Ho ascoltato questo cd dei Silver Lake svariate volte ed ogni volta che finivano di scorrere le dieci canzoni mi rimaneva un gusto di indefinito, un qualcosa di incompleto.
Ed allora da capo, un altro ascolto: niente da fare, la mia mente veniva offuscata da un senso di pultio, di lindo, di candido ospedaliero candore, di acceccante luce al neon fredda e asettica, un pertugio inquietante verso una sala d’aspetto desolatamente vuota.
Un mio carissimo amico di vecchia data che, bontà sua, riesce a campare con la musica, oltre a dare lezioni private di chitarra a giovani e meno giovani, si diletta (avendo concluso il Conservatorio) a comporre brani di musica classica i quali, oltre ad essere suonati in giro per l’Europa e ricevere anche diversi premi, rimangono, ignorante io, a me totalmente incomprensibili, oscuri, inarrivabili, indecifrabili, emotivamente lontani. Spesso quando ci vediamo di fronte a due medie, ci prendiamo bonariamente in giro per gli anni passati e per tutte le nefandezze combinate (…) e per l’assenza di capelli (la mia) ed il grigiore dei suoi, ed ogni volta gli chiedo, quasi a guisa di macchietta umoristica, puntualmente :- Anto’ ma quando è che ritorni ad un bel do maggiore, un re quarta e a tutti quei potentissimi bicordi? E le risate si sprecano mentre ci accingiamo, per un’uleriore volta, a dimenarci l’intelletto in argomenti pseudo filo musico cuturalisulla innovazione della specie umana.
Ebbene i nostri amici riminesi si sono addentrati pericolosamente nei meandri della tecnica musicale, rimanendo invischiati ed intrappolati nelle radici nascoste del sottobosco celato della armonia; si sono lasciati tentare dalle sirene lontane della composizione accademica, si sono lasciati andare entro il dedalo oscillante fra rigo e spazio e purtroppo il risultato totale, complessivo e finale non è confortante; cotanta maestria ha partorito una non così eccelsa opera d’arte.
Detto che esiste una differenza ontologica fra una bellezza oggettiva che rimanda ad una realtà facente intrinsicamente e funzionalmente parte del tempo e della propria cultura, ed una bellezza soggettiva derivante da una sorta di “oggetto di bellezza” che chiaramente stimola nell’osservatore una corrispondenza fra i sensi scatenando quindi una esperienza di affezione e di piacere.
Questo “Master Of The Lightning” non convince appieno per la propria rarefazione musicale, per l’estrema intelletualizzazione compositiva, per, generalmente, un uso della tecnica a spese dela immediatezza melodica che a volte può essere chiamata in causa senza il correre il rischio di cadere in schemi banali.
Sinteticamente possiamo rimandare la questione alle antiche diatribe sulla diversità fra approccio emotivo nel commentare artisticamente la realtà e l’introspezione cognitiva della crescita dell’artista in generale.
In questo cd si percepisce la tecnica, la padronanza, la maestria, lo studio applicato, l’abnegazione, l’impegno, il tempo passato sui propri strumenti, ma il risultato non è adeguato. Degne di nota, fra i dieci pezzi, l’opener “Wardenclyffe Tower“, classicheggiante e barocca, la fantascietinfica ed onirica “Plastic Rain” e, sebbene rasenti il plagio alla musica dei Dream Theater, la dolcissima e lenta “Shadow Of A Man” dove la voce di Davide Bertozzi si distende e plana lievemente sugli astanti.
Alla prossima ragazzi.
Leonardo Tomei
TrackList
- Wanderclyffe Tower
- Blind
- The Master Of Lightning
- Afterlife
- Transcendence
- Shadwo Of A Man
- Bring Me Back Alive
- Trail Of Tears
- Walker
- Plastic Rain
- Anno: 2018
- Etichetta: SG RECORDS
- Genere: Progressive Metal
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