omogeneizzazione del gusto collettivo e della sua sclerotizzazione su richieste fisse ed immutabili, in cui la novità è introdotta con giudizio per risvegliare l’interesse dell’ascoltatore senza urtarne la pigrizia, cercando, di spazzare via un imbarbarimento delle scelte non più opinabili. L’agogica di tutto il lavoro è assai complessa e variegata, non si sa quanto sia frutto di uno spontaneismo per certi versi quasi adolescianzale o il risultato di una accurata ricerca di strutture innovative. Possiamo dire che la diretta e palese passionalità emerge nei momenti più pacati, nei passaggi arpeggiati, con linee melodiche ben delineate; “Warmachines” invece, secondo me, sintetizza, mischiando vari generi nei molteplici cambi di atmosfere, le impostazioni stilistiche che i musicisti hanno fatto proprie dopo anni di studio.

In questi 12 pezzi potremmo scorgere varie funzioni adducibili all’arte in genere: una specifica di diversione (la musica quasi come un gioco, uno stimolo alla divagazione); una funzione catartica (una sollecitazione nervosa delle emozioni e conseguente liberazione oppure un allentamento della tensione nervosa); si può notare anche la presenza di situazioni tecnico – formali, da godersi in quanto tali, valutando secondo criteri di abilità; infine una funzione di idealizzazione (sublimazione razionale dei sentimenti e dei problemi e quindi vissuta come una evasione superiore dalla loro contingenza immediata).

In ultima istanza questo terzo full – length della band non risulta di facile accesso, necessita un approccio mirato, esige di più ascolti soprattutto nei confronti delle partiture maggiormente tecniche e non appartenenti a strutture melodiche canoniche e, a volte, non totalmente presenti nella accezione comune del termine.

 

Leonardo Tomei

 

TrackList

  1. Remote Control
  2. Eve
  3. Artificial Paradise
  4. Chicago
  5. This Song Has No Lyrics
  6. Nobody’s Land
  7. Monologue Of A Soldier
  8. Warmachines
  9. Forsaken Son
  10. Chain Reaction
  11. Lost But Alive
  12. Requiem For The Missing

 

  • Anno: 2020
  • Etichetta: B District 8
  • Genere: Progressive Metal

 

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