Ma chi sono i Bon Jovi? La voce del cantante Davide Barbieri ha una somiglianza con quella del rocker americano che ha dell’inverosimile, uno chiude gli occhi e incredibilmente assiste ad un concerto del biondo. Questo può essere anche un bene, ma in questo caso è tutto l’impianto canzonistico che non ne supporta adeguatamente la gradevolezza e la resa tecnica solare ed eterea delle note provenienti dalle corde vocali del nostro.

A questo giro la Burning Minds, etichetta che ci ha abituato a delle uscite assai pregevoli, a mio giudizio, rischia di fare un giro a vuoto; d’accordo l’impressione è che voglia vincere facile puntando sull’aspetto easy listening. Ma, al di là dei limiti organizzativi armonici dettati dal genere, l’impatto che ha questo lavoro è nettamente statico, un qualcosa di già sentito tante volte e forse troppe: il titolo dell’album forse vorrebbe far riavvolgere il nastro delle bobine verso quegli anni 80, facendo inziare di nuovo lo show, aprendo per l’ennesima volta il sipario su capelli cotonati, pailletes e spandex; ma purtroppo il risultato è una sensazione di nostalgia canaglia, di un eterno ritorno dell’eguale, una giostra orrorifica che continua a girare all’infinito per un pubblico che veste a colori ma che vive in una realtà fatta di fotogrammi in bianco e nero dal gusto retrò.

Mi si dirà: e che pretendevi da una band che suona dell’onesto, sudato Rock and Roll? De gustibus… A mio modo di vedere si poteva azzardare, si poteva spingere sull’acceleratore, si poteva concedere al batterista Fabrizio Uccellini qualche lazzo in più magari un passaggio più coraggioso.

Tutto bello per un party hollywoodiano dove la spensieratezza regna sovrana e l’eccesso domina incontrastato. I rimandi a volte sono palesemente riconoscibili e facilmente indovinabili talmente limpidi che qualcuno potrebbe gridare allo scandalo ed inscenare un processo per plagio (“Keep Me Close” richiama immediatamente ‘Youth Gone Wild‘ degli Skid Row).

I 12 pezzi qui presentati scivolano via piani, sdruccioli, come dischi di una partita di hockey su una superficie ghiacciata, ben lieti da fare da sottofondo per bere una birra intorno ad un tavolo e fare due chiacchere sul tempo.

Non tutto il lavoro però risulta anonimo: c’è da aspettare qualche giro di lettura del laser e si arriva alla nona traccia; un bel pezzo suonato con personalità, molto accattivante e che si discosta leggermente dall’impronta Bon Jovi e si avvicina piacevolmente ai primi Dokken. “Another Step In Th Dark“, come suggerisce il titolo, è un bel salto nel buio, ma riuscito, l’atmosfera è calcolata fra il decadentismo ed una rinascita melodiosa, trascinante sia il ritornello che il commento a latere delle tastiere di Federico De Biase. Insomma una bella prova che farebbe ben sperare per i lavori futuri; infatti anche il pezzo che segue “Call My Name“, pur nella sua lentezza, ha un suo perchè di discontinuità proponentesi e trova espressione massima nell’arpeggio iniziale della chitarra di Stefano Zeni e soprattutto nell’assolo non assolutamente banale.

Per concludere affinchè la prossima partenza sia più bruciante di questa, personalmente focalizzerei le energie compositive su questi due ultimi pezzi citati i quali hanno dato dimostrazione, comunque, della bravura dei cinque ragazzi (oltre ai già citati troviamo anche Marcello Suzzani al basso). Vi aspettiamo con curiosità.

 

Leonardo Tomei

 

TrackList

  1. Scratch That Bitch
  2. Lift Me Up
  3. Tonight Belongs To You
  4. Done For The Day
  5. For You
  6. Keep Me Close
  7. Heart Of Stone
  8. You’ll Never Be Lonely Again
  9. Another Step In The Dark
  10. Call My Name
  11. Can’t Stand It
  12. Wheels Of Fire (European Bonus Track)

 

  • Anno: 2019
  • Etichetta: Burning Minds
  • Genere: Hard Rock

 

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