Una Nemesi in costante evoluzione sonora dove si celebra una liturgia tanto misericordiosa quanto pregna di morte e odio verso i timorati, ammantati di una salvifica morale, devoti al dominio della tecnica, condannati al peccato. Ammasso di gente prona, malata e incline alla speranza oltre che al disprezzo per gli istinti naturali e terreni. Sovvertire tutte le teatrali scene dove appare l’uomo buono, pio, benpensante, morale, giusto, martire e santo. Non vi è alcun inferno allucinatorio, questa vita mondana è l’inferno in cui redimerci. Divelto dalla terra, come un fiore che sta in un vaso.
Il Teatro è un luogo buio, anzi, un non-luogo, dove “appare” la Miseria della vita, quella violenza cieca, propria della Natura, priva di scopo. In questo teatrino, come un burattino, l’uomo è di conseguenza funzionario: patisce, procrea, difende la prole e muore per dar spazio a nuovi burattini. Una volta fuori dalla protezione uterina, dall’altro “buio”, ecco giungere l’arte e il suo mascheramento. Da Platone in poi, l’arte è orpello, escremento, involucro vuoto di un’idea che, nella peggior delle circostanze è, per l’uomo, inutilmente consolatoria, e i Teratolith ce lo ricordano, ogni secondo, con magistrale (in)consapevolezza.
Tagliati i fili si va ad annientare il teatrino, disfarsi del patibolo, del proscenio, privare la plebe dello “spettacolo”, quindi ESSERE da condannare due volte. Una volta perché nato, un’altra perché si arroga l’insensatezza di poter esistere fuori dal teatrino catto-borghese. Si è obscenus, fuori dalla scena, non si teme l’esposizione. Ma se degnamente opererà nel nome del giusto (il loro), ci sarà una ricompensa. Ed ecco ancora la carne che, oltre all’anima purificata dal tuo esser stato impuro, resusciterà nell’Aldilà, ed eternamente. Tutto ciò ha comunque un prezzo che verrà presentato democraticamente.
Condannati a doversi nutrire per la fame, a dormire per il sonno, all’intrattenimento per placare la noia. Da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità. Condannati alla fatica per soddisfare un desiderio, e di nuovo alla fatica per trovare altri stimoli da trasformare in voglie da realizzare. Si paga l’uno all’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo. L’esistenza impone una condanna al riconoscimento sociale e poi un disconoscimento della stessa società per non impazzire. Una condanna alla privazione perenne della presunta libertà accettando l’assurdità del vivere. Nascere è una condanna alla decadenza fisica e psichica. È condanna alla malattia, la costante compagna tra il nascere e il morire. Una condanna al vizio, non al Vizio.
Umiliazione della rappresentazione mondana.
La voluntas è il burattinaio che tiene in piedi questa tragedia umana al prezzo di indicibili sofferenze. Ed è in questo inferno che gli uomini gettano i propri figli prima della salvifica morte. Il figlio è l’Abisso dove l’uomo scruta sé, la sua rovina, il suo fallimento. L’uomo procrea, con una certa dose di arroganza, per garantirsi una sorta di immortalità terrena. Nascere, dunque, non è un privilegio.
Più che ad un lieto evento, una tradizione di fiocchi colorati esposti anche quelli agli occhi ebeti della società, siamo di fronte alla più oltraggiosa colpa del genere umano, il più grande peccato commesso: esserci, e questi misconosciuti menestrelli sono qui ad imporcelo attraverso le loro Litanie rumoristiche.
“Eclipse” è alchimia di questi e molti altri piccoli e gustosi ingredienti. Forse.
Venite senza occhi poiché non vi è nulla da vedere e da vivere, qui.
Giuseppe ‘Dissected’ Patella
TrackList
- One. Death.
- Two.
- Three. The Oracle.
- Four. Misericordia.
- Five. Thanatomorphosis.
- Six.
- Seven.
- Eight. Eclipse.
- Anno: 2020
- Etichetta: Brucia Records
- Genere: Black Metal
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