Sono pronto. Bello sbarbato, doccia fatta, fonata la chioma bionda e mi sono pure improfumato. Passiamo alla vestizone con relativo abbigliamento: jeans blu elettrico attillatissimo simil spandex e T-shirt di ordinanza, braccialetti e collanine di svariata lunghezze e colorate all’inverosimile. Bene così, agghindato che mi sembra di uscire da un telefilm tipo Miami Vice, posso scendere in garage dove mi aspetta la Chevrolet nera e tutta cromata. Via rombino i motori e si parte sgommando con lo stereo a palla che fa echeggiare in tutte le vie della città questo “Dyadic” seconda fatica della band bresciana ed è subito Rock and Roll (su le tre dita e urlate con me a squarciagola).

Volete del grondante show sensuale e coinvolgente? Prendetevi questo cd ad occhi chiusi sensa se e senza ma e sparatevelo a tutto volume e vedrete che godrete come dei ricci fino allo spasimo; tornerete con un salto carpiato indietro nel tempo nel bel mezzo degli anni 80; vi ha contagiato la sfrontatezza dei Motley Crue, la bellezza degli Skid Row, la tecnica atmosferica degli Yesterday and Today ed il romanticismo dei Bon Jovi? Ebbene questo lavoro è giusto per voi; vi calzerà a pennello come un abito su misura, lo porterete con voi in ogni dove, sarà adatto per ogni occasione, non ne rimarrete delusi, non c’è canzone che perda un colpo, sembra di assistere all’ascolto di un album tipo Slippery When Wet dove ogni canzone era una hit single. Anche la list del cd è azzeccata reltivamente alle dinamiche. Le due ballad (“What It Takes” dove Spera, il vocalist, strizza l’occhio a J. S. Bach in maniera lodevole, e “Goodbye” – nella versione acustica abbiamo come ospite Steve De Biasi – dove le atmosfere hair metal la fanno da padrone) sono piazzate con una mossa da prestigiatore come quarta e nona traccia.

Se quel lavoro fosse uscito a metà anni 80 avremmo scambiato i bresciani per una qualsiasi band estera (tale era radicata una certa esterofilia fra tanti metallari), e scoperta la provenienza italica, avremmo gridato al miracolo, increduli a bocca aperta di cotanta esperienza racchiusa in queste 12 tracce. Ma si sa con i se e i ma si potrebbe riscrivere la storia intera: mi piace immaginare questi cinque bei giovinazzi seduti di fronte ad una scrivania in un ufficio discografico per discutere un futuribile contratto. Ma (hai visto che prima o poi bisogna farci i conti) ahimè, ahinoi e forse ahitutti, a quell’epoca il metal e, soprattutto nel nostro caso, un certo tipo di metal eseguito (seppur in maniera impeccabile) dalle band della nostra cara amata Patria, attecchiva ben poco fra i giovani fans ed in primis fra i referenti delle majors. A parte qualche sporadico esempio di longevità artistica, tanti, forse troppi, gruppi si sono persi per strada vuoi anche (oltre ai mille problemi e svariate cause) per la poca fiducia che le etichette del periodo riponevano appunto in loro.

Ma torniamo a noi. Il cd scorre via piacevolmente, splendidamente: tutte le canzoni si eguagliano in bellezza (a parte le due ballads una spanna sopra a tutto il resto), freschezza, ariosità; calcolando, è vero, che le scene sono state già viste nel periodo fatidico che va circa dal 1984 al 1989, ma qui abbiamo una re – interpretazione molto armoniosa, attuale, una chiave interpretativa vicina ai giorni nostri ma che lascia un che di nostalgico a chi ascolta i brani.

Lo spettacolo deve pur continuare ed il circo con il suo carrozzone non si fermerà mai sebbene The Song remains The Same.

Signore e signori ecco a voi Alchemy!!!

 

Leonardo Tomei

 

TrackList

  1. Cursed
  2. One Step Away
  3. Endless Quest
  4. What It Takes
  5. Nuketown
  6. Day By Day
  7. Hero
  8. Lost In The Dark
  9. Goodbye
  10. Take Another Shot
  11. Prisoner
  12. Goodbye (acoustic version)
  • Anno: 2019
  • Etichetta: Street Symphonies Records
  • Genere: AOR Rock’n’Roll

Links:

Facebook

Sito Ufficiale

Spotify

Instagram

Autore