Soul Of Steel sono una band di power prog metal che deve il suo status di professionalità e competitività internazionale alla tenacia del batterista (e unico membro superstite delle tante formazioni precedenti) Lorenzo Chiafele, che giunge al terzo album continuando a circondarsi di professionisti. Un percorso difficile per tutti, ma forse un po’ di più per chi vivendo in Puglia si fa mezza Italia per andare a registrare “da Mularoni” (Domination studio, San Marino).

Abbastanza prevedibilmente siamo di fronte a un disco che suona moderno, potente, tecnico e, mi spiace dirlo, anche piuttosto noioso.

Dopo una dozzina di ascolti di “Rebirth” (che allude nel titolo al primissimo demo della band) mi sono sì entrate nelle orecchie alcune delle trovate melodiche e musicali ben architettate che sono indubbiamente presenti, ma credo nessuna di queste canzoni mi resterà nel cuore. E forse neppure in mente. Sì, c’è un singolo di facile presa, quella “Sailing to my Fate” che ti resta subito in testa, ma questa peculiarità non la rende automaticamente una bella canzone. Molto più godibile la sua parte strumentale/solistica. Ecco, in generale mi sono trovato ad avere picchi di entusiasmo nei riguardi degli assoli e delle sezioni non cantate, cosa inusuale per quanto mi riguarda. Questo è certo merito dell’abilità dei musicisti coinvolti, ma ahimè anche responsabilità di melodie e performances vocali incapaci di coinvolgere (anche emotivamente) l’ascoltatore. Ecco, da un cantante come Gianni Valente, che calca i palchi dei musical da anni, mi sarei aspettato una capacità e un carisma diversi, rispetto alla prestazione un po’ distaccata e apatica che ho ascoltato.

Basta ascoltare “Brothers in Arms”, con ospite alla voce Roberto Tiranti, per capire cosa mi sarei aspettato in termini di espressività e grinta vocale.

Un’altra considerazione che vorrei condividere è la massiccia presenza delle tastiere, nonostante la mancanza di un membro ufficiale incaricato di suonarle. Oggi con il concetto di “tastiere” sappiamo che si intende in realtà qualcosa di più vasto: esso implica l’utilizzo di loop, strumenti virtuali, sincronizzazioni metronomiche, arpeggiatori, pad eccetera, andando a costituire una grande parte dell’effetto sonoro finale.

E comunque sì, c’è anche la solita trascurabile intro a effetto orchestrale…

Le otto canzoni del disco (+ intro e cover) filano bene, fluide, gradevoli e innocue, suonate in maniera brillante e composte con competente mestiere. Credo in effetti che possano piacere a molti, ma senza far impazzire nessuno (cit).

Ho apprezzato il gusto melodico di “Blessing in Disguise”, così come il suo tiro e la sua varietà. C’è spazio anche per uno stacchetto a effetto Stratovarius

I riferimenti musicali sono quelli che ci si può aspettare da un gruppo power/prog/sinfonico italiano medio (uh, quanti che ce ne sono!) e se state leggendo queste righe sono sicuro che già li conoscete tutti. Le connotazioni più caratterizzanti derivano proprio dalle tastiere, dalla “trance” di “A Margin Of Life” al suono intermittente del sintetizzatore solista utilizzato ad esempio anche nel bel brano di apertura “Oblivion” e in generale dalla loro onnipresenza, anche a scapito delle due chitarre.

Simpatico il mini siparietto stilistico sul finale della ballata “It’s My Turn”, che tenta di alleggerirne il passo.

A proposito di alleggerimento, consiglierei al gruppo una bella sforbiciata alla farraginosa e ridondante nota di presentazione biografica (che magari possiamo leggere sul sito) e spendere invece due parole in più sul disco che vanno a proporre, anziché su ciò che hanno fatto finora.

La lunga, conclusiva e articolata ”Trail Of Death”, contiene, tra le sue tante parti, anche il mio ritornello preferito, che mi fa fare su e giù con la testa ogni volta. Sarebbe stato bello avere altri ganci ritmico/melodici così efficaci lungo il disco, magari al posto dell’ennesimo breakdown gratuito.

Una gradita sorpresa è la cover di “Perfect Illusion” di Lady Gaga, che mostra chiaramente come, alle prese con una composizione vincente, i nostri siano in grado di fare un figurone.

Una segnalazione per la copertina, che vince il premio “Mancasoloilverde”.

Il mio consiglio è di andare a vederli dal vivo, per capire se quella verve e quell’urgenza che ho fatto fatica a percepire su disco in realtà non ci sia: dato il talento dei ragazzi credo ne valga la pena.

 

Marcello M.

 

TrackList

  1. Dracarys
  2. Oblivion
  3. Brothers In Arms
  4. Sailing To My Fate
  5. Blessing In Disguise
  6. The Devil’s Bride
  7. A Margin Of Life
  8. It’s My Turn
  9. Trail Of Death
  10. Perfect Illusion (Lady Gaga cover)

 

  • Anno: 2019
  • Etichetta: Revalve Records
  • Genere: Power Metal

 

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